Un mondo senza tempo, i videogiochi del presente e il calcio del passato
Negli ultimi anni, le due più celebri simulazioni calcistiche, Fifa e Pro Evolution Soccer (PES), hanno portato all’interno dei rispettivi videogiochi molti calciatori del passato, ritiratisi da più o meno tempo. Non è una novità, visto che alcune formazioni colme di leggende del passato, le cosiddette “squadre classiche”, erano già presenti nelle edizioni più datate dei due videogiochi. Si trattava, allora, di un fenomeno marginale: in PES 5, per esempio, le licenze riguardanti i nomi e i volti di questi calciatori non erano state acquistate, mentre Fifa presentava una sola squadra di vecchie glorie, utilizzabile nel gioco offline. Il loro riflesso era ridotto.
Scelte di marketing
A partire dal 2014, l’edizione Fifa, seguita due anni dopo dal rivale giapponese, ha cominciato a curare maggiormente le figure di questi calciatori del passato, utilizzabili, adesso, esclusivamente nelle modalità online del gioco. Giocatori come Luis Figo, ritiratosi nel 2009, o Paulo Futre, attaccante del Porto campione d’Europa del 1987, sono comparsi all’interno di una realtà virtuale ambientata nel 2014. La presenza di questo tipo di calciatori è andata crescendo negli anni a venire, dimostrandosi importante anche nelle scelte di marketing delle case produttrici. Per esempio, EA Sports ha scelto un’immagine di Zinédine Zidane, ai tempi del Real Madrid, come foto-copertina di un’edizione di Fifa 20. Una scelta che richiama facilmente anche una certa nostalgia in molti utenti, che possono ritrovare nel gioco gli idoli dell’infanzia.
La presentazione di Zidane in Fifa 20.
Gli effetti del lockdown e dello stop del calcio
Un passaggio silenzioso ma importante è avvenuto di recente, a inizio giugno, quando Fifa ha deciso di rendere disponibili i calciatori del passato anche nelle modalità offline del gioco. In PES, lo stesso passaggio non è avvenuto tramite la decisione diretta della casa produttrice, ma, già in precedenza, grazie ad alcuni “file opzioni”, database creati manualmente dagli utenti, che hanno sortito lo stesso effetto.
Questi file modificati, che PES permette di inserire facilmente nel gioco, sono stati poi ampliati da alcuni utenti non professionisti, che hanno creato intere squadre del passato, come il Brasile di Pelé o il Milan di Arrigo Sacchi, allargando a non finire l’orizzonte temporale del videogioco, includendo in un prodotto ambientato nel 2020 frammenti di calcio passato.
Alcuni database, come quello realizzato da Pavel Válka, sono apparsi durante il periodo del lockdown, quando il calcio reale è stato fermato in quasi tutto il mondo e quando molti appassionati si sono rifugiati nelle giocate e nelle partite dei campioni del passato. Molti incontri storici sono diventati facilmente accessibili tramite YouTube, dove il canale ufficiale della FIFA (la federazione calcistica internazionale) ha lanciato la campagna WorldCupAtHome, trasmettendo le partite più celebri dei campionati mondiali trascorsi. I momenti e i calciatori dimenticati del passato sono così tornati inaspettatamente in primo piano, trovando un proprio spazio anche nell’immaginario di chi non ha potuto assistere direttamente a quei momenti.
Il videogioco sportivo permette di poter controllare i giocatori, di porli in campo in un determinato modo, di tentare delle giocate con i loro alter ego o di costruire sistemi di gioco che vorremmo poter vedere nella realtà. Tutto questo avviene solitamente con gli alter ego dei calciatori che vediamo giocare nel presente. Durante il lockdown, invece, molti hanno scoperto e si sono potuti innamorare di giocatori lontani nel passato. Il poterli controllare o rivedere tramite un videogioco non è una possibilità da poco. In questo senso, forse non è casuale che l’inserimento di questi giocatori nelle modalità offline dei videogiochi, che permettono un loro maggiore e più libero utilizzo, sia avvenuto in concomitanza, o poco dopo, con questo momentaneo periodo di ritorno al passato anche nel calcio guardato.
La creazione di un mondo atemporale
Un database che parte dal nucleo dei giocatori e delle squadre del 2020, esteso attentamente a includere frammenti di passato, permette di far interagire giocatori, mondi e sistemi lontanissimi fra loro, all’interno di un orizzonte senza tempo. Rende possibile la costruzione di un mondo virtuale, proprio del videogioco, dove l’Ajax può schierare contemporaneamente Johan Cruijjf e Hakim Ziyech e può far interagire gli stessi con altre epoche, sfidando, per esempio, la difesa del Milan di Baresi e Maldini, in un orizzonte dove il tempo scompare e restano solo le figure del calcio che più interessano. Un mondo dove l’Anderlecht può tornare grande, dove Rob Rensenbrink può tornare al dribbling e alle sue eleganti movenze sulla fascia sinistra, dove persino Pelé, Maradona, Messi e Ronaldo possono convivere sulla stessa linea temporale.
