Una mela è una mela è una mela

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21 Gennaio 2024

Si fa un gran parlare, oggi, delle favole e di come sarebbero “patriarcali”, secondo l’ultima moda che ha ravvivato l’uso del termine, spesso a sproposito o, quanto meno, che ha portato a leggere impropriamente un contesto remoto assai diverso dall’attuale.

Risulterebbe che le fiabe dei Grimm, di Perrault e di tanti altri autori siano maschiliste e che impongano una figura femminile arcaica, non più buona per le nuove generazioni. Per non parlare di tante figure, come i Nani, che oggi non si possono nominare più come tali perché si userebbero parole discriminatorie. Così parlò Zarawoke.

Di certo le favole scritte secoli fa rispecchiavano realtà completamente diverse, forse, e quindi andrebbero un minimo contestualizzate, anche per capirle e per capire la stoltezza tutta contemporanea che ci assedia e oscura.

Lasciamo stare Barbablù che, in effetti, come favola è assai trucida, così come tante altre, specialmente quelle dei fratelli Grimm, popolate di mostri. Che poi, alla fine, la favola di Perrault finisce bene, almeno per lei, perché viene salvata dalla sorella e dai fratelli i quali uccidono Barbablù e lei eredita l’immensa fortuna. Alle povere mogli di Enrico VIII, grande Barbablù della Storia inglese, finì peggio e non per la loro curiosità smodata. In fondo Barbablù l’aveva avvertita di non aprire quella porta.

Le crociate contro Biancaneve, la Bella Addormentata e Cenerentola intraprese oggi da femministe D.O.C. mi fanno veramente sganasciare.

Per Biancaneve e Rosaspina si critica il fatto che siano baciate senza il loro consenso, semplicemente perché in stato d’incoscienza e quindi indifese, avrebbero potuto essere stuprate oltre che baciate però lo stupro, almeno nella favola, non avviene. Anche perché non sarebbe vero amore e chi le bacia è sempre un principe, senza macchia e senza paura, il cui bacio ha proprietà taumaturgiche. Ma anche il bacio, piccolo particolare, nelle stesure originali, non c’è. Forse già troppo osé.

D’altro canto, sia Biancaneve che Rosaspina sono principesse, non dimentichiamolo, e a quei tempi non c’erano abdicazioni di re inglesi per sposare delle plebee, per quanto ricche sfondate: le principesse dovevano sposare principi o comunque ragazzi di sangue blu.

Sissi mica poteva sposare un bel contadinotto in Lederhosen, anche se avesse voluto: lei era destinata a uomini d’alto rango e le toccò nientemeno che l’Imperatore d’Austria. Molto impegnativo per una abituata a scorrazzare per le Alpi. Magari poi il palafreniere poteva riceverlo privatamente, per carità, in segreto, oppure andare a cavallo per la brughiera e ritrovarsi insieme lì per pura casualità: Anche voi qui maestà? Sì, Ambrogio, ho un certo languorino. La mia non è proprio fame… è voglia di qualcosa di buono.

Ci vuole sempre una forma, caspitina.

Ma la cosa che molesta il pensiero iperfemminista moderno è l’assenza di consenso da parte delle due eroine fiabesche, passive totali, secondo la moderna visione. Dico io: ma se sono vittime entrambe di un incantesimo e il risveglio è solamente possibile attraverso il vero amore? E, visto che entrambi i principi al cospetto di queste due gnoccone addormentate se ne innamorano a prima vista e un innocuo bacetto – secondo le nuove versioni – risolve la serata, che male c’è? Tutt’al più, l’una e l’altra avrebbero potuto replicare: bene, ti ringrazio di cuore per il risveglio, ma il mio, di cuore, è già impegnato. Oppure: sono lesbica e me ne sono accorta in questo lungo sonno, dove ho rivisto la mia vita fino a oggi e ci ho ripensato. Ma siccome non sono proprio sceme, anche se nella favola lo sembrano, e riconoscono che un principe è in ogni caso un buon partito, sanno cogliere l’attimo e fanno un buon matrimonio.

D’altro canto nella favola è così e, quando furono scritte quelle favole, il contesto sociale era quello, non c’erano aspiranti astronaute, direttrici di giornali, presidenti del consiglio. Biancaneve, Rosaspina e Cenerentola non erano andate al liceo, non avevano studiato i classici greci e latini e non potevano avere avuto a che fare coi grandi filosofi del Settecento e dell’Ottocento. Né potevano fare le influencer, mestiere per cui non occorre alcun titolo di studio, perché allora non esistevano i social, c’erano solo specchi magici e non tutti ne possedevano uno. Quindi la loro conversazione in società si sarà limitata a poche cose, relative alla loro giovane età.

