Ecco perché la piazza piena potrebbe salvare Ignazio Marino

25 Ottobre 2015

Sarà la piazza piena di oggi a salvare il sindaco Marino? L’ipotesi è solo una suggestione, che nasconde più di qualche insidia, ma anche qualche certezza: la manifestazione, indetta dal “popolo” di Ignazio Marino, deciderà le sorti del Campidoglio. Il sindaco è sempre più isolato, ma è deciso ad andare fino in fondo, soprattutto ora che si è convinto di aver chiarito la questione degli scontrini. L’ipotesi dell’avviso di garanzia per peculato, che il magistrato assessore Alfonso Sabella aveva paventato al resto degli assessori il giorno delle dimissioni,  al momento non sembra più all’ordine del giorno. Per questo è intenzionato a giocarsi fino in fondo “quei 20 giorni di riflessione” che la legge gli concede, come non manca di ripetere in ogni occasione pubblica. Soprattutto se il “suo” popolo dimostrerà di essergli accanto.

Il sindaco, prima di lasciare, “vuole l’onore delle armi”. Ma, in ogni caso, con la piazza piena, Marino avrà consumato la sua vittoria. Anche se i suoi consiglieri gli hanno voltato le spalle, almeno pubblicamente nel non difenderlo, è sicuro che una verifica in aula lacererebbe definitivamente quel che resta del partito romano, trasformandosi in un boomerang che nemmeno la ricandidatura promessa a tutti sarebbe in grado di ricompensare. Le dimissioni in massa sarebbero una mossa di difficile comprensione, così come un’eventuale sfiducia in aula.“Anche ad essere ricandidati, con che faccia dopo aver fatto cadere una giunta di sinistra per motivi poco chiari insieme ai fascisti torniamo a chiedere voti al nostro popolo?”.

Comunque vada, a pagare sarà soprattutto il commissario Pd Matteo Orfini, che ha compreso troppo tardi di essere stato messo in una morsa, quando venne spedito a dicembre a mettere ordine al partito romano dopo l’esplosione del caso Mafia Capitale. Orfini, dopo aver fallito il tentativo di affiancare il sindaco con il rimpasto di giunta di luglio e dopo aver “bucato” anche l’operazione Tor Bella Monaca, dove in oltre tre mesi alla sfiducia politica del presidente del municipio Marco Scipioni non è mai seguita una sfiducia formale in aula del “suo” partito,  è sotto accusa ormai da settimane “per non aver creato una squadra – come racconta un dirigente romano – lasciando incompiuta  l’opera di bonifica avviata con la relazione dell’ex ministro Barca”. Il commissariamento è stato prorogato, il partito è azzerato, ma le correnti, non solo non si sono spente, ma al contrario ora sono più agguerrite e ingestibili di prima. E se di fronte a una piazza piena, pronta ad impegnarsi politicamente e in grado di influenzare l’opinione pubblica, Renzi dovesse scegliere chi salvare tra lui e il sindaco, non si potrebbero escludere sorprese.

Perché riconquistare consensi, magari allagando Roma con una pioggia di soldi per il Giubileo, mentre la guerra fra “bande” interna ha raggiunto limiti estremi, diventerebbe un’operazione praticamente impossibile da realizzare in meno di un anno, con l’inizio del processo Mafia Capitale, che di sicuro non potrà che influenzare negativamente la campagna elettorale, spianando la strada al Movimento 5 Stelle.  Un nuovo patto col sindaco a precise garanzie, paradossalmente potrebbe tutelarlo di più. Nessuna rielezione futura e massima fedeltà solo per il periodo del Giubileo. Giusto il tempo di far respirare la città ferma da mesi, concedendo a Marino quell’uscita di scena dignitosa che chiede. Magari non del sindaco che da solo ha combattuto la mafia, ma neanche quella del taccagno che fa la cresta con i soldi dei romani.

(immagine di copertina tratta dalla pagina Facebook di Ignazio Marino)

TAG: franco gabrielli, Ignazio Marino, mafia capitale, matteo orfini, Matteo Renzi, Salvatore Buzzi
CAT: Partiti e politici, Roma

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