La creazione di un mondo dove le distanze temporali sono appiattite per far interagire personaggi di epoche diverse non è ovviamente una novità. Questa tecnica si riscontra già dalle fasi antiche della letteratura. Nel XII secolo, Lancillotto, Artù e la Tavola Rotonda componevano un mondo idealizzato di cavalieri erranti, combattimenti e avventure. Questa realtà non comunicava con le narrazioni di origine popolare che raccontavano la storia di Tristano, un altro grande cavaliere, appartenente a una generazione successiva. La distanza fra queste generazioni è stata annullata con la riscrittura in prosa di un altro romanzo medievale, il Tristano in prosa, che ha inserito Tristano nel tempo e nello spazio della Tavola Rotonda, facendolo interagire con Lancillotto, Artù e gli altri cavalieri. Esattamente quello che ci permettono di fare oggi i database dei videogiochi: unire mondi e tempi diversi in una realtà nuova in cui i confini fra questi sono annullati.
Perché guardare il calcio del passato?
Questo mondo atemporale, unito a progetti come WorldCupAtHome e simili, può a sua volta risvegliare un interesse verso il calcio passato. Non un interesse nostalgico, che idealizzi il ricordo per contrapporlo al presente, ma un interesse verso le linee di evoluzione che il calcio ha avuto. Permette di vedere da dove viene lo sport che vediamo oggi. In un’intervista del 2016, il telecronista Stefano Borghi ha sottolineato questo punto: “Credo sia importante anche per i più giovani, che magari hanno conosciuto soltanto il calcio attuale, capire cosa sia stato questo sport nei 150 anni che precedono l’oggi”. Da qui nasce anche l’interesse a tenere vivo questo passato con libri, racconti, videoriprese e quant’altro.
Il confronto fra epoche e mondi diversi non deve essere necessariamente volto a porli in contrasto o a definirne una gerarchia. Ogni epoca ha avuto i suoi giocatori belli, le squadre divertenti e i sistemi vincenti. Molto spesso i migliori di un’epoca, quelli che oggi riguardiamo più volentieri, sono stati coloro che sono riusciti a portare qualcosa di nuovo e rivoluzionario al contesto in cui giocavano. Rivedere oggi queste novità porta a riconoscere in loro i personaggi che hanno trascinato il calcio verso la modernità e verso ciò che esso è oggi. In una recente puntata del podcast Lobanovski, Daniele Morrone ha parlato brevemente dei terzini brasiliani, fra i quali molti sono stati precursori delle funzioni che hanno reso questa posizione ciò che è oggi: Djalma Santos, Carlos Alberto Torres, Roberto Carlos e Cafù. Ciascuno di loro è stato un giocatore diverso rispetto al contesto che lo circondava, portatore di elementi nuovi, che solo in seguito sarebbero stati implementati con più sistematicità. A partire dai loro modi di giocare e intendere il calcio si può tracciare quasi una linea della storia del ruolo del terzino e delle sue funzioni. Altrettanto, una linea si può tracciare anche in relazione a tutti gli altri elementi del gioco, che aiutano a comprendere e a intendere più a fondo ciò che muove e caratterizza il calcio che vediamo oggi. Permette di pensarlo in modo diverso, di creare qualcosa di nuovo, che sia appunto migliore rispetto al contesto calcistico attuale, ripercorrendo quei processi che nel passato hanno dato vita a un’evoluzione. Questa visione sincronica, che non allontana il Brasile del 1958 dal calcio che vediamo e giochiamo oggi, può portarci a comprendere questo sport in una maniera più completa e approfondita.
Un videogioco può avere effetti sul calcio reale?
Anche i videogiochi possono trovare un proprio spazio nell’evoluzione del calcio reale, non tanto nel senso di e-sports, che pur si sta sviluppando, ma soprattutto nell’idea che anche attraverso il videogioco si può creare e mettere alla prova un sistema, per esempio tattico, che con qualche aggiustamento può portare alla costruzione di qualcosa di nuovo nel gioco reale. La linea scelta dai produttori di PES è quella più adatta a questo scopo, visto che l’obiettivo dichiarato della serie è tendere il più possibile alla simulazione e imitazione del calcio reale. Negli ultimi anni, i risultati ottenuti sono stati straordinari e il videogioco pone spesso l’utente di fronte a scelte molto simili a quelle che il calcio reale pone a un calciatore: come superare una linea di pressione, quale compagno di squadra servire, in quale momento e così via. Il gioco può diventare a tratti cerebrale, fino a far prevalere l’importanza delle scelte compiute in ciascuna situazione di gioco, come succede nella realtà, rispetto alla mera abilità con il joystick.
Le linee del calcio passato e del videogioco non sono necessariamente intrecciate, ma possono contribuire, seppur in modo limitato e in maniera diversa e indipendente l’una dall’altra, a far evolvere alcuni elementi del gioco reale.
(L’immagine di copertina è uno screenshot del videogioco eFootball Pro Evolution Soccer 2020. Rob Rensenbrink, calciatore dell’Anderlecht degli anni Settanta scomparso pochi mesi fa, controlla un pallone sulla fascia sinistra. Il database che ha ricreato l’alter ego del giocatore, pubblicato dal profilo Pavel Válka, si può vedere qui.)
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