Caso Parma, per esperienza personale dico: staccate la spina

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25 Febbraio 2015

Trattasi di autentico accanimento terapeutico. Non esistono parole altre per dirlo. La vicenda del Parma Calcio e della farsa all’italiana che da mesi lo coinvolge, trascinandolo verso l’oblio, è disgustosa e oscena. Quindic’anni fa sul prato verde del Tardini sfilavano artisti del pallone del calibro di Fabio Cannavaro, Lilian Thuram, Gianfranco Zola. Coppe Uefa come se piovesse, campionati da prima donna, una piazza sempre corretta e trascinante.

Oggi cosa rimane di tutto quel (finto) benessere? Centinaia di giocatori a libro paga, debiti per centinaia di milioni di euro e centinaia di promesse mai mantenute. Come se non bastasse, l’offesa più grande arriva con l’ultimo burattinaio in ordine di tempo, quel Manenti che tutto pare fuorché un amante dello sport, del calcio, del Parma. Promesse, promesse e ancora promesse. La mente corre indietro nel tempo; ma neppure troppo. Siamo nel 2010 ed io, giovane cronista di sport nordestino, vengo chiamato dal Corriere del Veneto per seguire la favola sportiva del Portogruaro Calcio, che nel giro di un pugno d’anni passa dall’anonimato del dilettantismo alla serie B.

L’entusiasmo tra le vie di questa cittadina di 30mila abitanti è alle stelle. Il campionato scorre tra alti e bassi ma le sfide con Torino, Siena e Atalanta fermano un intero paese, che si ritrova allo stadio per dei sabati pomeriggio da leggenda. Tutto bello? Non proprio! Tra le curve di questa favola ci sono delle incrostazioni che incominciano a corrodere, fino a bucare le fondamenta. La società si indebita, l’acqua sale alla gola, la pressione aumenta e nel maggio del 2011 i risultati sono: Portogruaro retrocesso e società sull’orlo del fallimento.

E’ a questo punto, tuttavia, che il dramma si fa tragedia. Perché non mollare? Perché non lasciare ad altri l’onore e l’onere di ripartire? Nulla di tutto ciò. La società si incaponisce, vuole riprende il bandolo della matassa e ricominciare. Passano due anni d’inferno, dove il club diviene terra di conquista, i fasti della B svaniscono impallidendo e tutto si consuma.

Che dire, insomma? Se Manenti vuole veramente il bene di Parma e della sua squadra di calcio allora è meglio che molli finché è in tempo, prima che la macchia d’olio si allarghi, facendo ulteriori danni.

@giulio_serra

TAG: calcio, fallimento, manenti, Parma, sport
CAT: calcio

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