Diritti
Il giudice Kavanaugh sorride a Trump: lo scontro con Sotomayor sui diritti dei Latinos
La Corte Suprema ha recentemente legittimato le retate di migranti a Los Angeles permettendo agli agenti di usare il profilo razziale o etnico incluso l’uso della lingua spagnola come pretesto per detenzioni. (Foto: il giudice della Corte Suprema Brett Kavanaugh con Donald Trump)
Nel 2023 la Corte Suprema americana eliminò i programmi di “affirmative action” che misero fine alla leggera preferenza che le università concedevano all’ammissione di studenti di gruppi minoritari. I criteri di ammissione non si basavano solo sull’appartenenza a una certa etnia o gruppo razziale ma questi fattori erano anche considerati per cercare di correggere squilibri storici e favorire gruppi svantaggiati. La Corte Suprema decise che l’affirmative action violava i diritti degli studenti bianchi perché non rispettava il Quattordicesimo Emendamento della Costituzione.
Adesso la Corte Suprema ha assestato un altro colpo ai gruppi minoritari decretando che l’amministrazione Trump può continuare le retate di migranti usando i sospetti di razza, etnia, o lingua per le detenzioni che avvengono a Los Angeles. La decisione della Corte Suprema era stata causata da una denuncia della ACLU, American Civil Liberties Union, la quale sosteneva che le retate indiscriminate violano il Quarto Emendamento della Costituzione. Questo emendamento garantisce agli americani il diritto da perquisizioni irragionevoli, garantendo il diritto alla sicurezza personale e dei propri beni. L’articolo non menziona che il colore della pelle, l’etnia, la lingua parlata possono essere esclusi da questi diritti. La Corte del Distretto Centrale della California aveva dato ragione alla ACLU sospendendo le retate. La decisione di emergenza della Corte Suprema però, con un voto di 6-3, ha deciso infatti che queste caratteristiche possono rappresentare sospetti ragionevoli per detenere individui potenzialmente senza diritto di essere negli Usa legalmente. La decisione non è finale ma permette temporaneamente la continuazione delle retate indiscriminate condotte dall’Ice (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia incaricata dell’immigrazione e il controllo delle frontiere, fin quando il percorso legale delle Corti Inferiori abbiano concluso il loro iter.
Scrivendo per la maggioranza il giudice Brett Kavanaugh, uno dei tre togati alla Corte Suprema nominati da Trump, ha descritto le azioni dell’Ice a Los Angeles come “brevi fermi investigativi”. Gli individui fermati, secondo Kavanaugh, saranno rimessi in libertà in pochissimo tempo. Difficile capire in quale pianeta vive il giudice Kavanaugh. I media negli ultimi mesi ci hanno informato con video e rapporti che le retate condotte dall’Ice sono spesso brutali. Gli agenti, a differenza di altre forze dell’ordine, si coprono il volto con maschere, dando una chiara impressione di sequestrare persone da strade, posti di lavoro, scuole, ristoranti, e persino appena usciti da aule di tribunali dove si recano per sbrigare pratiche di immigrazione. Difficile credere che Kavanaugh non sia al corrente. Impossibile credere le sue parole specialmente quando la stessa Corte Suprema con un voto di 9-0, incluso quello di Kavanaugh, alcuni mesi fa decise che il migrante Kilmar Abrego Garcia del Guatemala era stato deportato illegalmente a El Salvador. La Corte Suprema decise che l’amministrazione doveva facilitare il suo ritorno dalle orribili carceri perché era stato deportato illegalmente. Dopo tre mesi Abrego Garcia è stato riportato negli Usa dove però continua il suo calvario con altre accuse del governo. Numerosi altri casi di individui abusati e deportati sono emersi negli ultimi mesi e in alcune situazioni sono stati minacciati di deportazione in Paesi africani dove questi individui non hanno nessun legame.
Ma al di là della superficiale giustificazione di Kavanaugh sta di fatto che detenere individui per il semplice fatto di parlare spagnolo, di fare lavori manuali, per il colore della loro pelle dovrebbe essere platealmente illegale non solo come principio ma anche perché queste retate spesso includono cittadini americani. Se alcuni di questi individui non hanno documenti legali in tasca che in America non sono necessari eccetto in casi specifici, vengono detenuti. Il censimento ci informa che negli Usa 65 milioni di americani sono classificati come Latinos che potrebbero essere detenuti. E non si tratta solo di Latinos. Anche altri individui di colore di diverse parti del mondo possono essere facilmente sospettati e detenuti. La maggioranza dei 200 mila migranti deportati durante il secondo mandato di Trump sono di origini ispaniche ma altri migranti cinesi, indiani e africani sono stati espulsi.
Non sorprende dunque il dissenso della giudice liberal Sonia Sotomayor la quale ha scritto che non dovremmo “vivere in un Paese in cui il governo può sequestrare chiunque abbia un aspetto latino, parli spagnolo e sembri svolgere un lavoro sottopagato”. La giudice Sotomayor ha ribadito l’importanza di rispettare le “libertà costituzionali” invece di buttarle via.
“Non si tratta di far rispettare le leggi sull’immigrazione, ma di prendere di mira i latinoamericani e chiunque non assomigli o non parli come l’idea di americano di Stephen Miller, compresi cittadini e bambini statunitensi, per danneggiare deliberatamente le famiglie e le piccole imprese della California”. Questa la reazione di Gavin Newsom, il governatore della California, che negli ultimi mesi è divenuto una delle poche voci che contrasta le azioni autoritarie di Trump. Più dura e non imprecisa la reazione di George Galvis, direttore esecutivo delle Communities United for Restorative Youth Justice (CURYJ), un’associazione dedicata a proteggere politiche che criminalizzano i giovani. In un’intervista a Anita Chabria del Los Angeles Times, Galvis ha dichiarato che si tratta veramente di subordinazione razziale….. che promuove la supremazia dei bianchi”.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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