The Witches
I libri di Roald Dahl sono stati fondamentali per la mia infanzia di lettrice in erba e ho amato talmente le sue narrazioni fantastiche da considerarlo ancora oggi il mio nonno putativo. Lo scrittore inglese ha continuato a darmi insegnamenti sulla ricerca del bello, sulle apparenze e le menzogne anche quando sono diventata grande, grazie alle sue raccolte di racconti per adulti: ” Storie Impreviste”, “Storie Ancora Più Impreviste” e a quel gioiello di romanzo che è “Lo Zio Oswald”.
Tra Gli Sporcelli, Il GGG, La Fabbrica Di Cioccolato o Matilda Sei Mitica, il posto del mio cuore di bambina è sempre stato riservato alle Streghe, che lessi e rilessi infinite volte, di cui mi divertivo a recitare a memoria la filastrocca che quelle donne maligne cantavano durante le loro riunioni. Erano perfette nel nascondere la loro bruttezza e le loro deformità, odiavano i bambini e li trasformavano in topi, col fascino inquietante che possono avere soltanto i mostri quando sono perfettamente inseriti nella società.
A morte, a morte gli orrendi marmocchi,
facciamoli fritti, caviamogli gli occhi!
Dovete annientarli, schiacciarli, tritarli,
di dolci stregati dovete ingozzarli,
perché tornino a casa con l’aria contenta,
la pancia ben piena di chicche alla menta.
E il giorno dopo da idioti perfetti
nei banchi siedono gli scolaretti.
Ma già impallidisce un bambino e sta male
e subito grida “Non sono normale
mi spunta la coda, che orribile cosa”.
Un’altra singhiozza “Son tutta pelosa!”
Un terzo schiamazza e piange strillando
“Aiuto! Anche i baffi mi stanno spuntando!”
Il bimbo più alto diventa piccino
e lo stesso accade ad ogni bambino.
Tra zampe, tra code, tra peli e baffetti,
si son trasformati in topi perfetti!
E sul pavimento ormai vanno lesti
Topini e toponi, topacci molesti!
Maestri e maestre vedeste che faccia!
Infine comincia, spietata, la caccia.
Gridando “No ai topi! Facciamoli fuori
su, svelti! Le trappole!”, quei bravi signori
ne ammazzano dieci, poi cento, poi mille!
Le trappole scattano, fanno scintille.
Risuonano ovunque le molle assassine
che mozzan la testa a topini e topine.
Ci son topi morti in ogni angolino
e più non si vede neanche un bambino.
Maestri e maestre son già preoccupati
“i nostri piccini, dove sono andati?”.
Li cercano invano, a sinistra ed a destra,
in bagno, in cortile e anche in palestra.
Si guardano in faccia maestri e maestre,
si affacciano ansiose a porte e finestre!
E’ vuota la classe, i banchi son vuoti,
non sanno che fare, quei poveri idioti!
Con scope e ramazze ora fan pulizia,
raccolgono i topi e li buttano via!
Il magico intruglio ha ben funzionato:
la strega suprema infine ha trionfato.
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L’uscita della trasposizione cinematografica con protagonista Anne Hathaway era quindi per me molto attesa. Per esigenze stilistiche, invece degli artigli aguzzi, le streghe di Robert Zemeckis hanno solo tre dita, cosa che mi ha ricordato subito l’illutrazione di Quentin Blake della copertina del libro.
Leggere le polemiche di questi giorni da parte di associazioni di disabili e di nomi illustri come il comico Alex Brooker, l’attrice Grace Mandeville e l’atleta paraolimpica Claire Cashmore , preoccupati che il film possa stigmatizzare negativamente chi riporta tali disabilità, mi fa sorridere ed arrabbiare allo stesso tempo.
«Questa volta ti insegnerò come riconoscere una strega».
«A riconoscerla con sicurezza?» mi informai.
«Quasi» rispose lei. «E qui sta il problema. Ma quel che ti dirò potrà esserti utile,vedrai».
La cenere del sigaro le cadde sul vestito, e io sperai che la nonna non prendesse fuoco prima di
avermi raccontato tutto.
«Tanto per cominciare» mi disse, «una strega
porta sempre i guanti».
«Sempre?» le chiesi. «Anche in estate, quando fa
caldo?»
«Anche in estate. Per forza. E vuoi sapere
perché?»
«Dimmi».
«Perché al posto delle unghie ha lunghi artigli
aguzzi e ricurvi come quelli dei gatti, e i guanti le
servono per nasconderli. Però molte donne portano i
guanti, soprattutto in inverno, quindi questo particolare non può essere di grande
utilità».
