Gosar censurato alla Camera per minacce a Ocasio-Cortez e Biden
Il recente voto alla Camera sulle infrastrutture è stato approvato in maniera bipartisan (215 sì, 206 no). Tredici repubblicani hanno votato con i democratici mentre i voti contrari sono venuti da 200 repubblicani e 6 democratici. Il voto riflette una certa frattura nei due partiti anche se quella repubblicana è molto più profonda.
I sei voti democratici contrari sono emersi come una forma di protesta per la leadership democratica di non avere votato in tandem l’altro disegno di legge Build Better Back (BBB) sulle infrastrutture “soffici”. Ciò ci spiega il fatto che la stragrande maggioranza dei cento membri del caucus progressista ha votato a favore. La promessa di sottoporre il BBB alla votazione è stata mantenuta e al momento di scrivere sappiamo che il disegno di legge è stato approvato solo con voti democratici (220 sì, 213 no). Adesso il BBB andrà al Senato e una volta approvato andrà alla Casa Bianca per la firma di Joe Biden.
Il disegno di legge bipartisan sulle infrastrutture, già firmato in legge da Biden, ha però causato grossi grattacapi ai 13 repubblicani che lo hanno votato. Infatti sono già stati soggetti a ripercussioni e persino minacce. Mark Meadows, capo di gabinetto durante l’amministrazione di Donald Trump, ha dichiarato che i 13 repubblicani meritano di perdere i loro posti nelle diverse commissioni alla Camera perché la loro decisione dimostra di non fare parte della “squadra”. Più battagliera è stata la parlamentare della Georgia Taylor Greene che li ha accusati di essere “traditori”. La Green aveva già perso i suoi incarichi alla Camera per il suo linguaggio incendiario e offensivo e per la sua disobbedienza di non portare la mascherina in Parlamento ha ricevuto multe per parecchie migliaia di dollari.
Gli attacchi sono anche emersi da cittadini i quali sono stati ovviamente ispirati da Trump. L’ex presidente ha attaccato ferocemente Mitch McConnell, senatore repubblicano del Kentucky e leader della minoranza al Senato, etichettandolo di “corvo vecchio” per avere votato a favore di “un piano socialista e terribile di infrastrutture”. Trump ha continuato asserendo falsamente che durante la sua amministrazione McConnell non gli aveva presentato un piano sulle infrastrutture. In realtà si sa che sia Nancy Pelosi che Chuck Schumer, leader democratici alla Camera e Senato rispettivamente, gli avevano offerto un piano di 2000 miliardi di dollari sulle infrastrutture che lui stesso rifiutò.
L’obiezione dell’ex presidente alla nuova legge sulle infrastrutture verte esclusivamente sulla vittoria politica di Biden che è riuscito a concludere ciò che a lui non riuscì. Trump aveva promesso sin dal suo discorso di insediamento nel 2017 che avrebbe speso ingenti somme per ristrutturare e rimodernare le infrastrutture, riconoscendo la necessità e i benefici per il Paese. Adesso che lo fa un altro egli cambia musica e dissente. Non pochi senatori del suo partito hanno però rilevato l’importanza della nuova legge come il senatore Mitt Romney (Utah) e la senatrice Shelley Capito (West Virginia). Da aggiungere anche McConnell che ha descritto la nuova legge come “una fortuna” per il suo Stato.
I tredici parlamentari repubblicani che hanno votato a favore della legge sono stati però minacciati per il loro voto. Spiccano in modo particolare Adam Kinzinger anche lui etichettato di “traditore”. Kinzinger, va ricordato, è anche uno dei pochi repubblicani che aveva votato all’inizio dell’anno per approvare l’impeachment di Trump per il suo ruolo nell’insurrezione al Campidoglio il 6 gennaio.
