Il significato del Natale: il volere che diviene valore

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25 Dicembre 2020

“Il valore di una persona risiede in ciò che è capace di dare e non in ciò che è capace di prendere.”

Questo è il secondo Natale senza mio padre, la tavola era più deserta, l’ha disertata dopo una lunga battaglia. Eravamo soliti vedere Natale in casa Cupiello in questi giorni, la rappresentazione in cui ci si riunisce, dove gli affetti si ritrovano, dove la grazia e la devozione trovano personificazione in Luca Cupiello e il suo presepe.

Quest’anno le battaglie sono entrate nelle nostre case con notizie che si susseguono su una pandemia che non ci dà tregua. Sono aumentati i contagi, gli assembramenti e la volontà di lasciar respirare chi vive di commercio ha subito dato le sue risposte. Intanto medici e infermieri hanno continuato nel loro massacranti turni lavorativi. Mascherine e camici sono stati donati affinché potessero continuare nel loro infaticabile sforzo di salvare vite umane. Intanto stamane sono arrivato allo Spallanzani le prime dosi di vaccini. Domenica 27 sarà il V-Day giorno in cui i primi vaccini verranno testati su 5 medici e 7 infermieri.

Anche chi fortunatamente non è stato toccato dal virus, lo è stato nell’animo, nella psiche. Ci siamo ritrovati più soli intorno alle tavole, figli che non hanno potuto raggiungere genitori perché si trovavano in altre regioni o in comuni, si è dovuto fare a meno del calore che si crea intorno a un pasto condiviso. Si è forse apprezzato, nella privazione, qual è lo spirito vero del Natale: condividere un abbraccio, un sorriso, una smorfia di un viso che vediamo nella maggior parte dei casi su schermi che saranno pure diventati touch, ma che la dimensione del tatto non riescano a procurarcela. Ci mancano gli odori, quelli che al pari delle madeleine proustiane ci evocano ricordi.

Un Natale, quello di quest’anno, che ci ricorda che non è il centro commerciale, totem del capitalismo, dell’ultimo braccialetto pandora o dell’ultimo e più aggiornato ritrovato tecnologico quello che rende un giorno speciale. Se comprare è l’imperativo di una civiltà dove il brand ci definisce, questo virus avrebbe dovuto insegnarci a fare un po’ di pulizia nei nostri cuori, a essere prodighi verso chi è meno fortunato, verso chi è solo e ha bisogno di compagnia, di una chiacchiera, di chi necessita di un pasto e non riesce a recarsi alla caritas, di chi ha difficoltà economiche perché ha perduto un posto di lavoro e si vergogna a mostrarsi indigente. Tanti sono gli esercenti che hanno dovuto chiudere le proprie serrande perché impossibilitati a sostenere le spese, perché lavorare a periodi alterne seguendo le disposizioni dei DPCM non ha risolto certamente l’enorme crisi economica da cui sono stati travolti.

Per chi è credente o meno, il Natale dovrebbe rappresentare il momento in cui nascere a nuova vita significa sapersi fare offerta, un’ostia in cui il corpo offerto è la dimensione dell’aiuto, del farsi altro per l’altro, cercando nel proprio piccolo, di sanare ingiustizie, facendosi promotori di umanità.

 

TAG: coronavirus
CAT: Sanità

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