La tragedia di Castel D'azzano

Diritti

Ci sarà ancora un giudice a Berlino?

Riforma della procedura di sfratto per morosità (mediante decreto-legge) e riforma del recupero dei crediti (mediante disegno di legge): in entrambi i casi il giudice non è previsto.

4 Novembre 2025

Il metodo è sempre lo stesso, far parlare tutti della riforma costituzionale della Giustizia (senza però far emergere le ricadute sui cittadini), e nel frattempo minare le basi della giustizia sociale elaborando nuovi sistemi per limitare il diritto all’accesso alla giustizia soprattutto per le fasce più vulnerabili della popolazione.

E’ quello che sta accadendo con due provvedimenti importanti, uno riguarda la riforma della procedura di sfratto per morosità (mediante decreto-legge) e l’altro la riforma del recupero dei crediti (mediante disegno di legge): in entrambi i casi il giudice non è previsto, entrambi gli strumenti, se andranno in porto, aiuteranno a raggiungere gli obiettivi del PNRR riguardanti il decongestionamento del servizio giustizia. Il problema è che si priva il cittadino del servizio giustizia e si offrono meno tutele ai più fragili in caso di sfratto per morosità e recupero del credito.

Cosa prevede, stando alle anticipazioni stampa, la bozza di ddl del Governo in tema di sfratti: gli sfratti per morosità sono tanti, circa 30 mila nel solo 2024. L’idea del piano casa del governo è quella di rimettere sul mercato immobili favorendo l’affitto a lungo termine. Per fare questo bisogna snellire le procedure: niente giudice. In ipotesi di due mensilità di arretrato il proprietario di casa richiede ad un nuovo soggetto “Autorità per l’esecuzione degli sfratti” da istituire presso il Ministero della Giustizia, il provvedimento che consente all’ufficiale giudiziario di eseguire lo sfratto: 7 giorni per opporsi e 15 per pagare, 30 i giorni per dare esecuzione allo sfratto prorogabili ad un massimo di 90 giorni. Sono previste eccezioni per chi ha ISEE inferiore ai 12 mila euro, per chi ha perso il lavoro o affronta una separazione o una malattia grave.

E tutti gli altri? Quelli che ad esempio hanno un ISEE a 15mila o 20 mila con famiglia numerose o anziani o disabili? Semplice: è bomba sociale. La nascente Aes procederà a coordinarsi con i servizi sociali per offrire soluzioni abitative alternative. E dove sono?

Quando al Meeting di Rimini (importante convention di cattolici) la premier ha annunciato importanti provvedimenti per l’emergenza abitativa i partecipanti hanno accolto l’annuncio con fragorosi applausi. A pensarci adesso alle stesse persone dovrebbero venire invece i brividi lungo la schiena.

L’emergenza abitativa è la punta di un icerberg che si continua a sottovalutare. Il tema oramai non riguarda più solo le famiglie o i nuclei particolarmente fragili per reddito o per problematiche sociali (seppure il rischio di povertà assoluta non accenni a diminuire come certifica costantemente l’Istat che per 2024 pone in povertà assoluta 5,7 milioni di persone).

L’emergenza, soprattutto nelle città anche medio piccole, si è estesa oramai anche a fasce sociali che un tempo potevano sentirsi garantite dall’avere uno stipendio stabile, a tempo indeterminato nel privato o anche nel pubblico. Adesso non è più così perché il costo dell’abitare (tra affitto o mutuo, condominio e bollette a seguito di una crisi energetica non ancora rientrata) è diventato esorbitante. Una conferma tra le tante viene anche dalla Fondazione Antiusura della diocesi di Roma che ha presentato il suo rapporto annuale (www.antiusuraroma.it) e descrive una situazione della capitale e provincia da cui emerge che il 38% dei richiedenti aiuto si colloca in una fascia di alta vulnerabilità caratterizzata dall’essere nuclei familiari monoreddito, prevalentemente da lavoro dipendente privato (39%) e dipendente pubblico (13%) e da pensione (16%) con reddito medio mensile di euro 1.400,00 circa con soluzione abitativa in affitto per 85% con un peso dell’affitto pari mediamente al 25% del reddito. E’ lavoro povero.

Basta un conguaglio della bolletta del gas e una spesa imprevista e necessaria a mandare in crisi una famiglia che deve scegliere tra pagare l’affitto, non farsi staccare la luce o il gas o decidere se eseguire o non eseguire esami diagnostici urgenti (magari nel privato visti i tempi di attesa delle TAC nel pubblico).

