AUDI: partito il processo per far piena luce sulle responsabilità nel dieselgate

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1 Ottobre 2020

“Desideriamo presentarvi le nostre attuali e future soluzioni diesel, che sono una parte importante dei nostri sforzi per veicoli puliti ed efficienti. … Abbiamo ridotto le emissioni di oltre il 95%”, il procuratore Dominic Kieninger inanella questo ed altri slogan con cui la AUDI tra il 2008 ed il 2016 ha promosso sul mercato i suoi motori etichettati come “clean diesel”. Al banco degli accusati, di fronte ai giudici della quinta camera per i reati finanziari del Tribunale di Monaco di Baviera, Rupert Stadler, l’ex amministratore delegato 57enne dell’azienda di Ingolstadt dal gennaio 2007 e l’ottobre 2010 insieme a Wolfgang Hatz manager che ha diretto il dipartimento di sviluppo aggregati sia di Audi che di Volkswagen ed era membro del consiglio di amministrazione di Porsche, e gli ingegneri Henning Lörch e Giovanni Zaccheo Pamio. All’ingegnere italiano 64enne di Poirino (Torino) residente a Karlsruhe, che dal novembre 2002 all’inizio di novembre 2015 ha diretto la sezione dedita alla diagnostica di bordo del trattamento termodinamico degli scappamenti dei diesel Audi, la procura tedesca addebita un ruolo determinante nello sviluppo delle diverse strategie adottate per fare apparire gli scarichi dei motori diesel idonei a superare le direttive ambientali obbligatorie sul mercato statunitense, a partire da quelle più rigide in vigore in California, per poi estenderne l’applicazione anche ai motori montati sui veicoli venduti in Europa. Ed i motori Audi erano impiegati anche in alcuni modelli Volkswagen e Porsche. I tre tecnici sono accusati di avere coscientemente e coordinatamente ingannato gli enti di motorizzazione sia negli USA che in Europa ed i consumatori perché erano coscienti che altrimenti non avrebbero potuto produrre veicoli conformi alle norme antinquinamento e per assicurarsi anche cospicui benefit aziendali. Viene loro ascritta in concorso l’immissione sul mercato di 434.420 vetture inidonee alla circolazione, di cui 77.894 esportate negli Stati Uniti, 210 casi di false dichiarazioni in atti e 118 di pubblicità ingannevole. Gli acquirenti americani non hanno più potuto rivendere le loro vetture, un danno pari al prezzo di acquisto di oltre 3,1 miliardi di euro, mentre in Europa ai compratori è stato possibile intervenire con nuove messe a punto ma il danno è stato comunque di almeno 81 milioni di euro. Lo scandalo alla capogruppo Volkswagen è già costato 32 miliardi di euro, la maggior parte 23 miliardi di dollari di multe e danni negli USA le cui autorità avevano anche chiesto l’estradizione dell’ingegnere italiano. La lettura dell’atto di accusa di 92 pagine corredato di una serie di tabelle precise a corredo delle imputazioni è durata oltre sei ore.

A Rupert Stadler non viene attribuito un ruolo promotore nella truffa ma comunque di non essere intervenuto pur sapendo delle irregolarità già contestate alla Volkswagen negli Stati Uniti, anzi di avere lasciato che per anni si proseguisse nel lancio di nuovi modelli, promuovendo solo indagini superficiali per verificare se anche le Audi avessero del software idoneo a ridurre nei test le emissioni invece realmente emesse su strada. Avrebbe inteso assicurare il successo del gruppo per godere in prima persona degli scatti di gratifiche. Gli inquirenti ritengono l’ex manager responsabile di 89.230 casi di truffa indiretta, 31.168 di truffa per omissione, 21 di certificazioni false e 12 di pubblicità ingannevole.

Il presidente della Corte il giudice Stefan Weickert ha già indicato che dagli atti non appare che Stadler abbia avuto un ruolo attivo nella truffa ma gli sarebbe contestabile l’omissione di controllo sfociata nel reato di truffa indiretta e che un danno patrimoniale può insorgere anche nei confronti di altre aziende in un gruppo. L’ex manager, d’altronde, si è sempre detto estraneo ai fatti affermando di essere stato egli stesso tratto in inganno. Uno dei suoi due difensori, l’avvocato Thilo Pfordte, in apertura del dibattimento ha chiesto ai giudici di dichiarare se essi o loro familiari tra il 2009 ed il 2020 abbiano posseduto od avuto in leasing veicoli con motori diesel Audi o Volkswagen, il che li renderebbe ricusabili. La Corte fornirà la risposta alla prossima udienza il 6 ottobre. In quell’occasione ci si aspetta che i due ingegneri Pamio e Lörch, che nel corso delle indagini hanno già collaborato con gli inquirenti, prendano posizione sulle imputazioni rafforzando l’impianto accusatorio: Wolfgang Hatz per anni avrebbe dato il placet alle manipolazioni e Rupert Stadler non avrebbe fatto nulla per impedirle. L’ingegner Pamio peraltro aveva rinunciato a fare causa per il suo licenziamento nel 2015 siglando un accordo compensativo che potrebbe avere incluso una causa di riservatezza.

Il processo iniziato il 30 settembre si svolge nell’aula bunker del carcere di Monaco di Baviera perché è la più ampia di cui goda la giustizia bavarese, ma con la sua torretta di guardia a fianco dell’ingresso vale pure a monito per gli accusati. Tre di loro erano già stati sottoposti a detenzione preventiva. Per il reato di concorso in truffa, falso in atto pubblico e pubblicità ingannevole rischiano da 6 a 10 anni di carcere. Sono ora tutti a piede libero, ma i giudici hanno chiarito che per pause nel processo superiori a due settimane potrebbero essere di nuovo sottoposti ad obbligo di firma in commissariati di polizia.

Per seguire il dibattimento si sono accreditati 280 giornalisti di 27 testate a fronte di appena 10 posti in aula e 18 in due sale stampa loro riservati. Pochi a causa delle esigenze sanitarie per la pandemia Covid e per assicurarsi l’ingresso tre inviati di un’agenzia hanno campeggiato fuori dalla sede del processo già da mezzanotte e mezza del giorno prima. Sono state raccolte oltre 51.700 pagine di atti di indagine e fissate udienze fino al dicembre 2022.

L’anno prossimo potrebbe trovarsi sul banco degli imputati anche l’ex manager di Volkswagen Martin Winterkorn, la Procura di Braunschweig ne ha chiesto il rinvio a giudizio, ma l’ex amministratore delegato 95enne ha problemi di salute e potrebbe scongiurare il processo.

Dopo che in California anche in Baviera il Governatore Markus Söder ha proposto il fermo alle vendite delle auto con motori diesel e benzina entro il 2035 i processi ai manager per aver lasciato che sul mercato giungessero veicoli più inquinanti del dovuto possono essere letti anche come accusa ai ritardi dell’industria automobilistica tedesca. Volkswagen cerca ora di recuperare avviando joint venture da 15 miliardi con tre aziende cinesi per lanciare modelli interamente elettrici entro i prossimi dieci anni, ma persino Rupert Stadler pare distanziarsi dai modelli del gruppo di Wolfsburg, per raggiungere l’aula del processo ha usato una Mercedes.

 

 

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TAG: audi, dieselgate, Rupert Stadler, volkswagen
CAT: Auto, Giustizia

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