Biancaneve, così come anche Cenerentola, avrà avuto forse qualche spunto in più sull’economia domestica, vista la pratica nella casetta dei nani. Mettiamo subito le cose in chiaro, non era la sguattera di nessuno. I nani le offrirono di poter stare da loro, con vitto e alloggio gratuiti, in cambio di lavori domestici, diciamo una buona offerta alternativa al dormire all’addiaccio nel bosco senza nulla da mangiare. E Biancaneve, che conosceva il suoi limiti in quella situazione accettò, altrimenti sarebbe potuta andare a scoprire altre casette sperdute nel bosco, magari incontrando quella, assai più pericolosa, della strega Marzapane.

Però, nella versione dei Grimm, non c’è alcun bacio del principe che la risvegliasse. La fiaba ebbe diverse versioni, sempre truculente perché ai Grimm piaceva così. La versione ultima, del 1857, prevedeva che la mela avvelenata a metà fosse il terzo espediente usato dalla regina strega travestita. Prima aveva tentato di eliminare la rivale con una cintura e poi con un pettine avvelenato, ma non aveva avuto successo. La mela fu risolutiva in modo che lo specchio delle sue brame non blaterasse più sulla bellezza di Biancaneve facendo infuriare la matrigna. Ma nelle favole succede di tutto. I nani fecero una bara di cristallo per esporre nel bosco la salma della poverina, che non si decomponeva mai, e, a turno, uno stava di guardia.

Un giorno la bara venne notata da un principe, con tutto il suo seguito, e lui vedendo questa ragazza bellissima se ne innamorò perdutamente e volle portarsela, bara compresa, per poterla contemplare giorno e notte nel suo castello. Pura necrofilia. Ma durante il trasporto i servi inciamparono in una radice e la bara cadde, Biancaneve compresa. L’incidente fece sì che il boccone avvelenato della mela, che stava sempre nella sua bocca, uscisse fuori e così avvenne la miracolosa risurrezione, senza alcun bacio, fino ad allora, del principe.

I due si sposarono e invitarono tutti i loro pari del vicinato, tra cui la perfida matrigna, la quale nel frattempo era stata nuovamente informata dallo specchio delle sue brame che Biancaneve era la più bella. Lei, infuriata e curiosa, andò alla festa di nozze ma andò anche incontro, a sua insaputa, a una fine spietata: fu obbligata a indossare delle scarpe di ferro roventi e a ballare, finché i suoi piedi non si bruciarono del tutto e lei cadde a terra morta. I due sposi poterono quindi vivere felici e contenti e baciarsi e avere tanti bambini.

Che storiacce! Di grande crudeltà. Ma la cosa più eclatante è che il re padre scompare, si risposa perché Biancaneve non resti senza una madre o matrigna e poi non se ne sa più nulla. Come figure maschili di contorno c’è il cacciatore, poi ci sono i nani, il principe alla fine, poca roba, tutto verte sulle donne.

E, a conti fatti, non è proprio all’ordine del giorno che un principe ti venga a salvare o a risvegliare con o senza un bacio. Provate a chiedere in giro nelle famiglie reali europee, soprattutto a principesse vivaci come le monegasche, le quali erano piuttosto loro a prendere l’iniziativa colla guardia del corpo o collo sportivo di turno, andando ben oltre i baci. Se si presenta un principe vero, e magari è anche belloccio, ad ogni modo, meglio approfittarne. Letizia Ortiz è cascata bene, per esempio, ed è diventata regina di Spagna. Olé.

Vien detto da Paola Cortellesi, la donna del momento, che Biancaneve è subito attratta dal principe e se lo sposa, senza nemmeno un po’ di corteggiamento, una cena insieme, un minimo di conoscenza carnale (ossia sesso prematrimoniale) per vedere se a letto si va d’accordo e così via. E dopo quante volte essere stata a cena col principe sarebbe stato il momento di dirgli: senti, bello, scopiamo e poi chi s’è visto s’è visto, io voglio fare l’ingegnere nucleare? A sedici anni, poi, anche se un tempo ci si sposava giovanissimi.

Ma come sa chi conosce come vanno le cose nelle reali famiglie reali sono veramente poche le unioni felici, frutto d’amore, e Lady D è la voce di tante sventurate, come Soraya o Masako. Quindi se vissero tutti felici e contenti è un successone.

Spesso si sposavano lontani o vicini cugini per cementare regni e patrimoni, dando vita a stirpi di storpi o di menti pronunciati come nel caso degli Asburgo, di cui si vedeva prima avanzare il mento e poi tutto il resto, o dei Borboni, con un nasone che Cyrano era un dilettante. I Savoia, beh, lasciamo stare.

