Italia
Malasanità e Tabella Unica Nazionale: lo scaricabarile che tradisce la salute dei cittadini
La malasanità non è solo una questione italiana, ma nel nostro Paese assume contorni particolarmente amari: mentre si proclama a gran voce la difesa dei valori occidentali, si lascia che un tema cruciale come la salute – bene primario di ciascuno di noi – venga affrontato con superficialità e con un distacco istituzionale che sfiora il cinismo.
È lecito allora domandarsi da dove possa nascere un minimo di fiducia nelle istituzioni se proprio su ciò che dovrebbe essere la base di ogni patto sociale, la cura dei cittadini, regna la più totale disattenzione politica. Errare è umano, certo; ma perseverare nell’ignorare i problemi è diabolico. Le crisi umanitarie che scuotono l’opinione pubblica sono spesso solo la punta di un iceberg domestico che si finge di non vedere.
A riaccendere i riflettori sul tema è stato un articolo apparso su European Affairs il 1° novembre 2025, firmato dall’avvocato Gaetano Scuotto. Il titolo è eloquente: “Applicabilità retroattiva della Tabella Unica Nazionale: la Cassazione chiamata a decidere[1]”.
Da esso emerge una vicenda tanto tecnica quanto esplosiva: il Tribunale civile di Milano, con ordinanza 4915/2025, ha chiesto alla Cassazione di pronunciarsi sulla possibilità di applicare retroattivamente la Tabella Unica Nazionale (T.U.N.) per i risarcimenti delle macrolesioni sanitarie, entrata in vigore solo il 5 marzo 2025. Un nodo gordiano che intreccia diritto, assicurazioni, responsabilità medica e, soprattutto, politica.
La dottrina è divisa: c’è chi sostiene che la T.U.N. abbia portata generale e possa dunque valere anche per sinistri avvenuti prima della sua entrata in vigore; altri ritengono che debba applicarsi solo ai casi successivi. Una disputa legittima, che rientra nella fisiologia del confronto giuridico.
Ma ciò che invece appare patologico è il contesto in cui essa si inserisce.
Perché se la T.U.N. venisse applicata retroattivamente, gli indennizzi potrebbero aumentare in modo significativo rispetto alle tabelle precedenti. Questo avrebbe un impatto diretto sulle riserve tecniche delle assicurazioni e sui premi calcolati negli anni passati, aprendo scenari finanziariamente esplosivi. Il sistema assicurativo dovrebbe far fronte a esborsi molto più elevati senza aver potuto adeguare, in tempo, i premi per coprirli.
Un problema non marginale: i contratti non possono essere ritoccati retroattivamente senza accordo tra le parti. Né si può semplicemente chiedere un “conguaglio”: bisognerebbe includere anche il mancato rendimento finanziario che quelle somme avrebbero potuto generare. Un rompicapo giuridico, economico e assicurativo.
Ed è qui che emerge la vera nota stonata: la politica italiana, tutta, reagisce come troppo spesso accade. Si defila. Evita lo scontro. Non prende posizione.
Si limita a cavalcare la retorica della “tutela dei cittadini”, salvo poi scaricare sui privati – imprese e cittadini – il costo di decisioni populiste, estemporanee e prive di visione. È un vezzo antico, figlio di una cultura istituzionale che premia il mantenimento del privilegio più della soluzione dei problemi.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un sistema sanitario che affatica, che arranca, che produce 300.000 denunce l’anno per presunta malasanità, con 35.000 richieste di risarcimento per danno biologico. Ospedali obsoleti, formazione medica spesso inadeguata, digitalizzazione indietro rispetto al resto d’Europa, disparità territoriali gigantesche, corruzione sistemica che vale miliardi.
Tutto questo mentre la politica discute di tabelle, senza toccare le radici del problema.
La verità è che la T.U.N. è diventata il simbolo perfetto dell’Italia di oggi: un Paese che cerca soluzioni rapide a problemi profondi, che preferisce intervenire sull’effetto anziché sulla causa, e che continua a coltivare l’illusione di poter affrontare questioni complesse senza assumersi responsabilità.
Eppure la fiducia dei cittadini si ricostruisce così: affrontando i nodi veri, non aggirandoli; scegliendo la trasparenza anziché l’opacità; dicendo la verità anche quando è scomoda; avendo il coraggio di ammettere che la sanità italiana ha bisogno di investimenti strutturali, di formazione seria, di infrastrutture moderne e di una governance finalmente slegata dai giochi di potere.
La Cassazione deciderà sulla retroattività della T.U.N.
La politica, invece, dovrebbe decidere se vuole continuare a nascondersi o se, una volta tanto, intende fare il proprio mestiere: governare nell’interesse di chi amministra.
Se la salute resterà un terreno di scaricabarile, non potremo stupirci se la fiducia dei cittadini continuerà a precipitare. Perché la salute, a differenza della retorica, non può attendere. Nel frattempo il nodo finanziario emerso impone delle grosse scelte strategiche di cui si può trovare ampia traccia in un articolo a ciò dedicato intitolato, non a caso, “Applicabilità retroattiva del T.U.N.: un nodo gordiano giuridico-finanziario da sciogliere”[2].
[1] https://www.europeanaffairs.it/blog/2025/11/01/applicabilita-retroattiva-della-tabella-unica-nazionale-la-cassazione-chiamata-a-decidere/?sfnsn=scwspwa
[2] https://www.ofcs.it/wellness/salute/sanita-lapplicabilita-retroattiva-della-tabella-unica-nazionale/#gsc.tab=0
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