Storie di calcio, mare e profughi tra Grecia e Turchia

2 Aprile 2019

Il mar Egeo è una delle tante cose che separa oggi la Grecia e la Turchia. Questo mare può essere il simbolo di una rivalità secolare fra due popoli che si sono incontrati per la prima volta tanto tempo fa. Dall’XI secolo le popolazioni turche si erano cominciate a muovere verso l’Anatolia e nell’arco di alcuni secoli sono giunte alla conquista di Costantinopoli, nel 1453. La superiorità turca si è presto concretizzata nell’occupazione della nazione greca, che ha ritrovato la libertà soltanto nella prima parte dell’Ottocento, con una guerra d’indipendenza che ha affascinato l’Occidente, travolto dai nuovi ideali romantici. Le tensioni, però, non sono calate neanche nel Novecento, culminate nella guerra degli anni 1919-1922, conclusasi con la vittoria della Turchia.

Proprio al termine di quest’ultima guerra, molti rifugiati greci che abitavano soprattutto a Istanbul si sono riversati nei territori della Grecia, in fuga dall’esercito turco. Una parte di questi si è stabilita a Salonicco, dove ha fondato un club sportivo che ha scelto come propri colori il bianco e il nero: il PAOK, erede diretto di una squadra che rappresentava la comunità ellenica di Pera, distretto dell’odierna Istanbul. Sulle mappe, oggi, Pera non esiste più e si chiama Beyoğlu: il cambio del nome in seguito alla migrazione della popolazione greca si inserisce in una lunga lista di cambi di nome che ha accompagnato i controversi rapporti greco-turchi in varie zone.

SALONICCO

Oggi, la tifoseria del PAOK risulta divisa al proprio interno in tendenze politiche opposte, ma è forte il ricordo delle proprie origini e del proprio passato di profughi. Salonicco è una delle città che ha dato il miglior esempio in fatto di accoglienza dei rifugiati negli ultimi anni e questa solidarietà è emersa, a suo modo, anche nelle tendenze del tifo organizzato, che ha un conto aperto con la formazione neonazista Alba Dorata.

Il nome del club bianconero è un acronimo la cui lettera più importante è quella finale, che richiama Costantinopoli, la città d’origine dei fondatori, in cui pochi anni prima era stata creata un’altra società bianconera: il Beşiktaş.

Il Beşiktaş è oggi una delle tre squadre più importanti della Turchia e si caratterizza per un tifo con un importante retroterra anarchico e di stampo operaio. I gruppi organizzati sono apertamente schierati contro il governo di Erdoğan e sono stati fra i protagonisti delle proteste di piazza del 2013.

Fra alcune parti di questi due ambienti si è creato un rapporto di amicizia: una simpatia inaspettata e inedita fra dei turchi e dei greci. E la particolarità è che quei greci sono proprio i figli dei profughi di Istanbul. Il mondo del tifo sembra percorrere una strada che i governanti dei due Paesi negli ultimi anni non stanno affatto cercando: di recente, infatti, le tensioni sul piano politico sono cresciute. A rendere, però, il quadro un po’ imperfetto e un po’ più realistico c’è la diffidenza di diversi settori del tifo sia del PAOK che del Beşiktaş nei confronti di questa amicizia, che mostra come l’antica rivalità non sia completamente sopita neanche in questi ambienti.

ATENE

I profughi greci degli anni Venti non si sono diretti solo a Salonicco, ma anche ad Atene. Qui hanno fondato un altro club sportivo: l’AEK. Sempre un acronimo, sempre l’ultima lettera la più importante, sempre il riferimento a Costantinopoli. Fra AEK e PAOK c’è, oggi, una profondissima rivalità, dovuta ai frequenti scontri al vertice fra le squadre: l’anno scorso, in occasione di uno di questi derby, il presidente del PAOK, Ivan Savvidis, è entrato in campo con una pistola per minacciare l’arbitro, colpevole di aver annullato un gol alla sua squadra.

L’orientamento della tifoseria dell’AEK è molto simile a quello degli ambienti del PAOK: il ricordo della storia dei propri antenati ha portato a gesti di solidarietà nei confronti dei tanti profughi giunti sul suolo greco negli ultimi anni. Nel 2015, i tifosi dell’AEK hanno portato allo stadio diversi rifugiati siriani per assistere alla partita contro il PAS Giannina, esponendo lo striscione: “Siamo tutti profughi”.

I tifosi dell’AEK, analogamente a quanto fatto da una parte di quelli del PAOK, hanno sviluppato una forte amicizia con un’altra squadra di Istanbul: il Fenerbahçe. Anche qui i protagonisti di questo insolito gemellaggio sono i figli dei profughi di Istanbul, un fatto sottolineato con uno striscione che recita: “Figli della stessa città“.

Il rapporto fra i due ambienti si è rinsaldato in seguito alla morte di un giovanissimo tifoso del Fenerbahçe, Berkin Elvan, ucciso nelle manifestazioni di Gezi Park, nel 2013. Come i tifosi del Besiktas, anche quelli del Fenerbahçe sono in prima linea contro il governo turco. Nel supporto ricevuto in seguito alla tragedia dalle tifoserie di mezza Europa hanno primeggiato i tifosi dell’AEK, che hanno ricordato il quindicenne ucciso con striscioni allo stadio e graffiti ad Atene. Molto spesso il ricordo di Elvan si è unito a quello di un altro giovane ucciso da due poliziotti nel 2008: il greco Alexis Grigoropoulos. Le immagini accostate di questi ragazzi hanno trovato posto su entrambe le sponde dell’Egeo. A partire da due fatti tragici è stato costruito un ponte di solidarietà su questo mare.