Probabilmente per questo motivo Ranieri, sovrano della monarchia più antica d’Europa, per rompere gli schemi e migliorare la stirpe, scelse la regina di Hollywood, Grace Kelly, oltretutto donna assai intelligente e di una bellezza davvero stratosferica, degna di portare quel nome.

Ma torniamo alle principesse delle favole.

Come abbiamo già notato in tutte queste favole, Cenerentola compresa, i maschi sono veramente un corollario. Le vicende principali sono tutte abitate da donne. E gli incantesimi, buoni o cattivi, sono provocati da streghe o fate. Non ci sono fati o stregoni, solo donne.

La matrigna, quella della mela, e l’altra vecchiaccia della Bella Addormentata, sono due streghe. Il che la dice lunga sulla complicità al contrario delle donne nel loro percorso oscuro.

Le versioni di Perrault e dei Grimm differiscono parecchio. La versione Grimm è quella più famosa anche perché eternata nel film Disney e Malefica è indubbiamente la maliardona affascinante, avrebbe potuto essere interpretata da Greta Garbo o da Marlene Dietrich.

In quella di Perrault, assai più articolata compaiono poi la suocera orchessa e altri personaggi minori. E, diciamo, che la Bella è anche un po’ vuotina, perché pur essendo sua suocera la regina madre, la vera regina ormai è lei e quindi, anziché farsi sequestrare i figli dall’orchessa avrebbe dovuto alzare un po’ la voce e rimetterla nei suoi ranghi ormai di corollario. Si vede che non ha studiato e che il mondo è andato avanti in cento anni di sonno. Ma alla fine anche il principe che sposa la Bella è un personaggio di secondo piano. Certo, contribuisce alla stirpe per motivi meccanici e poi parte per la guerra col vicino, come fa ogni maschio degno di questo nome, abbandonando la famiglia, ma è quasi sempre sullo sfondo. Al centro ci sono le donne. Tutto si concentra sulla Bella, le fate, la strega, l’orchessa e i loro intrighi. La prima versione in assoluto, in quel centone di fiabe che è il Pentamerone di Basile, non comprende fate o streghe ma solo oracoli.

Così come anche in Biancaneve è la matrigna invidiosa l’attrice principale e consapevole. Cosa non si fa per essere le più belle del reame. Oggi si sarebbe rifatta chirurgicamente e forse avrebbe risolto i suoi problemi di autostima. O forse no, bisogna affidarsi di certo a un bravo chirurgo sennò i risultati possono non essere quelli sperati e a quel punto non c’è specchio delle sue brame che tenga.

La matrigna si arricchisce di perfidie sadiche nella favola di Cenerentola, anch’essa di Perrault e giuntaci in varie versioni teatrali, opere, balletti, musical, film, animazione. È un mondo femminile contro un altro, la vecchia generazione contro l’ultima, Eva contro Eva. E questo si vede anche nel mondo di oggi, a discapito delle vessazioni e dei soprusi che le donne subiscono da parte dei maschi. Le donne tra loro sono, spesso, assai poco solidali e vanno in rivalità, non necessariamente e solo per accaparrarsi il maschio, oggetto del desiderio, ma semplicemente per controllare il potere. Di questo, oggi, si parla poco, generalmente, perché è più facile mostrare un nemico nel maschio maschilista, è più stereotipato, il gallo nel pollaio. Ma di donne profondamente calcolatrici, odiose e odiatrici ce n’è un sacco e una sporta, basti vedere le donne che abbiamo al governo o tante arriviste che sgomitano per salire sul piedistallo.

Tornando alle famiglie reali, Carlo d’Inghilterra ha dovuto aspettare che Elisabetta II esalasse l’ultimo respiro, quella al trono ci stava incollata coll’attak, altro che. Saggia, invece Margrethe II di Danimarca, che ha abdicato in favore del figlio.

La più celebre versione di Cenerentola, per via della diffusione capillare del cinema d’animazione, è quella Disney, completa di gadget, colonne sonore, e tutto quanto fa marketing. Ed è proprio lì che il mondo femminile contro sé stesso raggiunge l’apice. La matrigna e le sorellastre sono le anticaglie, Cenerentola è la donna del futuro, perché, alla fine, è quella che riesce a uscire da quell’inferno muliebre facendo un buon matrimonio a dispetto delle altre, destinate a restare da sole, anzi, nella versione Grimm, assai più gotica, due colombe cavano entrambi gli occhi delle due al matrimonio di Cenerentola. La matrigna si roderà per l’eternità.