«Anche la mamma portava i guanti» osservai.
«Non in casa. Le streghe li portano anche in casa. Li tolgono solo per andare a
letto».
«Come fai a sapere tutte queste cose, nonna?»
«Non interrompere. Ascolta fino alla fine e stai attento. Ecco un’altra cosa da
ricordare: una vera strega è sempre calva».
«Calva?» esclamai.
«Calva come un uovo».
Ero sconvolto. Una donna calva? Che assurdità!
«Non chiedermi perché» disse severamente, «ma ti
posso garantire che sulla testa di una strega non cresce
neppure un capello».
«È orribile!»
«Ripugnante» ammise la nonna.
«Se le streghe sono calve sarà facile riconoscerle».
«Niente affatto. Una vera strega porta sempre la
parrucca per nascondere la testa pelata. Una parrucca di
prima qualità. È quasi impossibile distinguerla dai capelli
veri, a meno di tirarla con forza, è ovvio».
«È quel che farò» dissi.
«Non dire stupidaggini. Non puoi tirare i capelli a tutte le donne che incontri,
anche se portano i guanti. Provaci e vedrai».
«Allora i tuoi consigli non servono a molto».
«Nessuno di questi particolari è sufficiente, da solo» disse la nonna. «Ma quando
cominci a notarne più d’uno, ecco che diventano importanti. Del resto, portare la
parrucca è un problema serio, per una strega».
«Un problema?»
«Una parrucca dà un fastidio terribile. Vedi, se un’attrice porta una parrucca, sotto
ci sono i suoi capelli veri, e sarebbe lo stesso per te o per me. Ma una strega deve
portarla a contatto con la pelle nuda, e siccome la parte interna di una parrucca è
sempre ruvida provoca un prurito insopportabile e fa venire croste e piaghe. Le
streghe la chiamano “parrucchite”, e non è una cosa piacevole, te l’assicuro».
«Da cos’altro si può riconoscere una strega?»
«Osserva bene le narici» disse la nonna. «Le streghe hanno le narici un po’ più
grandi del normale, con il bordo roseo e leggermente incurvato, come quello di certe
conchiglie».
«E perché hanno le narici così grandi?» chiesi.
«Per annusarti meglio. Il loro odorato è stupefacente. Riescono addirittura a fiutare
un bambino da una parte all’altra della strada nel cuore della notte».
«Non riuscirebbero a fiutare me, però. Ho appena fatto il bagno».
«Ah, come ti sbagli!» disse la nonna. «Per una strega, più un bambino è pulito, più
puzza».
«È assurdo» protestai.
«Ma è così. La strega non fiuta la sporcizia, ma l’odore della pelle di bambino. Un
odore che si spande tutt’intorno, a ondate. E queste zaffate puzzolenti (le streghe le
chiamano così) arrivano al suo naso dritte come un pugno e la fanno barcollare».
«Senti, nonna…»
«Non interrompermi. È così, ti dico. Se non ti lavi per una settimana, sei sporco.
Quindi le zaffate puzzolenti si sentono meno».
«Non farò più il bagno» dissi.
«Basta non farlo troppo spesso. Una volta al mese è più che sufficiente per un
bravo bambino».
Era in momenti come quelli che sentivo di adorare la nonna.
«Ma quando è buio fondo» le chiesi, «come fa una strega ad accorgersi che vicino
a lei c’è un bambino e non un adulto?»
«La pelle degli adulti per le streghe non ha odore. Solo quella dei bambini puzza».
«Ma secondo te, nonna, puzzo? Proprio in questo momento, voglio dire».
«Non per me» disse la nonna. «Per me sai di fragole con panna. Ma per una strega
emani un odore ripugnante».
«Che odore?»
«Cacca di cane».
«Cacca di cane?» gridai, sbalordito. «Non è vero, non ci credo!»
«Sicuro» disse la nonna con aria maliziosa. «Per una strega puzzi di cacca di cane
appena fatta, fresca e fumante».
«Non è vero, non è vero!» protestai. «Non puzzo di cacca di cane, né fresca né
secca».
«È così e basta» disse la nonna. «Inutile discutere».
Ero nauseato. Non riuscivo a credere alle sue parole.
«Dunque, se vedi una donna che si tappa il naso quando le passi vicino, quella
potrebbe essere una strega».
Decisi di cambiare argomento.
«C’è altro?» chiesi.
«Gli occhi» disse la nonna. «Osservali bene, perché gli occhi delle streghe sono
diversi dai tuoi e dai miei. Guarda con attenzione le pupille: la gente normale le ha
nere, ma quelle di una strega cambiano colore, e fissandole ci vedrai brillare fuoco e
ghiaccio insieme. È una cosa che fa venire i brividi!»
