Motivazione e alpinismo, una riflessione lunga trent’anni

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5 Ottobre 2017

Articolo di Stefano Fontana, tratto da Alpinismi

Mi è capitato spesso di discutere con altri alpinisti sulle motivazioni per cui un essere umano debba sfidare le montagne per i versanti più impegnativi. Le risposte sono molto simili e si potrebbero sintetizzarle in “misurarsi con se stessi”, “ricerca del limite”, “passione”… Ho cominciato a riflettere su questo argomento e ho voluto approfondirlo prendendo spunto da trent’anni di scalate.

La Curiosità e la Scoperta

È la fase in cui andare per sentieri non ti basta più, ti sembra di aver camminato abbastanza e nonostante tu non abbia visto un granché delle Alpi, sei attratto da quelle pareti a picco e cominci a farti delle domande. Comincia così a girarti una parola per la testa, una parola che fino a poco tempo prima non aveva così importanza: SCALARE! Tendi le orecchie e cominci ad informarti dove apprendere l’arte dell’arrampicarsi, CAI, Guide, Istruttori ma anche climber improvvisati vanno bene per saziare quella voglia di sapere. In breve trovi risposta a quelle semplici domande che ti eri posto all’inizio, peccato che ora tu ne abbia almeno il triplo di nuove… Inizia così il gioco. Non sai ancora bene quello che stai facendo ma ti piace maledettamente, forse durerà poco, forse un paio di stagioni e perché no, una vita intera…

Monte Bianco (foto di Stefano Fontana)

Monte Bianco (foto di Stefano Fontana)

La Sfida e il Limite

Grazie a molta falesia e a buoni maestri il gesto dell’arrampicata ormai non ha più segreti, inoltre hai dimestichezza con soste, freni e protezioni veloci, non hai piantato molti chiodi ma finora non ne hai avuto bisogno. Scali su vie classiche dal terzo al quinto grado, però quelle varianti che sali per sbaglio ti fanno capire che è più difficile leggere dove corre una via “facile” che una via di sesto. Fatica, gioia, rischio e adrenalina ti colmano. Ti senti sicuro su quelle rocce anche se, la notte prima della salita, signora ansia non ti ha fatto dormire. Le difficoltà aumentano, da D a TD, da TD a ED- e ti sei permesso anche di aprire qualche via nuova. Qualsiasi cosa tu faccia, lavoro, famiglia, amici, la tua mente è lì a sfogliare una nuova via ed il cassetto del tuo comodino trabocca di salite da compiere. Già da un po’ ti chiedi dove puoi arrivare. Ogni volta che arrivi in vetta esausto stai già progettando una nuova salita. Qualche volta capita di esultare non per la vetta ma semplicemente per essere sopravvissuto.

L’Amicizia e la Fiducia

Le amicizie che nascono fra i monti sono spesso indissolubili, meglio se condite con fatica ed un briciolo di rischio, perché questi fattori fanno cadere le maschere che portiamo nella vita orizzontale di tutti i giorni. Vuoi veramente conoscere a fondo una persona? Legati in cordata con lei e trovati ad arrancare sfinito sugli ultimi tiri di una via lunga, magari all’imbrunire e senza più acqua… e vedrai che anche le persone più calme e pacifiche possono trasformarsi in belve feroci pronte a scagliarsi contro qualsiasi cosa vivente e non. Trovare un compagno di cordata ideale è più difficile che trovare una moglie. Spesso è quello che si è seduto affianco a te al corso roccia ed avete poi sperimentato le prime avventure in roccia fortunatamente a lieto fine. Qualche volta il tuo compagno ti trascina a forza ad arrampicare anche se non ne hai voglia, oppure succede il contrario, fatto sta che tutti i weekend siete appesi da qualche parte. Man mano che si diventa più abili e più gli obiettivi diventano ambiziosi, le vie classiche delle Dolomiti cadono una ad una e si alza ogni volta il tiro. Spesso succede che sia uno dei due a proporre la prossima via da scalare e l’altro, in piena fiducia lo segua.  Cordate così però sono rare, forse durano per brevi periodi, perché nel tempo possono mutare obiettivi e motivazioni, oppure per l’incapacità di allenarsi in egual modo o semplicemente per limiti fisici/psicologici diversi.

Cima Ovest, Lavaredo. Via Cassin-Ratti. Checco Scandolin sul traverso (foto di Stefano Fontana)

Cima Ovest, Lavaredo. Via Cassin-Ratti. Checco Scandolin sul traverso (foto di Stefano Fontana)

L’Orgoglio e la Vanità

Questa fase pericolosa si manifesta quando qualcuno mette in dubbio o contesta quello che hai scalato, libera o artificiale, gradi, tempi e varianti. Ti senti “toccato” in qualcosa di tuo, nel tuo intimo, qualcuno ha cercato di sminuire qualcosa in cui hai creduto o che credi giusto. Scatta così la rivalsa, vai a scalare qualcosa che non avevi mai pensato di affrontare zittendo quella vocina che ti è sempre stata buona consigliera, forse si chiama prudenza o buon senso, sta di fatto che sei appeso a quella parete con difficoltà soverchianti e non hai nessuna intenzione di ritirarti. Ma anche stavolta la fortuna è dalla tua parte e la vetta ha un retrogusto di amarezza piuttosto che gioia.

