Lo sproloquio di Poletti. Qualche riflessione

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28 Marzo 2015

C’è libertà di opinione, quindi si possono anche dire sciocchezze. Nessuno però ci obbliga. Se partiamo da questo principio possiamo valutare correttamente lo sproloquio di Poletti.

Primo: le vacanze estive non durano 3 mesi, in quanto fino almeno al 10 di giugno (a volte anche oltre, a seconda delle regioni di riferimento) ci sono proprio le lezioni. Poi abbiamo gli esami fino a luglio inoltrato: o facciamo gli esami, o continuiamo con le lezioni e altre attività. Infine, dopo gli esami, o verso la fine degli esami, iniziamo con i corsi di recupero (esistono ancora gli esami a settembre, che non si chiamano più così, e i corsi di recupero sono OBBLIGATORI). Spesso, alla fine di agosto, ci si riunisce per il prossimo anno scolastico (per lo più, il primo settembre). Di fatto, poco più di un mese di vacanze, forse un mese e mezzo.

Secondo: Poletti ha usato uno strumento, l’esempio, per generalizzare, sottolineando che si potrebbe (e, quindi, si dovrebbe) lavorare, invece di girare i pollici. Capisco che Roberto Galante si sia preso la briga di sostenere la posizione di Poletti e adotti dunque il principio di carità interpretativa (gli fa onore), però nel caso in esame rischia di negare proprio ciò che Poletti invece voleva dire. Infatti, è abbastanza ovvio che, se si hanno più vacanze si può anche andare a lavorare per pagarsi l’iphone, metter su famiglia, viaggiare ecc. ecc. Lo facevo anch’io da studente. Ma sono, tutto sommato, affari miei. Invece Poletti suggerisce abbastanza insistentemente che si dovrebbe lavorare, invece di oziare (e invece di fare troppe lezioni, forse). Non voglio sapere come sono venuti su i suoi figli, però. Mi sembrerebbe troppo scortese.

Terzo: se Poletti voleva dire che la famosa alternanza scuola-lavoro si può fare alla fine della scuola, anziché nel bel mezzo dell’anno scolastico, come ora accade, mi trova d’accordo. Ma non poteva dirlo direttamente lui?
In conclusione, risparmiamo parole e inchiostro per cose più serie, per esempio:

1) Cosa dovrebbero imparare gli studenti?

2) Quali competenze, verificabili, dovrebbero aver acquisito alla fine del loro percorso?

3) Come riformare la scuola e renderla più efficace?

4) Come valutare (sulla base di quali criteri)?

5) Come formare i docenti?

Su quest’ultimo punto rimandiamo al nostro articolo precedente, sugli altri ci auguriamo interventi seri.

TAG: Ministro Poletti, Poletti
CAT: scuola

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