Ed è la fata madrina o smemorina a mettere tutto in ordine per la sua figlioccia e preparare il suo trionfo con abiti alla moda, scarpe di cristallo e carrozze come non se ne vedono più. L’apologia del consumo, certo, e dei ruoli preconfezionati. Ma Cenerentola, senza arte né parte, a parte il fatto di essere buona e caruccia, soprattutto se ben vestita, a cosa poteva aspirare di più? Anche lei non aveva studiato un granché – nemmeno le sorellastre, a dire il vero. Non c’erano consessi di femministe intorno a lei, poveretta e, alla fine, sposa un principe, pur non essendo lei di sangue blu, ma è proprio questa la sua modernità. La madrina lo sa bene: basta essere chic e portare scarpette di cristallo, molto fetish. Chiara Ferragni potrebbe fare pubblicità a scarpine così, ce la vedo. A prezzi adeguati, si capisce, di certo gonfiati.

Viene pertanto infranto il tabù, dando la stura alle plebee, o, meglio, alle borghesi nobilitate. Come Wallis Simpson, sposa di un re che abdicò per lei, che, però, non ce la vedo intenta alle faccende domestiche come Cenerentola.

Il principe azzurro è un comprimario che entra in scena solo più tardi. Il padre, anche qui, scompare quasi subito dalla narrazione che viene monopolizzata dalla triade matrigna-sorellastre. È un mondo di perfidia femminile, dove Cenerentola viene schiavizzata, ma gli uomini, i patriarchi, non c’entrano nulla, anzi è proprio l’uomo che viene a salvare la poveretta e a punire le altre tre che altrimenti continuerebbero il loro dominio usurpatore e prepotente. E certo che Cenerentola, dopo aver assaggiato i balli di corte, per una volta servita e riverita, corre nelle braccia del principe azzurro! Voi che avreste fatto? Le è andata benissimo, non bene, avrebbe anche potuto rinunciare e restare a fare la cameriera a vita. Siamo realisti, in quella situazione estrema che poteva mai fare? Ha dimostrato di avere ambizione e di saper inseguire il suo sogno, magari con un aiutino.

E poi ci sono anche favole che finiscono male assai, come quelle di Andersen, dove si muore assiderate come la piccola fiammiferaia o bruciati dal fuoco del camino, ballerina di carta e soldatino di stagno, felici nella morte.

E, d’altro canto, esistono donne che amano fare le madri e le casalinghe, dedicandosi alla famiglia perché lo fanno bene e a loro piace. Fare questo con immenso amore nei confronti del marito e dei figli, se ci sono, non è necessariamente una rinuncia. Ma, ovviamente, non per tutte dev’essere così, ognuna deve sentirsi libera di seguire i propri talenti.

Simone Pillon, senatore per breve periodo, si arrabbiò moltissimo quando la fata smemorina, nell’ultima versione Disney, fu sostituita da un fato e pure gay, preoccupandosi di cosa avrebbero pensato i bambini, povere creature, sconvolti da quest’oscena rivoluzione volta a sovvertire l’ordine morale. Complotto! Ma Pillon, come ormai siamo abituati a vederlo, è la solita macchietta di turno che deve decidere il sesso di tutti e fa la figura di quello che vuole infilarsi nelle mutande altrui per controllare. Addirittura aveva da ridire sul pene vistosamente eretto del fauno della fontana di Vergato, opera dello scultore Luigi Ontani: esaltazione di Satana. La testa ce l’ha sempre lì, chissà se se ne rende conto. Eppure, incredibile, è stato nientemeno che un senatore, pagato da tutti noi.

È questo il mondo al contrario, non quello di Vannacci.

Ad ogni buon conto, le favole, da Esopo a oggi, sono un gran bel mondo. E ci raccontano tante cose tra le righe. Contestualizziamole e lasciamole in pace. E raccontiamole ai bambini nella loro crudezza senza edulcorarle, la vita è cattiva e bisogna conoscerla per ciò che è. La correzione avviene dopo, con la guida degli adulti, ma la conoscenza basilare è quella ossia che la malvagità è sempre in agguato.

Ma, soprattutto, occupiamoci di cose più serie e non cerchiamo le ragioni del patriarcato in innocue favole.

Voglio sperare che Paola Cortellesi, invitata a parlare agli studenti qualche giorno fa, stesse facendo una serie di battute tra il serio e il faceto parlando del suo film e dei condizionamenti culturali e sociali sul comportamento che ci si aspetta da una donna, usando le favole classiche come punto di riferimento. Avevano il sapore di frammenti di suoi monologhi teatrali di qualche tempo fa. Perché, qualora parlasse seriamente, allora sì, Houston abbiamo un problema.

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CAT: Letteratura, Questioni di genere

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