L’Istruttore e l’Allievo

E c’è anche il momento di trasmettere quello che sai, quello di insegnare è un dono. Puoi essere un mostro dell’arrampicata ma se non sai trasmettere quello che hai imparato non puoi essere un buon istruttore. Grandi soddisfazioni aspettano chi gioca in questo ruolo, guardando negli occhi il neofita ricorderai i tempi delle molte domande che chiedevano risposta, la paura di appendersi alla corda, il vuoto sotto di te. Eppure anche il confronto con l’inesperto apre gli occhi a nuove visioni delle cose, altre prospettive, devi però essere umile con chi sta imparando, come lo devi essere verso la Montagna.

L’Amore e le Donne

E perché no, si può anche arrampicare per il cuore, sempre di muscolo si tratta, come quelli di braccia e gambe, però quando scali per lui, le rocce assumono un colore diverso, le Montagne hanno una luce particolare e senti profumi a cui non avevi mai fatto caso. Potrà essere un’amica, la compagna della vita oppure una donna che non potrai mai avere… È bellissimo ma al tempo stesso inquietante, nel senso che sei perfettamente cosciente di avere una doppia responsabilità, spesso hai scelto tu l’itinerario e la difficoltà, anche se lei è d’accordo e consapevole dei rischi dell’Alpe sai che se succede l’inevitabile ti sentirai responsabile, anche se alla fine non hai sbagliato nulla.

Marmolada, parete sud. Via Attraverso il pesce (foto di Stefano Fontana)

Marmolada, parete sud. Via Attraverso il pesce (foto di Stefano Fontana)

La Trasformazione

Esiste un momento in cui percepisci che il limite, su quelle amate pareti, l’hai raggiunto già da un po’. Il tempo per allenarti è quello che è, magari hai anche una famiglia che ti esige ed il lavoro dopo una giornata ti fa apprezzare un comodo divano. Magari non hai più l’energia dei vent’anni o forse, quella fiamma che ardeva sfogliando le guide del Civetta e della Marmolada si è sopita. Questo periodo di consapevolezza del giro di boa ha una durata varia, anche anni. A questo punto il bivio: smettere o trasformarsi? Smettere di scalare e rilassarti – del resto hai già dato, e continuare a inseguire un limite che fisiologicamente non tornerà più è insano e rischioso, puoi continuare ad andarci però come escursionista, ma sai che non sarà la stessa cosa e magari la Montagna così non la concepisci più… Oppure riuscire a trasformare il tuo scalare in gioco, senza nessun altro scopo che divertirsi, per il solo piacere del gesto dell’arrampicata con buoni amici di corda, il tutto condito da grandi risate e litri di birre a seguire.

Ma ha un senso tutto questo? Fatica, rischio, rinunce, ansie, un briciolo di egoismo… sembra follia vista con gli occhi di chi la Montagna la considera solo “assassina” o turismo. Credo che follia sia non avere nella vita delle montagne da scalare, difficoltà da affrontare, ostacoli da superare per poi avere la soddisfazione di arrivare in Vetta e poter guardare oltre. Mi spiace per chi ricerca solo discesa o assenza di ostacoli nella vita. Se montagna vuol dire fatica… ben venga! Ben vengano le cose conquistate con l’impegno, la costanza e la determinazione, si sarà ripagati il doppio, di gratis in alpinismo non c’è proprio nulla.

TAG: Alpinismi, alpinismo, arrampicata, montagna, Montagne, Motivazioni
CAT: Arrampicata

Un commento

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  1. gigim 5 anni fa

    Ciao, forse tu mi dai una risposta.
    Sono sempre andato per monti. Fin da piccolissimo i miei mi hanno fatto camminare.
    Poi mi sono dedicato alle gare di sco di fondo. A 21 con amici ho fatto un corso CAI di alpinismo e li e partito tutto, piano piano abbiamo cominciato. Tra alti e bassi dovuti a infortuni e morose, è 12 anni che scalo edi cui almeno 9 in maniera seria. Negli ultimi anni ho abusato della scalata per non pensare ad alcuni problemi della vita. Ora sto seguendo un corso CAI per diventare istruttore e da un mese a questa parte ho il rifiuto per l’alpinismo e la montagna in generale, continuo ad andarci ma non mi emoziona più. Inutile dire che la cosa mi mette ansia perché non posso credere che una fiamma si spenga così…
    Te che magari hai più esperienza cosa mi dici?!

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