La Camera proroga i precari siciliani. La spending review può attendere
Roma – Era stato presentato il 12 novembre in Commissione Bilancio della Camera l’emendamento n.21.64 alla legge di stabilità 2015. Firmato dai deputati dem siciliani, on. Capodicasa in testa, puntava ad ottenere una deroga ai limiti del d.l. D’Alia n. 101/13, convertito in l. n. 125/2013, in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari degli enti locali delle Regioni a Statuto speciale.
Un iter travagliato quello della proposta democratica a trazione siciliana. Dichiarato inizialmente inammissibile per estraneità di materia, è stato riammesso alla discussione e nel pomeriggio di ieri finalmente approvato. Un lieto fine scontato, però, vista la levata di scudi bi-partisan che lo hanno protetto fino alla votazione di ieri: dagli esponenti di Fi in commissione, che ne volevano scongiurare la bocciatura, fino al Viceministro del Mef Enrico Morando, che da sempre aveva rassicurato sugli ostacoli iniziali.
Senza l’approvazione dell’emendamento, il 31 dicembre quasi 22 mila dipendenti precari degli enti locali siciliani avrebbero rischiato il posto, non avendo le casse della Regione Sicilia i fondi necessari per garantire la proroga annuale dei contratti.
Ancora una volta Roma interviene dove Palermo non riesce, non sa o non vuole.
Infatti, il d.l. 101/2013 del Ministro della Funzione Pubblica D’Alia aveva imposto la fine del 2014 come deadline perchè gli enti locali procedessero alla stabilizzazione nell’organico dei dipendenti precari.
Peccato che nessun comune siciliano abbia provveduto, come imponeva il decreto, a stanziare i fondi necessari e a revisionare le piante organiche. L’ennesimo trattamento di favore, che procrastina di un altro anno le responsabilità del governo isolano, ormai incapace di attendere anche all’ordinaria amministrazione, e cronicizza una situazione prossima al collasso.
E così la Regione Sicilia, protetta dalle prerogative di una riconosciuta esigenza di maggiore autonomia, avrà un altro anno per adeguarsi alle leggi nazionali. Una rivoluzione, quella di Crocetta, fatta dalle “pezze” di Roma. Le stesse che continuano a garantire alla Sicilia di rinviare sine die le riforme e le permettono di camminare sull’orlo dell’abisso del default.
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