Mondo

Gli “alleati” di Oriente

Da un lato il Paese leader del Sud America, con le sue contraddizioni e il suo ruolo di “volto amichevole” dei BRICS; dall’altro l’economia più forte dell’Asia, che cerca alleati in chiave antiamericana. Così si consolida l’ amicizia (per modo di dire) tra Cina e Brasile.

27 Novembre 2025

Questo articolo è stato pubblicato sulla newsletter PuntoCritico.info il 13 Ottobre 2025

«La Cina non ha alleati, salvo forse per la Corea del Nord, perché non considera gli altri Paesi alleati, ma partner strategici; e la stessa cosa vale per il Brasile». A darmi la sua prospettiva, di giornalista e brasiliano, è Igor Patrick, colonnista del Folha de Sao Paolo ed esperto di relazioni bilaterali tra Asia e Brasile. Dalle pagine di uno dei maggiori quotidiani del Paese del “socialismo” lulista, segue tra gli altri temi anche i rapporti tra il Dragone e il Brasile, e nelle ultime settimane ha seguito anche le mosse del presidente Lula da Silva a New York per l’incontro annuale dell’Assemblea Generale dell’ONU.

Quella tra Brasile e Cina è una relazione di mutuo beneficio, economico e diplomatico. Il Brasile è il volto “umano” dei BRICS, soprattutto in termini di ambiente ed ecologia: un paese che ha investito pesantemente nelle energie rinnovabili, che ha ribadito l’obiettivo di ridurre le emissioni con l’energia pulita o quasi (dal solare all’idroelettrico al nucleare). «L’impegno congiunto in questo senso nasce diversi anni fa, durante la COP15 di Copenhagen del 2009 – racconta Patrick ripercorrendo il percorso diplomatico dei due Stati – quando entrambi appoggiarono la linea della “responsabilità comune, ma per vie differenziate”, il “diritto” dei Paesi in via di sviluppo di convertirsi all’energia pulita con i propri tempi e le proprie risorse. Questo perché spesso i Paesi emergenti che non si sono ancora sviluppati sotto il profilo climatico, non hanno potuto farlo anche a causa dell’eredità storica della colonizzazione»; una sorta di “credito” nei confronti dei Paesi che li hanno colonizzati e che ora vogliono imporre loro un’agenda di riconversione green. Sicuramente, per la Russia e la Cina, il Brasile è una sorta di “testa di ponte” diplomatica: presentabile, mediatore ideale tra le grandi economie emergenti e il vecchio blocco atlantista. «Il Brasile ha rapporti con la Cina ma anche con l’Europa, il Canada, e altri paesi che spaziano dalle autocrazie alle democrazie liberali». Inoltre, spiega Patrick «la Cina e il Brasile in azione congiunta cercano di agire come “attori diplomatici” tra il gruppo BRICS e l’esterno, ad esempio spingendo per una soluzione diplomatica alla guerra in Ucraina». Inoltre, il Brasile è l’unico Paese ad avere una commissione di alto livello, la COSBAN, dedicata proprio ai partenariati con il partner asiatico.

Soia, Tiktok e pannelli solari

Diplomazia, ma non solo. I rapporti tra Cina e Brasile sono anche economici, e non solo perché la Cina sta investendo molto nelle risorse rinnovabili (ad esempio con la produzione di pannelli fotovoltaici) ma anche per l’interesse di Pechino in altri settori, tra tutti l’agricoltura e l’allevamento. A monitorare gli investimenti cinesi in Brasile è il report annuale del Conselho Empresarial Brasil-China (CECB), think tank nato nel 2004 per verificare l’impatto della reciproca cooperazione e delle attività cinesi nel Paese. Anche se la pandemia ha fatto registrare un ovvio calo degli investimenti (3,1 miliardi di dollari nel quadriennio 2020-2024 contro i 6 del periodo 2015-2019) la Cina rimane un partner commerciale di primo piano per la Terra del caffè, soprattutto in ambito tecnologico ed energetico: nel 2024 infatti, secondo il CECB, il Brasile è stato il primo Paese emergente destinatario di investimenti del Dragone, e il terzo ad assorbire capitali da Pechino dopo… Regno Unito e Ungheria. Perché in fondo, varrebbe la pena di sottolineare l’ipocrisia di un certo tipo di pregiudizio europeo su queste relazioni bilaterali. «La Cina ad oggi è impegnata a fornire tecnologia e a importare energia pulita dal Brasile, e investe molto nel settore delle rinnovabili. Sicuramente, investe meno nell’estrazione petrolifera di quanto non facciano invece le compagnie europee, in particolare la britannica BP o i fondi sovrani norvegesi». L’Europa insomma, da una parte agita il fantasma cinese e critica le emissioni dei Paesi emergenti; ma quando si tratta di investire nei combustibili fossili e nella loro estrazione all’estero, è in prima linea.

Quanto al mercato agricolo, il Brasile è diventato il fornitore chiave di soia per il gigante asiatico e il primo esportatore di grano verso la Cina, anche grazie agli effetti della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti che hanno spinto Pechino a cercare nuovi mercati in America sì, ma a Sud. Uno scontro che ha da una parte agevolato i rapporti commerciali con la Cina, per il Brasile, ma che ha anche migliorato l’opinione brasiliana rispetto al partner asiatico: secondo una ricerca di Quaest, i brasiliani hanno un’opinione discretamente migliore degli investitori cinesi rispetto al passato, mentre quasi il 50% di loro oggi disapprova la condotta degli Stati Uniti nei confronti del loro Paese, in particolare la continua intromissione di Trump nell’affaire Bolsonaro che il presidente Usa ha etichettato come una “caccia alle streghe”. Ma i rapporti con la Cina non si esauriscono qui: farine di origine animale, sesamo e caffè sono altri prodotti per i quali Pechino ha aperto il mercato al suo partner BRICS anche in chiave antiamericana.

