Vanessa, come la Venere di Urbino
Accostare il nudo dell’ultima copertina di “Vanity Fair” a una delle opere più importanti del XVI sec. potrebbe risultare del tutto improponibile, quasi oltraggioso, in special modo per un accademico che ha eretto un muro tra l’arte del passato e le moderne leggerezze della contemporaneità. Dobbiamo imparare a guardare una foto, così come si contempla una tela. Diversamente, il messaggio artistico di uno scatto viene completamente ignorato, e, come nel caso della nudità di Vanessa Incontrada, si generano critiche, legittime e finanche tipiche di un atteggiamento comune e un modo di stare al mondo, ma marcatamente inadeguate e non pertinenti. Il corpo della simpatica attrice è quello di diverse donne della sua età, leggermente e piacevolmente in sovrappeso rispetto ai canoni consueti della magrezza a tutti i costi. La stessa artista, in passato, rappresentava un modello da indossatrice, non certamente uno stereotipo per certi versi “casalingo” come quello che ha esibito nella foto tanto discussa. Vanessa è in sovrappeso, non obesa, così come tante affascinanti quarantenni, cinquantenni e sessantenni che si vedono per strada, nei locali, negli uffici.
Pertanto, avercela con lei perché non ha ostentato ciccia in abbondanza, assecondando l’equazione “più grasso mostri più coraggio hai”, pare francamente un’aberrazione. Quello che mi ha immediatamente colpito della sua foto, oltre le sue belle forme sinuose è, soprattutto il suo atteggiamento: ricorda quello, appunto, della celebre Venere di Urbino, di Tiziano Vecellio, assurgendo a un campione di bellezza in voga nei secoli scorsi. Si tratta dell’opera più importante di un nudo femminile in ambito artistico, tant’è che nella storia fu modello per altri artisti come Édouard Manet, che lo riprese nel suo dipinto “Olympia”. Nelle stesse esagerazioni di Modigliani, a esempio nel “Nudo rosso”, si riscontra in qualche modo la medesima atmosfera e la presenza sintomatica del rosso porpora.
Ma, veniamo all’assonanza tra la Venere cinquecentesca e la nostra Vanessa: così come la donna ritratta da Tiziano usa la mano sinistra per coprirsi delicatamente il pube, mostrando in tal modo la sua forma più umana, Vanessa usa la destra per assicurare i suoi seni, in un gesto naturale e pudico, che non sa di forzata censura, dando conto di un’intenzione endemica della donna universalmente riconosciuta nella sua proiezione etica, oltre che nel suo ideale fisico. Vanessa, come quella Venere, guarda direttamente chi la osserva senza alcun imbarazzo, comunicando serenità, consapevolezza, fierezza. Qui, credo, si manifesti il motivo dello scatto. L’essenza del messaggio sta nell’espressione della donna che ha deciso di posare nuda per offrirsi nella sua veridicità, senza estendere un corpo da un’estremità all’altra, a mò di involucro dischiuso per essere apprezzato nella sua apparente interezza, ma disponendosi in uno sguardo che le denuda anche l’anima, mostrando apertamente la propria interiorità. Ed è in una simile grazia, fuori da ogni dottrina, che la meraviglia del genio femminile cancella definitivamente la superstiziosa, ingannevole e impropria eredità culturale che Eva ha lasciato a un’umanità per troppo tempo prigioniera delle scritture e chiusa alla rigenerazione del pensiero.
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