Cronaca

Djokovic, il gesto che vale più di uno Slam

13 Settembre 2025

Novak Djokovic è universalmente riconosciuto come uno dei più grandi tennisti di sempre. Record, trofei, settimane al vertice del ranking: la sua carriera parla da sola. Ma l’aspetto che oggi colpisce di più non è legato ai campi da gioco, bensì a un gesto che ha superato i confini dello sport: l’impegno a sostenere la famiglia di Kirk, duramente segnata da un omicidio che ha scosso l’opinione pubblica. Un atto silenzioso ma potente, che racconta più di mille statistiche chi sia davvero Djokovic.

Da sempre considerato un atleta fuori dal comune, il serbo ha costruito la propria immagine sulla disciplina, sulla resilienza e su una professionalità totale. Eppure, la sua figura non si esaurisce nella dimensione agonistica. Djokovic ha spesso mostrato una sensibilità profonda, capace di intrecciare la fede ortodossa con le scelte personali e con il modo in cui interpreta il ruolo di personaggio pubblico. Non una maschera costruita, ma un uomo che, al di là delle polemiche che negli anni lo hanno accompagnato, ha dato centralità alla spiritualità, alla famiglia e alla solidarietà.

Il sostegno alla famiglia di Kirk non nasce da calcoli d’immagine o da operazioni di marketing: è un gesto privato, reso noto solo in seguito, che rivela un uomo radicato in valori antichi e concreti. Djokovic non si limita a un aiuto occasionale: si è assunto la responsabilità di accompagnare nel tempo chi è stato travolto da un dolore irreparabile. In un’epoca in cui la celebrità sembra legata soprattutto all’apparenza, questo significa restituire peso e autenticità al concetto di vicinanza.

La sua fede ortodossa ha un ruolo decisivo. Djokovic non l’ha mai nascosta: più volte ha ringraziato Dio in pubblico, ha fatto il segno della croce dopo una vittoria, ha parlato dell’importanza della preghiera. In Serbia, l’ortodossia è un elemento identitario forte, capace di dare continuità in momenti difficili. Per lui non è un dettaglio folkloristico, ma una bussola che orienta decisioni e comportamenti. In questa cornice, il suo impegno di solidarietà acquista un valore ulteriore: la carità come responsabilità personale, non come gesto episodico.

Djokovic ha spesso sottolineato che lo sport, per quanto competitivo, deve rimanere uno spazio di crescita umana. La sua carriera dimostra che si può essere campioni senza separare i successi professionali dalla vita interiore. Non significa ignorare le critiche: nel tempo è stato accusato di rigidità, di prese di posizione impopolari o controverse. Ma anche questi aspetti rientrano nella sua coerenza: non farsi modellare dalle mode, seguire la propria coscienza, restare fedele a ciò in cui crede.

Il sostegno alla famiglia di Kirk non è un episodio isolato, ma la prosecuzione naturale di un percorso. Djokovic ha creato negli anni una fondazione dedicata all’educazione dei bambini, ha finanziato progetti in Serbia e all’estero, ha utilizzato la sua popolarità per dare voce a chi non ne ha. Ciò che rende questa vicenda così significativa è però il carattere personale e intimo: non un intervento generico, ma l’assunzione di una responsabilità diretta verso una famiglia ferita. È la dimostrazione che il successo non lo ha separato dal dolore degli altri.

L’impatto di un gesto del genere va oltre la beneficenza. Quando un atleta con la visibilità di Djokovic sceglie di muoversi in prima persona, manda un messaggio a milioni di persone: lo sport non è soltanto record e trofei, ma può diventare testimonianza di vita. Il campione diventa un modello non tanto per le vittorie, quanto per l’umanità dimostrata. È un invito implicito a ripensare il ruolo pubblico degli sportivi, troppo spesso ridotti a icone commerciali.

In un mondo che consuma notizie e scandali alla velocità di un click, Djokovic appare come un’anomalia. Non perché sia privo di contraddizioni – nessuno lo è – ma perché riesce a mantenere una linea di coerenza che lega fede, famiglia e responsabilità sociale. Lo sport, vissuto in questa chiave, non è più solo spettacolo, ma spazio di testimonianza concreta.

Il gesto nei confronti dei familiari di Kirk ricorda che dietro i grandi campioni ci sono persone capaci di decisioni che non hanno nulla a che fare con la gloria sportiva, ma che forse valgono molto di più. Djokovic dimostra che la vera vittoria non è solo sollevare un trofeo, ma scegliere di farsi prossimo davanti alla sofferenza. È in questo intreccio di talento, spiritualità e solidarietà che la sua figura acquista una dimensione universale.

Alla fine, guardando a ciò che ha fatto e continua a fare, viene spontaneo pensare che il lascito più importante di Novak Djokovic non sarà soltanto conservato negli albi d’oro del tennis, ma nelle vite che ha saputo toccare con la sua umanità.

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