E poi c’è l’altro lato della questione tecnologica, vale a dire, oltre le infrastrutture, la tecnologia in senso stretto: satelliti, software, programmi, app. Come Tiktok, di cui Lula ha incontrato il CEO a margine del suo discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite. «Il centro che la Cina vorrebbe costruire si situerebbe a Fortaleza, che è strategica perché ha buone risorse idriche e ha già impianti fotovoltaici disponibili per l’energia. Ma l’elemento cruciale per cui c’è stato l’incontro, è una rete di cavi sottomarini che dovrebbe collegare il centro – che sarebbe uno dei più grandi del mondo – alle altre aree». Come coniugare però questo partenariato con alcune criticità, come ad esempio la sicurezza dei dati raccolti (un tema su cui spesso la Cina è stata accusata di poca trasparenza)? «Esiste un dibattito su questo tema, certo – ammette Patrick – e infatti le norme in termini di sicurezza cibernetica sono state in parte mutuate e ispirate da quelle approvate dall’Unione Europea». Ma il Brasile manca di una risorsa che l’Unione Europea ha: «il progresso tecnologico e la ricerca. In Europa è più facile trovare, a mio avviso, il terreno comune e le risorse per sviluppare tecnologie proprie. In Brasile mancano le risorse, intese anche le persone che potrebbero sviluppare le tecnologie e i soldi per pagarle». Finendo così per essere dipendenti, di fatto dall’esterno. Un paradosso per il Paese che in altri ambiti tecnologici, come l’industria aeronautica, compete con Canada e Stati Uniti. «D’altra parte, abbiamo avuto lo scandalo dei documenti hackerati e usati illegalmente in relazione al golpe, o il Caso Snowden, per cui si sa per certo che gli Stati Uniti in passato hanno spiato i propri alleati. La Cina beh – continua sorridendo – è difficile pensare che non lo stia facendo». Ma la Cina è più sicura nel caso ad esempio del verificarsi di un conflitto, gli Stati Uniti no. Poco tempo fa, in un braccio di ferro tra Governo Lula e Elon Musk, il servizio Starlink sul Brasile fu interrotto come ritorsione contro il Supremo Tribunale Federale, che aveva disposto il blocco di X, sempre una proprietà di Musk: «l’esercito si è trovato in difficoltà, nel caos, perché ad esempio i satelliti utilizzati per monitorare le attività illegali (traffico di droga e disboscamento illegale) in Amazzonia, si sintonizzano grazie a Starlink». Ecco perché Brasilia pensa ad esempio allo sviluppo di satelliti in orbita bassa con la Cina. Anche se qualche paletto è stato già messo: «Quando in Brasile è arrivato il 5G e si è parlato di come gestire le comunicazioni istituzionali sensibili, Huawei è stata inizialmente esclusa da questa tecnologia». Insomma, fiducia sì, ma fino a una certa.

Cos’è la destra, cos’è la sinistra

Oltre agli investimenti sull’energia e l’allevamento, la Cina continua a investire nel petrolio (rappresenta il 25% degli investimenti per il 2024) tecnologia e automotive, in particolare in due Stati: Minas Gerais e San Paolo, che guida la classifica degli Stati con i maggiori investimenti. E che non è, attualmente, uno stato della “esquerda”: il suo governatore è Tarcisio de Freitas, in precedenza nome forte per il post Bolsonaro, poi messo in disparte per dissapori con il figlio dell’ex presidente, oggi condannato per il tentato golpe del 2023. In generale, fa notare Patrick, «la Cina e il Brasile hanno rapporti dal 1974, quindi dieci anni dopo il golpe che diede vita alla giunta militare e al periodo della dittatura in Brasile». In questo senso, che i nuovi assetti della destra post Bolsonaro prevedano una ricomparsa di Tarcisio o la scelta di un candidato più affine ai falchi dell’area, «difficilmente i rapporti Cina-Brasile cambieranno drasticamente. In fondo durante la Cina ha mantenuto rapporti con governi di destra conservatori del sud America anche alleati degli Stati Uniti, come la presidentessa del Messico pre-Obrador Jeanine Áñez».

La destra inoltre ha due campi sociali di riferimento nell’elettorato: gli evangelici e l’industria agricola e dell’allevamento. E ai secondi in particolare i cinesi come soci in affari non dispiacciono poi tanto. «Anche se fosse confermato Ratinho Junior (governatore dello stato del Paranà ndr) come nuovo leader della destra, è difficile che il suo elettorato di imprenditori chieda di chiudere i rapporti con un partner che assorbe il 35% delle esportazioni brasiliane. Era già successo proprio durante il governo Bolsonaro: nonostante i rapporti cordiali con la Casa Bianca e un’apparente freddezza verso Pechino, i rapporti commerciali erano comunque molto buoni. La ministra Tereza Cristina (ministra dell’Agricoltura, Allevamento e Approvvigionamenti nel 2019 e oggi Presidente della Commissione Relazioni Internazionali del Senato aveva tenuto a specificare, per calmare gli animi, quanto fossero ottimi e solidi i rapporti con la Cina». Insomma, la differenza Destra-Sinistra sulla questione Cina vs Stati Uniti, in Brasile «non è poi così definita».

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è anche piattaforma di giornalismo partecipativo

Vuoi collaborare ?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.