I tifosi del Fenerbahçe sono stati protagonisti anche di un’altra interessante apertura al dialogo con i greci: era il 2012 e la squadra turca giocava a Nicosia, sull’isola di Cipro.

CIPRO

Cipro è una bellissima isola nel Mediterraneo orientale, divisa in due: la parte meridionale del Paese è greca, quella settentrionale turca. Questa situazione è in vigore dal 1973, quando, in seguito a un colpo di stato greco, l’esercito turco ha occupato la parte Nord dell’isola.

La Cipro greca, che poi è quella internazionalmente riconosciuta, non ammette nessuna apertura nei confronti della Cipro turca, riconosciuta soltanto dalla Turchia. La bandiera di Cipro Nord, identica a quella turca con i colori bianco e rosso invertiti, è vista come una grande provocazione nella parte greca del Paese: forse anche perché i turchi hanno esposto una di queste, di grandi dimensioni, su una delle montagne di Kyrenia, in territorio turco, ma perfettamente visibile dalla parte greca…

La possibile esposizione delle bandiere di Cipro Nord allo stadio di Nicosia era uno dei principali motivi di tensione prima della partita tra il Fenerbahçe e i greco-ciprioti dell’AEL Limisso. L’incontro era stato evidenziato come ad alto rischio di incidenti, ma è trascorso in un’atmosfera del tutto opposta. I tifosi turchi, arrivati a Cipro insieme alla squadra dopo qualche problema dovuto alle tensioni greco-turche, hanno esposto un grande striscione in memoria di un ex calciatore del Fenerbahçe di origine greca, accompagnato dal messaggio: “Il calcio è pace e amicizia”.

Questo, però, è soltanto un episodio e l’isola resta profondamente divisa al suo interno. Le due parti sono separate anche da due etichette che nelle rispettive lingue segnano l’ideologia più marcatamente nazionalista e meno disposta al dialogo: Enosis (“unione” in greco, che indica l’ambizione della parte meridionale a riunirsi con la madrepatria) e Taksim (“divisione” in turco, che mostra la volontà di separazione della parte settentrionale).

Fra queste due tendenze si inserisce anche una terza, che vorrebbe un’indipendenza dell’intera isola rispetto alla Grecia e alla Turchia e che si riconosce nella bandiera cipriota, scelta da Makarios nel 1960. Questa bandiera si presenta in modo abbastanza neutro e raffigura il territorio di Cipro in color rame, richiamando la diffusa presenza di questo minerale nell’isola, su uno sfondo bianco con due rami d’ulivo, entrambi simboli di pace.

SCEGLIERE LA BANDIERA A NICOSIA

In un contesto come quello greco-cipriota, dove il calcio e la politica si incontrano in continuazione senza che si possano fissare confini ben definiti, la scelta della bandiera da esporre allo stadio assume un significato importante. Le tifoserie delle due squadre principali di Nicosia mostrano bene questo fatto. Durante le partite dell’APOEL si possono vedere soltanto bandiere greche, sintomo di un’adesione all’idea di Enosis di un ambiente storicamente schierato molto a destra. Per contrasto, quando giocano i rivali dell’Omonoia, sugli spalti si trovano soltanto bandiere di Cipro, segno del desiderio della tifoseria di un’isola unita e indipendente da Grecia e Turchia. Gli ambienti del tifo organizzato dell’Omonoia si riuniscono intorno a posizioni politiche di tipo anarchico e comunista, con un’ideologia molto radicale che li ha portati spesso al centro dell’attenzione. Hanno destato molto effetto i casi di bandiere greche bruciate nella curva dell’Omonoia e addirittura le bandiere di Cipro Nord esposte nella stessa. Questi episodi si legano anche alla straordinaria apertura dell’ambiente dell’Omonoia all’altra parte dell’isola: in uno dei derby, la curva ha persino ospitato circa 500 tifosi turco-ciprioti, esponendo striscioni in entrambe le lingue.

LA DIVISIONE RESTA

Nonostante questi episodi isolati, la tensione fra Grecia e Turchia resta alta e Cipro rimane una scacchiera bloccata e controllata dai due Paesi. La divisione è particolarmente visibile proprio sull’isola, dove anche le rispettive competizioni sportive sono separate. Negli ultimi anni, c’è stato un tentativo di dialogo fra le due federazioni calcistiche per unire i due campionati, un fatto che avrebbe potuto avere dei risvolti positivi anche sulla situazione generale, ma oggi la trattativa sembra essersi arenata, come spesso è successo anche in campo politico negli scorsi decenni…

 

 

(L’immagine di copertina rappresenta sullo sfondo il distretto di Beşiktaş ed è stata realizzata da Hulki Okan Tabak.)

TAG: aek, ael, apoel, besiktas, calcio, Cipro, fenerbahce, grecia, omonia, paok, tifosi, Turchia
CAT: calcio, Geopolitica

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