L’arte della guerra [in montagna]

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25 Maggio 2019

Strategia e tattica. Soprattutto tattica, in mezzo a un mare di fatica che limita le opzioni. È uno spettacolo tutto da decifrare quello che il Giro ha offerto oggi in Valle d’Aosta, da Saint Vincent a Courmayeur: tappa corta (131 chilometri), ma con profilo altimetrico micidiale.

Si ripartiva dalle prime indicazioni significative arrivate ieri: una classifica generale finalmente verosimile, eccezion fatta per la maglia rosa coraggiosamente difesa da Jan Polanc; un Landa in grande spolvero, supportato da una squadra eccellente; un feroce duello psicofisico tra Vincenzo Nibali e Primož Roglič, disposti a perdere terreno dagli eroi di giornata, pur di non regalare nulla all’altro.
Si capisce subito che sarà una tappa eccentrica: la corsa esplode dopo soli dieci chilometri dalla partenza. Simon Yates attacca, come se volesse scrollarsi di dosso il pesante ritardo accusato ieri. È una mossa scriteriata, ma Roglič lo segue, costringendo tutti i “big” della classifica generale a reagire. Il gruppo si compatta, ma Yates riparte ancora. E, di nuovo, viene ripreso. Nemmeno al vecchio Floyd Landis sarebbe passata per la testa un’azione così folle. Ti chiedi: cosa sta succedendo?

Istintivamente, il tuo cervello di appassionato di ciclismo si mette in moto ed elabora i tuoi riferimenti culturali. La prima cosa che ti viene in mente è un passaggio de “L’arte della guerra” di Sun Tzu (VI-V sec. a.C.): «Le questioni belliche seguono il Dao dell’inganno». La seconda è un frammento de “L’arte della strategia” di Sun Pin (IV sec. a.C.): «Compiendo errori tattici intenzionali, che in realtà comportano soltanto piccole perdite, tenderete una trappola al nemico». Sarà davvero così?
Tra i trattati di argomento militare, “L’arte della guerra” è il più noto, studiato e citato negli ultimi venticinque secoli. Nel corso del Novecento, il suo valore è trasceso al di fuori della dimensione bellica, divenendo un riferimento per tutti i campi in cui strategia, tattica e decision making sono fondamentali: dall’economia all’urbanistica.
Meno noto è “L’arte della strategia”, il cui manoscritto venne rinvenuto nel 1972 nella provincia cinese di Shantung. A lungo, questo testo è stato ritenuto, semplicemente, una diversa versione dell’opera di Sun Tzu. Oggi, la critica e la storiografia sono sostanzialmente concordi nel riconoscere uno statuto proprio a quel manoscritto: Sun Pin è uno stratega successivo a Sun Tzu, di cui riprende e rielabora i concetti fondamentali, dando vita a un’opera originale.

Non fai in tempo a rammentare queste nozioni che, già, la corsa si è normalizzata: si transita per Aosta, il gruppo dei “big” è tornato compatto e tranquillo, mentre va la fuga dei volenterosi di giornata, in viaggio verso i punti dei primi GPM. E nulla più. Perché il plotone lascia il guinzaglio corto ai fuggitivi, non fa dilatare il distacco. Oggi tutti corrono per vincere.
Ci sono grandi manovre in atto, anche se non sono chiaramente percepibili e decifrabili, al momento. Si capisce che è in corso una guerra di posizionamento in attesa di ciò che verrà verso il finale di tappa: il Colle San Carlo (1951 metri s.l.m.), GPM di 1^ categoria posto a 35 km dal traguardo. Un’ascesa probante. Una discesa impegnativa. Poi, il gran finale verso Courmayeur.

È una lunga sequenza di mosse dei Direttori sportivi delle squadre che ambiscono a vincere il Giro con i propri capitani: le “teste di ponte” si dispongono lungo il percorso, in attesa di ciò che accadrà.
Questa è roba da Carl von Clausewitz, altro maestro di strategie che, nel saggio “Della guerra” (1832), sostiene: «il generalissimo deve elevarsi fino agli elementi geografici generali di una provincia e di una regione, avere sempre vivi davanti agli occhi i lineamenti delle strade, fiumi e montagne senza lasciarsene sfuggire i più modesti particolari».
Così, mentre paesaggi e panorami sfilano maestosi, tutto procede a lungo in una condizione di calma apparente, quasi noiosa. Ma solo per i profani.
Quando il gruppo dei “big” attacca le rampe del Colle San Carlo, invece, tutto deflagra.
Nibali scatta  a 33 km al traguardo: un affondo, poi un altro. Roglič risponde e, con lui, ci sono Landa, Carapaz e Lopez. Yates perde terreno e Polanc inizia a sprofondare: il lungo addio alla maglia rosa.