Le minacce e le aggressioni vengono tollerate dai repubblicani poiché la maggioranza ha una forte paura di Trump. Temono principalmente il fatto che alle prossime primarie repubblicane l’ex presidente dia la sua benedizione a individui i quali gli professano completa fedeltà. Questa minaccia ha già indotto parecchi come Kinzinger a non ricandidarsi, temendo che il candidato spinto da Trump li sconfiggerà. Anche il parlamentare repubblicano Fred Upton del Michigan ha ricevuto diversi tipi di minacce ai quali si è anche aggiunto il suo avversario alle primarie Steve Carra, sponsorizzato da Trump. Carra ha dichiarato che Upton “ha pugnalato” Trump alle spalle e che merita di essere “schiacciato.”
Il linguaggio violento e la sua tolleranza sembrano essere divenuti parte integrale del Partito Repubblicano non solo per i “traditori” ma è anche diretto verso alcuni democratici molto visibili. Va ricordato il caso di Paul Gosar, parlamentare repubblicano dell’Arizona, che ha twittato un video animato in cui lo si vede mentre attacca con due spade Joe Biden ed uccide la parlamentare di sinistra di New York Alexandria Ocasio-Cortez. Non è la prima volta che la parlamentare di sinistra è stata minacciata. Difatti, è stata costretta a spendere migliaia di dollari per servizi di sicurezza. Gosar è stato censurato dalla Camera con un voto di 223 favorevoli e 207 contrari. Solo due parlamentari repubblicani, Kinzinger e Liz Cheney hanno votato a favore della censura che gli ha fatto perdere anche la sua partecipazione nelle due commissioni in cui serviva. Tutti gli altri repubblicani hanno considerato le minacce di Gosar accettabili nel clima politico attuale. Gosar aveva eliminato il messaggio prima del voto della censura ma subito dopo lo ha ritwittato. Dopo la censura Trump ha offerto il suo endorsement a Gosar e McCarthy gli ha promesso posti in migliori commissioni se i repubblicani vinceranno la maggioranza nelle elezioni di midterm del 2022.
Le minacce e linguaggi incendiari tendenti alla violenza vengono ignorati dalla leadership repubblicana. Questo linguaggio viene ripreso da sostenitori di Trump ed ha creato un clima intollerante anche per i funzionari responsabili delle elezioni i quali vengono minacciati quando gli esiti elettorali non sorridono ai loro desideri. La leadership democratica condanna questo linguaggio e potenziali atti di violenza ma non sufficientemente da ridurli ed eliminarli. Persino il dipartimento di Giustizia sotto la guida di Merrick Garland si sta rivelando inefficace.
Pochissimi sono i repubblicani che condannano questi attacchi. La strada più facile è tacere per non attirare l’ira di Trump. Alcune eccezioni però emergono. La senatrice Lisa Murkowski, repubblicana dell’Alaska, dopo l’insurrezione del 6 gennaio scorso aveva dichiarato che Trump “aveva causato abbastanza danni”. La Murkowski, una dei sette repubblicani la quale ha votato per condannare Trump nel voto sull’impeachment al Senato (57 sì, 43 no), continua nella sua corsa alla rielezione anche se alle primarie dovrà affrontare Kelly Tshibaka, la quale ha ricevuto l’endorsement di Trump.
Un’altra parlamentare che fino ad adesso non ha dimostrato paura di Trump è Liz Cheney del Wyoming. Anche lei ha votato a favore dell’impeachment di Trump e per punizione è stata rimossa dalla sua posizione di numero tre nel caucus repubblicano. Inoltre la Cheney è stata recentemente “scomunicata” dal Partito Repubblicano del suo Stato. Con un voto di 31 a 29 la Cheney non è più considerata repubblicana. Un portavoce della parlamentare ha giustamente espresso la tristezza che “una parte della leadership repubblicana ha abbandonato il principio fondamentale e si è fatta prendere in ostaggio dalle menzogne di un uomo pericoloso e irrazionale”. Una buona descrizione della tragica situazione del Partito Repubblicano sotto la guida di Trump.
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