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Donald Trump

America

Quantico, la svolta militarista di Trump: «Risveglierò lo spirito guerriero»

di redazione

Nel vertice straordinario con centinaia di generali a Quantico, Trump e Hegseth impongono la fine della «cultura woke» nelle forze armate. Una nuova era militarista prende forma tra retorica bellica e purga del comando.

30 Settembre 2025

Nel cuore della base dei Marine a Quantico, Donald Trump ha ufficialmente dato il via a una nuova stagione della politica militare americana. Davanti a una platea composta da centinaia di generali e ammiragli, e galvanizzato dall’accettazione del suo piano per Gaza da parte del premier israeliano Bibi Netanyahu, il presidente Usa ha parlato di «spirito guerriero da risvegliare» e ha proclamato la fine della «debolezza woke» nelle forze armate. Con lui, il segretario alla Difesa – ora anche formalmente «segretario della Guerra» in contesti cerimoniali – Pete Hegseth, che ha annunciato una riforma radicale della leadership e degli standard militari.

Hegseth ha dato voce alla nuova dottrina con toni categorici: «L’era della leadership politicamente corretta, ipersensibile e preoccupata di non ferire i sentimenti di nessuno finisce oggi, a ogni livello.» Ha denunciato la promozione di ufficiali «per le ragioni sbagliate», citando razza, genere e «primati storici» come criteri ormai inaccettabili. «Se non siete d’accordo, dimettetevi», ha detto rivolgendosi direttamente ai presenti, aggiungendo che sarà ridotto il numero di generali e che saranno rimosse «le protezioni contro le molestie troppo severe».

Trump, che ha firmato il 5 settembre l’ordine esecutivo per il ritorno ai termini «Department of War» e «Secretary of War» nelle comunicazioni ufficiali non legali, ha definito l’attuale denominazione «un’eredità della cultura woke», ricordando come «gli Stati Uniti vincevano le guerre quando il Dipartimento si chiamava Guerra».

Nel suo discorso, il presidente ha messo l’accento anche sulla supremazia strategica americana: «In fatto di sottomarini siamo 25 anni avanti rispetto a Russia e Cina.» Ha aggiunto: «Siamo stati un po’ minacciati dalla Russia di recente, e io ho inviato un sottomarino nucleare. L’arma più letale mai prodotta. La numero uno, non si può individuare. Non c’è modo.» E ancora: «Abbiamo il meglio, le armi più nuove, ma è qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare. Spero di non doverlo mai usare.»

Il tono generale dell’incontro, però, ha sollevato più di qualche sopracciglio, anche tra gli stessi ufficiali presenti. Il raduno – convocato senza preavviso e reso obbligatorio per centinaia di comandanti in servizio attivo, anche da aree di conflitto – è stato percepito da alcuni come un’imposizione scenica più che una necessità operativa. «Vogliamo la guerra perché non vogliamo guerre, ma bisogna esserci e, sapete, a volte bisogna farla», ha detto Trump con una frase tanto d’impatto quanto ambigua.

Hegseth, nel delineare il nuovo «ethos del guerriero», ha parlato di standard fisici unificati: «Basta con test differenziati, dobbiamo adottare standard da uomo combattente.» Ha anche condannato l’approccio degli anni precedenti alla disciplina militare, promettendo una linea più permissiva sulle pratiche che in passato venivano considerate inaccettabili: «Siamo andati troppo oltre nel proteggere chi non era pronto alla pressione del combattimento.»

In mezzo a questa coreografia muscolare, tuttavia, trapela un certo nervosismo. Alcuni comandanti, pur senza dichiarazioni pubbliche, avrebbero espresso disagio per una visione che appare più ideologica che strategica. Il messaggio è chiaro: o ci si allinea o si lascia il posto.

Trump, chiudendo l’incontro, ha riassunto la sua dottrina in poche parole: «L’esercito americano deve essere il più letale e dominante del pianeta. Non solo per pochi anni, ma per i decenni e le generazioni a venire». Poi, rivolgendosi ai generali con tono ironico, ha aggiunto: «Non ho mai avuto un pubblico così silenzioso». Probabilmente, si stavano chiedendo se erano di fronte all’ennesima smargiassata dell’amministrazione Trump o se invece erano testimoni di una svolta storica.

Dietro la spettacolarità dell’evento, però, resta una domanda irrisolta: questa nuova stagione del Pentagono sarà davvero guidata da strategia e competenza, o si trasformerà in un esperimento di fedeltà personale e narrativa bellica? In gioco non c’è solo la forma del comando, ma la sostanza della leadership militare americana.

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