Ebbene, il tema allora è integrare le politiche del lavoro e dei diritti sociali all’interno di un quadro di tutele adeguate e costituzionalmente garantite.

Sempre facendo riferimento ai recenti dati della Fondazione Salus Populi Romani emerge, per 282 prese in carico, un totale di debitoria analizzata pari a 22,9 mln di cui circa 4 milioni di natura non finanziaria che si compone per 203.000 euro per fitti arretrati, 156.000 debiti con condominio, 2 milioni fisco e tributi, 31.000 utenze, 360 mila circa spese sanitarie e con professionisti vari. Oltre 7 i milioni di debiti deteriorati per i quali è imminente il rischio della vendita all’asta della casa.

Sono persone a rischio usura, una realtà che si ignora di cui nessuno parla: si parla invece di 7 giorni per contestare un provvedimento di sfratto che non ha emesso una autorità Giudiziaria, 15 per pagare due affitti arretrati. Se qualcuno ti offre liquidità immediata l’accetti per non vederti in mezzo a una strada, si chiama usura di prossimità.

E’ evidente che il proprietario di casa va tutelato come prevede la Costituzione ma non riducendo le tutele di altri ma garantendo i diritti di tutti i cittadini con politiche pubbliche adeguate e lungimiranti.

E quali sono le politiche pubbliche per la casa e più in generale per i costi dell’abitare? Forse qualche bonus o l’accesso al Fondo Emergenza abitativa per chi riesce ad accedervi ma sono una goccia nell’oceano, e come se non bastasse il piano casa del governo prevede che non sia un giudice ad accertare la morosità e la condizione effettiva della famiglia ma un soggetto amministrativo tutto da scoprire…..

E se bisogna recuperare un credito? Via anche in questo caso il giudice che emette il decreto ingiuntivo dopo aver verificato la legittimità del diritto al credito, sarà sufficiente una intimazione dell’avvocato del creditore che, se non opposta entro 40 giorni, potrà costituire titolo esecutivo per procedere. E’ in sostanza quanto prevede il DDL 978 in discussione al Senato recante “Modifiche al Codice di procedura civile in materia di procedimento sommario per l’effettiva realizzazione del credito”. Si tratta di una nuova modalità di recupero del credito che estromette il ruolo del giudice nell’accertamento documentale del credito facilitando l’esecutività del titolo vantato.

L’avvocato del creditore, nei limiti della competenza di valore del giudice di pace, può emettere atto con il quale intima il pagamento della somma entro il termine di quaranta giorni, da notificarsi unitamente ai documenti giustificativi del credito in copia conforme all’originale, con espresso avvertimento che nel medesimo termine può essere fatta opposizione avanti al Giudice di Pace. In mancanza di opposizione si procederà a esecuzione forzata. Sono esclusi i crediti scaturenti da contratti bancari o dalla cessione dei medesimi, ma è compreso tutto il resto, tra cui i crediti da recuperare nei confronti dei consumatori. Viene meno così la tutela prevista in ipotesi di emissione di decreto ingiuntivo scaturente ad es da contratti di fornitura costituita dal controllo d’ufficio da parte del giudice sulla presenza di eventuali clausole abusive dei contratti per adesione come previsto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n. 9479/2023). Ma aldilà della tutela specifica del giudizio monitorio in caso si rivesta la qualifica di consumatore, quante persone saranno realmente in grado di comprendere che l’intimazione dell’avvocato di parte può trasformarsi rapidamente in atto esecutivo? E quale sarà il costo di tutto questo in termini non solo economici ma anche di riduzione della tutela? Ricordiamo che la tutela dei diritti dei consumatori può essere esperita anche nelle sedi di conciliazione implementate nel corso degli anni dalle diverse Autorità di Regolazione ( es ARERA, AGCOM) ove spesso si verifica la necessità di rettifica di documenti di fatturazione che possono prevedere diverse tipologie di errori e di necessari ricalcoli.

Ci sarà ancora un giudice a Berlino? Quanti diritti dovremo sacrificare ancora sull’altare del PNRR? Quando abbiamo deciso di eliminare dal nostro orizzonte culturale la tutela dei fragili, e soprattutto, da destra a sinistra, come è stato possibile?

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