Sondaggi sorprendenti

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14 Aprile 2022

Il valore dei sondaggi al fine di stabilire la validità di una qualsiasi opinione è ovviamente pari a zero. Che il settanta o il trenta per cento la pensi in un modo o in un altro non vuol dire altro che questo: è una tautologia. Ma i sondaggisti hanno trasformato la tautologia in un mestiere e infatti quelli tra di loro – i più famosi – che appaiono in tv a “commentare” i loro sondaggi, in realtà, non sono che burocrati del risaputo. Prendono atto della banalità dei numeri e interpellati, com’è noto, non dicono mai nulla che non sia la traduzione di quei numeri in pessimo italiano. In una situazione come la nostra, nella quale la manipolazione mediatica degli utenti ha raggiunto livelli straordinari si potrebbe anzi sostenere che la cosa “giusta” si trovi quasi sempre nella direzione opposta a quella indicata dal sondaggio.

Basta frequentare in modo superficiale (farlo seriamente può rivelarsi una catastrofe per l’intelligenza) qualche talk show, qualche telegiornale e qualche sito internet di riferimento per prevedere, con ottime probabilità di successo, quale può essere l’esito di un sondaggio. La formazione dell’opinione pubblica è un circolo chiuso: l’utente si informa su quei talk show, gazzette e blog e si forma in conseguenza. Pensa ciò che “si pensa” e comunque pensa all’interno del recinto che quel sistema mediatico predispone intorno al senso comune. Perciò, quando risponde al sondaggio, difficilmente risponderà in modo differente da come quel sistema informativo lo induce a rispondere.

E’ per questo che il sondaggio, dietro quella parvenza di “scientificità” vagamente ridicola e da commedia dell’arte (il professor Pagnoncelli, il professor Mannheimer, il professor Piepoli…simpatici pispoloni da prendere rispettosamente per il culo come Balanzone) non ha, in fondo, altra funzione che quella di confermare lo status quo fornendo all’immutabile l’appoggio di una numerologia bonariamente esoterica.

Un sondaggio, in sé, è niente: una vescica vacante.

Che dopo si tratta di riempire a cura degli ermeneuti. Se nessuno ci mette dentro qualcosa la vescica si affloscia miseramente.

E’ quello che è successo, per esempio, con l’ultimo sondaggio sulla guerra in Ucraina reso noto nell’ultima trasmissione di Giovanni Floris, appena l’altro ieri.

Le possibilità di risposta erano tre:

1) Alleggerire il sostegno all’Ucraina e trovare un modo per dialogare con la Russia di Putin.

2) Continuare a fornire armi e sostenere la resistenza Ucraina.

3) Non so, non rispondo.

In primo luogo andrebbe notato il modo, già di per se capzioso, di formularle.

Nella prima possibilità spicca infatti con chiarezza il nome di Putin (la Russia è “di Putin”) che già, di fatto, equivale a un repellente. Mentre nella seconda non si fa riferimento alla Ucraina “di Zelensky” ma a una “resistenza ucraina” di cui si può agevolmente – data la martellante informazione quotidiana – dare per scontato che è “eroica” e, ovviamente, “popolare”.

Però nonostante questo il risultato è sorprendente.

A quanto pare gli italiani contrari a mandare armi in Ucraina e favorevoli a dialogare con “la Russia di Putin” sono quasi tre volte quelli che, irriducibili guerrieri da poltrona, non vogliono sentire ragioni. Sono numeri imponenti. Non tanto in sé, visto che, come dicevo, la cosa, in sé, non ha alcun significato. Sono imponenti in relazione alla spaventosa potenza di fuoco con la quale i mass media di questa nazione hanno pompato la seconda possibilità e criminalizzato la prima. Sono imponenti perché mostrano una strana incapacità dei mass media di sanare, per una volta, la contraddizione tra chi abita in questo paese e la sua classe dirigente di azzimati beccai compattamente allineati nel mandarli al macello.

La vescica ovviamente è rimasta vuota. I macellai continueranno a bombardare l’utenza fino a quando il professor Pagnoncelli, il professor Piepoli o il professor Mannheimer non allestiranno un sondaggio adeguato alle loro aspettative da postillare, chiosare e interpretare come si deve. Qui, da interpretare, non sembra esserci altro che quella contraddizione e non sta bene rilevarla.

TAG: #GuerraRussiaUcraina, Cultura, Facebook, giornalismo, italia, politica
CAT: Media, società

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