Diritti
Il caso del sabotaggio della rivista RISTRETTI ORIZZONTI
Il Ministero della giustizia, nell’attuale desolante disastro delle carceri italiane, riesce anche nell’impresa di boicottare chi lotta con successo per migliorare le cose
Due milioni di ascolti con il podcast, poi uno spettacolo teatrale e poi un libro.
E’ il successo strepitoso di IO ERO IL MILANESE, la storia realizzata da Mauro Pescio, attore teatrale e autore radiofonico che ha firmato la narrazione della storia di errori e rinascita di Lorenzo S., rapinatore seriale di banche oggi mediatore ed esperto in giustizia riparativa.
Tutti quanti hanno ascoltato o letto la vicenda di Lorenzo hanno avuto modo di conoscere la rivista carceraria “Ristretti orizzonti”.
Proprio al lavoro giornalistico presso questo periodico, Lorenzo deve la sua maturazione e il suo cambiamento.
“Ristretti Orizzonti” è il titolo di una rivista nata nel 1997 dall’incontro tra un gruppo di volontari e alcune persone detenute della Casa di reclusione Due Palazzi di Padova, il cui editore è l’associazione di volontariato Granello di Senape di Padova. Ha tra i suoi principali obiettivi: la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle tematiche delle pene e del carcere; la promozione di progetti finalizzati all’inclusione di detenuti ed ex detenuti, potenziando le misure alternative alla detenzione; la prevenzione della devianza e l’educazione alla legalità tra i giovani. Si tratta, principalmente, di una vera e propria redazione giornalistica composta da persone detenute e da volontari esterni con diverse professionalità (insegnanti, giornalisti, esperti di informatica, fotografi) che gestisce una rivista bimestrale, un sito internet, una agenzia nazionale di informazione, un Centro di documentazione, numerosi libri di testimonianze, progetti di formazione e sensibilizzazione, e molte altre iniziative di diffusione locale e nazionale. L’agenzia di informazione, la rivista, il sito web, il Centro di documentazione, sono diventati fonti di informazioni spesso insostituibili e seguite quotidianamente da tutta Italia, sia da un pubblico di operatori privati sia dalle istituzioni locali e nazionali.
Sarà che ha come sottotitolo la dichiarazione MENO CARCERE=PIU’ SICUREZZA (l’esatto contrario di quanto pomposamente annunciato e perseguito dall’attuale governo con il consenso entusiasta della maggioranza degli italiani), proprio questa rivista in questi giorni si trova sotto attacco da parte del Ministero della giustizia.
E’ una denuncia argomentata dal POST (qui) in maniera precisa.
Un boicottaggio incomprensibile e autolesionista per un lavoro di eccellenza che nel panorama carcerario italiano afflitto da problemi gravissimi è qualcosa che andrebbe invece promosso e favorito.
Al contrario su un sistema al collasso si vede bene di disporre un ulteriore carico con l’approvazione dell’ultimo decreto SICUREZZA (sic): «i nuovi reati – dall’omicidio nautico al cyberbullismo – e le aggravanti introdotti dal Governo Meloni produrranno un enorme aumento dei periodi di reclusione. Dai rave party al decreto sicurezza, il governo Meloni sembra avere due filoni chiave: introdurre nuove norme e inasprire le pene. Secondo i calcoli di autorevoli penalisti, che prendono a riferimento i reati più importanti, le modifiche introdotte prevedono, in più rispetto alla legislazione precedente, da un minimo di quaranta ad almeno duecento anni di reclusione. Per gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, che prendono in considerazione anche il rafforzamento della cybersicurezza e l’omicidio nautico, si superano i quattrocento anni di carcere» (Irene Famà, La Stampa, 16 giugno 2025).
Quanto denuncia l’associazione Antigone con i suoi rapporti annuali (qui l’ultima edizione) non viene raccolto né valorizzato.
Stiamo seppellendo con programmata azione politica e propaganda adeguata alla raccolta di consenso per la causa, quanto Voltaire ricordava ai suoi contemporanei: «Il grado di civiltà di un paese si misura osservando la condizione delle sue carceri».
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