Sembra già campagna elettorale
Matteo Renzi, suo malgrado, sta assaporando il dispiacere di essere il punching ball della politica italiana. Da destra a sinistra sono tutti impegnati a colpire con forza le sue azioni. Una posizione inedita per chi era abituato a essere l’outsider, con l’etichetta di Rottamatore. La questione non attiene solo alla carriera del presidente del Consiglio, bensì riguarda il contesto politico generale.
L’odore che si solleva dai Palazzi e dalle segreterie di partito è quello della campagna elettorale. Una zaffata che investe il dibattito, anche perché “l’effetto-80 euro” è finito nei sondaggi, che ora indicano un Pd in fisiologico arretramento. Così le voci che sussurrano le elezioni anticipate a maggio 2015 acquisiscono un significato diverso. Sarà anche che la politica è una “campagna elettorale permanente”, ma in alcuni momenti si intensifica. E qualcosa significherà.
Il primo segnale è arrivato dal massimo esperto di campagne elettorali, Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia è tornato a promettere interventi sulle tasse con l’aliquota unica per il fisco al 20%. Uno slogan perfetto per lanciare l’ennesima discesa in campo dell’Highlander della politica italiana. La tempistica non è casuale, anzi: la proposta è arrivata proprio quando Renzi ha subito i primi fendenti del logoramento.
Restando sull’asse di centrodestra, Matteo Salvini è in campagna elettorale da mesi, sfruttando il volano del presenzialismo mediatico e dal nuovo fulgore che avvolge la Lega.
Anche il Movimento 5 Stelle ha avviato un’offensiva dal sapore elettorale. Beppe Grillo ha trovato i due bersagli preferiti per ricompattare attivisti ed elettori: il Quirinale e l’euro. Con la campagna #SonoUnEversore, c’è stato l’affondo verso il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, reo di aver definito «eversiva» l’antipolitica. Inoltre, con la raccolta firme per il referendum “no euro”, l’ex comico ha chiamato i simpatizzanti pentastellati a serrare le fila, mettendo da parte certi malumori che hanno colpito alla base il Movimento.
E addirittura nel Pd la parola “voto” non è più tabù. Il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, ha twittato «elezioni subito» dopo le imboscate della minoranza Pd sulle riforme. Ma se l’ex radicale è noto per alcune uscite irruente, fa riflettere molto la presa di posizione del pacato sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, che ha tuonato: «Se la minoranza vuole il voto, lo dica». Un segno che dalle parti dei renziani il pensiero delle elezioni anticipate non è fantapolitica.
L’odore della campagna elettorale si è intensificato, quando è stato rivelato il piano-Mattarellum, ossia un presunto blitz parlamentare sulla legge elettorale che ripristinerebbe il vecchio sistema. Seppure in una modalità criptata, la mossa rappresenta un avvertimento agli anti-renziani. Come dire: «Noi siamo pronti…».
La soluzione-elezioni, in fondo, non dispiace a Renzi, perché gli consentirebbe di fuggire al destino di punching ball. E di fare quello che gli riesce meglio: la campagna elettorale.
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