Si forma il gruppo ristretto degli eletti, che riprende a marciare regolare, guidato da Landa.
Lungo la strada, incontrano le pedine strategicamente posizionate in precedenza: Caruso per Nibali e Amador per Landa e Carapaz.
Da lì in poi è una sequenza di scatti e reazioni.
Nibali parte con un’accelerazione ai meno trenta, ma gli altri lo seguono senza ansie.
Landa non sembra la reincarnazione di Pantani, come ieri, ma procede senza eccessivi problemi. Roglič si alza sui pedali e, per un po’, dal punto di vista dello stile di pedalata – senza alcuna allusione stupida – sembra il Lance Armstrong dei tempi migliori. Nibali sembra il miglior Nibali: solido in sella, con la sua attitudine da scalatore-passista (non esattamente congruente a passista-scalatore).
Carapaz non ha termini di paragone ben definiti, perché vive in una costante dimensione di understatement, ma ha la gamba dei giorni migliori: scatta a 28 chilometri dal traguardo. Nessuno va a chiudere su di lui. Il suo vantaggio aumenta.

È il capolavoro della Movistar, guidata da quel sapiente stratega di Eusebio Unzué, fedele alla massima di Sun Pin: «Muovetevi come draghi in attesa del momento propizio per trarre il nemico in imboscata: si combatte così sul terreno montano».
Carapaz diventa la testa della corsa. Raccoglie un giornale da uno spettatore, se lo infila sotto la maglia, come ai tempi del ciclismo epico (al diavolo le mantelline), supera il GPM e inizia a picchiare verso la valle.
Dietro di lui, Nibali tenta lo scatto fulminante, per anticipare i rivali alla vetta e scatenarsi in discesa. Prova a reificare gli insegnamenti di Sun Tzu: «In linea generale, […] si valicano i monti e ci si attesta nelle valli. […] Si combatte in discesa e mai in salita. Così si muove l’esercito in montagna».
Ma non funziona. Lo seguono. Lo tallonano. Vanno tutti insieme verso l’abisso.
Nel frattempo, Polanc sta naufragando. Virtualmente ha già dismesso la maglia rosa. Bisogna solo capire a favore di chi.

Discesa folle, tra gli 80 e i 100 chilometri all’ora.
Si torna in pianura, verso il traguardo di Courmayeur.
A quel punto, Carapaz ha trenta secondi di vantaggio sugli inseguitori. Quello è il momento in cui la guerra psicologica tra Nibali e Roglič ricomincia: si controllano, si sfidano, si provocano. Landa li segue diligentemente, consapevole dell’insegnamento di von Clausewitz: «La battaglia è essenzialmente la manifestazione di sentimenti ostili; […] di solito, nel singolo almeno, non alberga alcun sentimento ostile verso il nemico individualmente preso. Pur tuttavia le cose non si svolgono senza una simile passione dell’animo».

Ritorna un eroico Caruso al servizio di Nibali. Roglič si alza sui pedali, come volesse sciogliere muscoli intorpiditi dai crampi. Forse, anche lui, sta solo rammentando i consigli di Sun Tzu: «Un nemico troppo forte va fuggito. Lo si irriti per confonderlo e si ostenti debolezza per aizzarne l’arroganza». Ma Nibali non abbocca o, più probabilmente, non se ne accorge.
Intanto, il vantaggio di Carapaz aumenta, si dilata.
Dal nulla, come ennesimi fantasmi di questo Giro, si materializzano altri corridori reduci dall’inseguimento in discesa. Tra loro, Simon Yates, che sembrava ormai condannato alla deriva, dopo le follie di inizio tappa.
Yates riprende il gruppo di Nibali, Roglič e Landa. Si ferma un attimo, forse non credendo a quel che vede, poi riparte da solo all’inseguimento di Carapaz.
È troppo tardi, per la vittoria di tappa.

Richard Carapaz taglia il traguardo di Courmayeur in modo trionfale. Conquista la maglia rosa. Yates lo segue a un minuto e 31 secondi.
Nibali regola i compagni di gruppo allo sprint, aggiudicandosi 4 secondi di abbuono.

Courmayeur ci regala una classifica generale rivoluzionata: Carapaz in rosa, Roglič a 7 secondi, Nibali a 1 minuto e 47 secondi, Majka a 2 minuti e 10, Landa a 2 minuti e 50.
Domani il gruppo viaggerà da Ivrea verso Como, verso il fantasma del suo velodromo, incredibilmente smantellato negli ultimi decenni del Novecento.
La guerra continua.

 

Riferimenti
– Carl von Clausewitz (1832), “Vom Kriege”, Berlin (trad. it.: “Della Guerra”, Mondadori, Milano 1997)
– Sun Pin (IV sec. a.C.), “Bīngfǎ” (trad. it.: “L’arte della strategia”, Rizzoli, Milano 2004)
– Sun Tzu (VI-V sec. a.C.), “Bīngfǎ” (trad. it.: “L’arte della guerra”, Newton & Compton, Roma 1994)

Credits immagine di copertina: https://www.rai.it/giroditalia/

TAG: Giro102, GirodItalia, RaiGiro102
CAT: ciclismo

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