Le Iene: i 30 anni di carriera di Quentin Tarantino
Ogni viaggio inizia con un primo passo. A volte esso è breve, altre è già un passo lungo e deciso. Per Quentin Tarantino, uno dei registi più famosi al mondo, è stata molto più la seconda. Il suo lungometraggio di debutto, Reservoir Dogs, più noto nel nostro Paese come Le Iene, usciva al cinema nell’estate di 30 anni fa.
Per essere un’opera di debutto, nel film troviamo già, presentissima, la figura del Tarantino che sarà.
Dal Tennessee a Los Angeles inseguendo una macchina da presa
Il regista nacque come attore ma poi, gradualmente, si spostò dalla recitazione alla scrittura di sceneggiature e, infine, alla regia. All’interno del videonoleggio dove aveva trovato impiego, Tarantino ebbe modo di conoscere una parte significativa degli addetti ai lavori della scena di Manhattan Beach, sobborgo di Los Angeles, e porre le basi per quella che sarebbe diventata, nel giro di un paio di decenni, una fruttuosa carriera da cineasta.
Il film d’esordio fu sicuramente preambolo a quel Pulp Fiction che, secondo molti, resta il capolavoro alla regia di Tarantino – seppure ciò sia piuttosto opinabile – ma è già una pellicola violenta, matura e ottimamente costruita, com’è nella cifra stilistica del regista. Il lungometraggio fu girato tutto d’un fiato, in cinque settimane, durante l’estate del 1991, non appena Tarantino ricevette il via libera dal Sundance Institute di Robert Redford per presentare il film al Sundance Film Festival. Nello stesso anno, Le Iene fu inviato anche agli importanti festival canadesi di Montréal e Toronto, riscuotendo ovunque un ampio successo di pubblico e critica.
Un ottimo inizio
Il film che nacque è originale, cinico e sanguinoso. Già traspare dal girato la profonda cinefilia del regista, elemento che diverrà un suo marchio di fabbrica. Il film si apre con un lungo dialogo, sintomatico e identificativo del suo stile che verrà. Gli estimatori del regista sanno bene che, in realtà, egli collaborò già con alcune produzioni prima de Le Iene. Seppure questo non sia il suo esordio assoluto alla regia, si tratta comunque della sua prima opera a firma unica in ordine cronologico.
La pellicola parla di una rapina ed è tutta incentrata su essa e le sue conseguenze. Ciononostante, la rapina non si vede mai. Il film è infatti tutto il confronto che ne consegue, nel quale i protagonisti del furto, all’interno di un capannone che non è che un obitorio dismesso, parlano e litigano tra loro. Nel cast troviamo Harvey Keitel, Tim Roth e lo scrittore Edward Bunker, ognuno dei quali ha un nome in codice che rimanda a un colore, per mantenere la segretezza delle identità durante il colpo. Queste denominazioni sono una citazione a Colpo alla metropolitana, di Joseph Sargent. Fin dal suo primo lavoro, Tarantino ama citare gli altri, dimostrando la sua cultura cinematografica.
I protagonisti portano tutti il completo nero che conosciamo dalla trasmissione di inchiesta di Italia 1 – che al film si è ispirata fin dal titolo – e si distinguono per dialoghi tanto dementi quanto brillanti, rendendosi complici di scene da antologia del cinema, come ad esempio la cruda tortura ai danni del poliziotto che – si dice – fece uscire dal cinema il regista di horror, Wes Craven.
Lo stile di Tarantino è già presentissimo in Le Iene. Abbiamo parlato di violenza, citazioni e dialoghi. Come trascurare i flashback e flashforward che caratterizzano l’arte del regista? Anch’essi sono ben evidenti guardando il lungometraggio.
Alcuni cinema stanno preparando delle proiezioni speciali per quest’estate, per riproporre il film sul grande schermo. L’agenzia di stampa ANSA, sezione Cultura, ha assemblato un interessante podcast relativamente alle Iene, il cui ascolto è davvero consigliato.
Scelta degli attori, innovazioni di stile e nessun filtro. Sono 30 anni che Tarantino cavalca la cresta dell’onda. Piaccia o meno, la sua impronta a Hollywood – e sulla cinematografia mondiale – non è certo nascosta.
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