
Immigrazione
Dal Sahara alle piazze d’Europa: perché gli accordi agricoli sono una risposta alle sfide migratorie
Negli ultimi anni il Sahara marocchino è diventato sempre più un punto di interesse economico e politico, non solo per il Regno del Marocco, ma anche per i suoi partner internazionali. Una conferma significativa arriva dall’Unione Europea, che ha ribadito come i prodotti agricoli provenienti dalle Province del Sud del Marocco possano beneficiare delle tariffe preferenziali previste dall’Accordo di Associazione tra Rabat e Bruxelles.
Questa decisione, più che un dettaglio tecnico-commerciale, ha un forte valore politico e simbolico. In sostanza, l’Europa riconosce che le stesse condizioni di accesso al mercato applicate ai prodotti agricoli del Nord del Paese sono valide anche per quelli provenienti dal Sahara marocchino. Un gesto che va oltre la mera economia e si inserisce in un quadro più ampio di legittimazione delle politiche di sviluppo promosse dal Regno nelle sue province meridionali.
Ma non è su questo aspetto che voglio soffermarmi. Questo accordo è piuttosto un pretesto per allargare lo sguardo. Perché, al di là delle dinamiche diplomatiche, i commerci agricoli sono – e restano – un punto centrale per la crescita economica di interi continenti.
L’Europa e le sue contraddizioni
Oggi la parola d’ordine di molte destre europee è “reimigrazione”: ridurre, respingere, chiudere. Ma se c’è una lezione che la storia recente ci ha consegnato è che i muri non fermano le persone spinte dalla necessità. Solo il lavoro e lo sviluppo nei Paesi di origine possono ridurre le migrazioni irregolari, salvando vite in mare e restituendo dignità a intere comunità.
Accordi come quello tra l’UE e il Marocco vanno esattamente in questa direzione: rafforzare il commercio, sostenere la produzione locale, creare valore economico e posti di lavoro. Perché un giovane che trova opportunità nella sua terra difficilmente rischierà la vita su un gommone.
Marocco, Senegal e oltre: il futuro dell’Africa è già qui
Non è solo una questione marocchina. Penso anche al Senegal, al Ghana, alla Costa d’Avorio. Paesi dove l’agricoltura può diventare un volano di crescita, se accompagnata da investimenti, accesso ai mercati e infrastrutture adeguate. L’Europa, invece di guardare con sospetto a queste realtà, dovrebbe capire che il proprio futuro passa da lì: dalla capacità di stringere accordi commerciali equi, capaci di sostenere la crescita africana.
Non è un’utopia. L’Italia stessa, nel secolo scorso, ha vissuto dinamiche simili. Milioni di italiani sono emigrati in Europa e nelle Americhe in cerca di lavoro. Molti di loro, dopo aver trovato stabilità e opportunità, hanno fatto ritorno portando con sé conoscenze, competenze e metodi appresi all’estero. Perché non immaginare un percorso analogo per i Paesi africani di oggi?
Economia contro radicalizzazione
C’è poi un aspetto che troppo spesso viene dimenticato: lo sviluppo economico è il miglior antidoto contro la radicalizzazione religiosa e la violenza. La povertà e l’emarginazione sono terreni fertili per chi predica odio e fanatismo. Creare occasioni di lavoro, dare prospettive ai giovani, rafforzare la dignità sociale non è solo una questione economica, ma anche di sicurezza.
Ogni serra che apre in Marocco, ogni campo coltivato in Senegal, ogni prodotto che trova spazio nei mercati europei è un mattone tolto al muro della disperazione. E meno disperazione significa meno terreno fertile per chi recluta tra i più fragili.
Rompere le logiche arcaiche
È chiaro: questi accordi commerciali non sono semplici da costruire né da difendere. Spesso incontrano resistenze, sia in Europa che in Africa. Da un lato, le logiche protezionistiche e le paure identitarie. Dall’altro, burocrazie lente e interessi interni che frenano l’apertura. Ma è proprio qui che serve coraggio politico.
Sostenere tali intese significa sfidare logiche arcaiche e visioni miopi, quelle che preferiscono la chiusura alla cooperazione. Significa credere in un futuro di interdipendenza positiva, in cui la crescita di uno non è a scapito dell’altro, ma un beneficio condiviso.
Conclusione: dall’agricoltura alla geopolitica
L’accordo UE-Marocco sui prodotti agricoli del Sahara non è solo una questione di tariffe o etichette. È un tassello di una strategia più ampia che può – e deve – trasformarsi in un modello: sostenere lo sviluppo per costruire stabilità, investire in lavoro per ridurre la migrazione irregolare, aprire mercati per rafforzare la sicurezza collettiva.
Se l’Europa saprà comprendere questa lezione e applicarla con visione strategica anche ad altri Paesi africani, allora forse potremo immaginare un futuro meno dominato dalla paura e più dalla cooperazione. Perché, alla fine, il destino del continente europeo e quello africano sono intrecciati. E il successo dell’uno passa inevitabilmente attraverso il successo dell’altro.
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