La nonna, soddisfatta, sprofondò ancor più nella poltrona, soffiando nubi di fumo
puzzolente. Mi accoccolai ai suoi piedi, fissandola affascinato. Non sorrideva, anzi
aveva un’aria tremendamente seria.
«Ho l’impressione» riprese «che tu non abbia capito la cosa fondamentale: le
streghe non sono donne autentiche. Somigliano alle donne. Parlano come le donne.
Si comportano come loro. Ma in realtà sono creature del tutto diverse, demoni in
forma umana, ecco cosa sono! È per questo che hanno gli artigli, la testa calva, un
naso bizzarro e gli occhi così strani. Tutte cose che devono nascondere come meglio
possono».
«E cos’altro hanno di diverso, nonna?»
«I piedi. Sono senza dita».
«Non hanno le dita dei piedi!» gridai. «E al loro posto cosa c’è?»
«Niente» rispose la nonna. «I loro piedi hanno la punta quadrata, e basta».
«Allora camminano con difficoltà».
«No, ma hanno qualche problema con le scarpe. A tutte le donne piacciono le
scarpe piccole e appuntite, ma per le streghe, che hanno i piedi larghissimi e
squadrati, infilarli in quelle graziose scarpine è una vera tortura».
«E perché non portano scarpe larghe e comode, allora?» dissi io.
«Non osano. Così come nascondono la calvizie sotto la parrucca, devono
mascherare quegli orrendi piedi deformi con scarpine a punta».
«Dev’essere terribilmente scomodo».
«Terribilmente» disse la nonna. «Ma devono portarle lo stesso».
«Quindi neppure questo particolare mi aiuterà a riconoscerle?»
«Temo di no. Ma se fai davvero molta, molta attenzione, forse ti accorgerai che
zoppicano un pochino».
«Cos’altro hanno di diverso, nonna?»
«Solo una cosa, l’ultima».
«Quale?»
«Hanno la saliva blu».
Sono davvero esausta di questo processo inquisitorio che si apre ogniqualvolta una qualche minoranza o qualsiasi persona che presenti una qualche caratteristica che non sia universalmente condivisa possa sentirsi potenzialmente offesa o non socialmente accettata. Bisogna smetterla di puntare il dito e bannare tutto ciò che non sia considerato portatore di body positivity, anti bullismo, politicamente corretto, antirazziale, antimisogino, non abbastanza gay friendly o genderless. Basta.
Durante il primo lockdown di marzo, ho riguardato con immenso piacere molti film anni ’90/2000 da Il Silenzio Degli Innocenti, a Le Iene, passando per L’Odio, Strange Days, insomma titoli che nessuna serie Netflix o nessun film degli ultimi quindici anni potrà mai battere in termini di qualità, contenuto, recitazione, messaggio. Oltre all’immenso piacere del déjà vu che solo i veri cinefili possono comprendere, ho pensato che se quelle pellicole fossero state girate oggi, la metà dei dialoghi presenti sarebbe stata tagliata, e l’altra metà tacciata di scandalo per i motivi di cui sopra.
In questo mondo di plastica e di filtri instagram dove anche gli storpi assomigliano a Gisele o a Brad Pitt, sta scomparendo del tutto il senso critico, la conoscenza e l’osservazione del diverso da noi, con la libertà di averne paura, anche di provare ribrezzo in alcuni casi, del diffidare e poi di comprendere, dell’accettare, dell’accettarsi senza per forza omologarsi.
I racconti delle streghe dai piedi senza dita, o di persone brutte, sporche e anche cattive come gli Sporcelli e la fastidiosa stupidità dei bambini descritta da Roald Dhal ai bambini stessi che come me lo leggevano, ha contribuito alla mia educazione di persona dal libero pensiero e dal senso critico senza la paura di non avere approvazione.
Ho sempre riso di gusto alle battute, senza pormi il problema del fatto che potessero ledere anche una parte di me, o di qualcun altro, solo a patto che fossero intelligenti, necessarie ai fini del racconto, divertenti nell’ essere tristemente vere. Il senso dell’ironia è la quintessenza della libertà di pensiero.
L’unico prato nel quale può crescere l’erba dell’intolleranza, dell’esclusione e della discriminazione, è il selciato mai annaffiato dalla cultura, dalla conoscenza, dalla curiosità dell’approfondimento.
Aprite un libro, invece di urlare che vi sentite offesi. Un libro a caso, anche un libro per bambini. Non potete immaginare che balsamo incredibile per le vostre anime scottate.
Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.
Giorgio Gaber
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