E ora un referendum europeo sugli aiuti alla Grecia

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5 Luglio 2015

Che il partito di Tsipras fosse populista lo sapevamo da tempo. Oggi, però, abbiamo assistito al trionfo del populismo (cioè: votano la pancia e gli sfinteri). In Grecia, tra i manifesti elettorali per il no ne campeggiava uno che era puro odio contro Wolfgang Schäuble (di suo, un simpaticone), il ministro delle finanze tedesco (che avrebbe succhiato il sangue greco per cinque anni), ma che manifestava odio nei confronti dei tedeschi in generale, come se fossero stati loro a rovinare le finanze greche. Bruciavano le bandiere dell’Unione europea (ma i greci non vogliono uscire dall’euro, ci dicono). Il ministro delle finanze (da bullo) accusava i creditori (che vorrebbero indietro il denaro prestato) di essere dei terroristi. Le statistiche ufficiali (molto poco serie) pubblicate dal governo legavano la crisi economica non alla crisi mondiale e alla crisi del debito bensì all’austerità, che ne era la conseguenza indesiderata, invertendo causa ed effetto. E il referendum, infine, indicava dei documenti inesistenti, sui quali votare sì o no (lato positivo: oggi gli italiani sanno dire sì e no in greco).

Che il popolo greco decida se stare o no nell’Unione europea, se ripagare i debiti contratti con i creditori (per acquisire, in anni precedenti, consensi elettorali distribuendo denaro a pioggia in modo insostenibile), in una democrazia (traduci, oggi, il potere della maggioranza, e basta), è lecito.

Che a votare con la pancia e gli sfinteri siano stati chiamati i greci è, spero, chiaro a tutti. Si è trattato di decidere se a vincere sarebbe stato l’odio (verso i creditori che chiedono garanzie) o la paura (di non avere più stipendi, pensioni ecc.). Ha vinto il primo, e se avesse vinto il secondo non credo che sarebbe andata necessariamente meglio. Magari non avremmo più visto Tsipras e Varoufakis (e forse questo non sarebbe stato un male), ma non era chiaro nemmeno questo (i due non hanno mai detto che si sarebbero davvero dimessi).

Tra l’altro, l’obiettivo dichiarato era quello di fare un accordo in 48 ore, con il sì o con il no, quindi è chiaro che la popolazione non era stata chiamata a decidere alcunché.

 

Questo risultato sarà un capitale politico per Syriza, comunque, che, presumibilmente, il partito riuscirà a non sprecare.

Resta da vedere cosa accadrà nei prossimi giorni, ma… forse… dovremmo essere un po’ più democratici, e pensare a un referendum condotto a livello europeo. Proporrei, a questo punto, di chiedere agli elettori dei singoli Paesi di votare per salvare la Grecia con le loro pensioni e con i loro stipendi. C’è qualche buona ragione dal lato del sì, però temo che ce ne sarebbero, come in Grecia, di più dal lato del no. No, perché chi presterebbe (dice la pancia) soldi a chi non ha intenzione di restituirli e chiama usurai e vampiri i creditori? E il cuore direbbe: la Grecia, la culla della democrazia (sì, con la reclusione delle donne e l’esistenza degli schiavi e l’esclusione degli stranieri), la Grecia, uscita dalla dittatura dei colonnelli, la Grecia, le nostre radici culturali, e Omero, e la filosofia…

Un referendum a livello europeo, e con il no di un Paese la Grecia sarebbe condannata al default. Perché non lo facciamo, noi che esaltiamo la democrazia? O solo i Greci hanno il diritto di esprimersi? Ma i Greci, poi, accetterebbero il nostro risultato?

Un federalista

TAG: Crisi Greca, populismo, referendum 5 luglio 2015, referendum sul salvataggio greco
CAT: Euro e BCE

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