Milano

Il Progetto Milano – La sfida del centrosinistra per la città

8 Agosto 2025

Idee per unire: così il Partito Democratico aveva chiamato il suo appuntamento importante del 6 aprile del 2024. Per noi allora significava unire Milano e Comuni della città metropolitana, centri e periferie sociali, unire crescita ed equità, innovazione e transizione ambientale, attrattività e accessibilità. 

Era il 6 aprile del 2024 quando il PD Milanese scelse di porre con chiarezza il tema del cambiamento necessario alla città di Milano. Quel giorno abbiamo detto che a Milano era finito un ciclo storico della città e che non era più tempo di celebrare il cosiddetto “modello Milano” come qualcosa di  statico e definitivo, ma che invece era arrivato il tempo di costruire un nuovo Progetto per Milano. Le grandi trasformazioni urbanistiche, sociali e perfino antropologiche che hanno trasformato la nostra città chiedevano un nuovo vocabolario (già ad inizio 2024) al centrosinistra.

 

Le vicende giudiziarie che hanno investito Milano nelle ultime settimane non erano ancora iniziate. Non sono state l’origine della discussione perché quel confronto sulla città accessibile e sul progetto Milano, noi l’avevamo già aperto. Sicuramente le vicende giudiziarie hanno rappresentato un potente acceleratore di dibattito pubblico.

La questione non è più se discutere della direzione di marcia della città, ma come farlo davvero, con metodo e concretezza. Milano è una città che ha bisogno di cambiare costantemente, e anche per questo non sopporta parolai e retoriche vuote e di posizionamento. La questione milanese è chiaramente una questione che ha una valenza nazionale, forse europea. Lo è da decenni, nella storia del nostro Paese. Per questo serve grande delicatezza: per l’impatto di ogni scelta oltre Milano e insieme perché Milano è la città orgogliosa del rito ambrosiano.

E sempre per questo Milano merita una discussione politica generale, fatta con cognizione di causa. 

 

Quel passaggio di aprile dello scorso anno fu, in buona parte, una voce tra poche. Il dibattito pubblico sembrava ancora imprigionato tra celebrazione e disastro, tra chi si accontentava di raccontare che tutto andava bene e chi, all’opposto, riduceva tutto al fallimento. Da un lato chi pensa che il destino delle metropoli sia inesorabilmente escludente e chi pensa che per rendere le città accoglienti si debba giungere al paradosso di boicottare qualunque progetto di trasformazione e riqualificazione urbana. Abbiamo letto chi teorizza, di fatto, che riqualificare le periferie sociali sia di per sé negativo perché renderebbe inevitabili processi di gentrificazione. 

 

Noi abbiamo scelto un’altra strada: rivendicare con orgoglio i grandi risultati raggiunti ma riconoscere anche che Milano stia cambiando più in fretta di quanto la politica abbia saputo anticipare. E che dunque serve portare la parola cambiamento nel tempo di oggi.

 

Oggi, dopo settimane difficili, dentro una crisi che ha toccato anche il cuore dell’amministrazione e della coalizione, quelle parole trovano forza e attualità. La strada è stretta ma necessaria. Il Partito Democratico di Milano metropolitana ha scelto unità e responsabilità, coniugando la vicinanza all’amministrazione comunale e al Sindaco e insieme rivendicando la necessità di un centrosinistra di cambiamento. 

 

Ci si è arrivati nel modo più complicato, ma il punto è che quella riflessione – allora  quasi solitaria – oggi è finalmente condivisa. Non si discute più se cambiare, ma come farlo davvero. E questa è un’opportunità che non possiamo sprecare.

 

Siamo orgogliosi di quanto fatto dal 2011 con l’avvio della stagione arancione (quando nel mio piccolo mi trovai a fare il portavoce dei GiovanixPisapia):  guai a dimenticare la città del 2010. Spenta, impaurita, governata dal partito delle automobili e della paura, del coprifuoco in via Padova e delle rotonde al posto delle piazze. 

In 14 anni abbiamo vinto la sfida dell’internazionalizzazione perché oggi Milano non è più così: è diventata capitale europea che attrae migliaia di studenti e lavoratori ogni anno, città simbolo dei diritti civili e dell’accoglienza multiculturale. Siamo una città che negli ultimi anni ha investito miliardi in politiche sociali, come nessun’altra. 

 

Ma oggi la sfida è un’altra. La città accessibile per tutti e tutte.

Non basta una mera manutenzione del presente. Serve un progetto nuovo, capace di fare di Milano una capitale europea del diritto all’abitare, dell’accessibilità, della transizione ambientale e digitale per tutte e tutti.  

Un progetto che affronti a viso aperto le fratture presenti. Che parli del costo dell’affitto, della qualità dell’aria, dei trasporti, degli spazi pubblici, delle disuguaglianze che feriscono. Che dica, con coraggio, che il futuro non si governa con le categorie del passato. Serve una riscossa anche emotiva, di una città che vuole ritrovare voci accoglienti nel dibattito pubblico. 

 

Attenzione anche a pensare che si debba partire da zero. Nel clima narrativo ostile, certo non  tutto è stato fermo, anzi. Già prima delle inchieste, l’amministrazione – dopo quell’aprile 2024 – aveva iniziato giustamente ad alzare gli oneri di urbanizzazione. Ha trovato – anche su impulso del PD in Consiglio – i fondi per ristrutturare la piscina pubblica Argelati per rimettere al centro la governance pubblica dello sport. È stato ideato e approvato un piano casa per garantire 10mila alloggi a prezzo accessibile per la classe media e i redditi sotto i 1800 euro mese, lanciato un’operazione “zero case popolari sfitte” che punta a recuperare entro fine mandato tutto il patrimonio MM oggi inutilizzato. E in sede di assestamento di bilancio aggiunti 22 milioni di euro proprio per velocizzare questo processo di guerra allo sfitto. Infine stavamo indicando proprio nel dibattito pubblico diverse esigenze sociali e ambientali che avrebbero dovuto essere inglobate nel nuovo pgt.

 

Questo però è il tempo di non accontentarsi, perché quello che seminiamo (politicamente e amministrativamente ora) sarà raccolto nel futuro.

 

Aggiungiamo la complessità che l’amministrazione non può essere lasciata sola sempre da governo e regione Lombardia. 

Avremmo bisogno anche del governo: per questo abbiamo depositato una proposta di legge per tassare i super ricchi stranieri residenti nelle città (PDL a firma di Cristina Tajani) e un’altra per regolamentare gli affitti brevi. 

 

Perché è fondamentale un ultimo punto.

Serve anche dire con chiarezza che oggi Milano è sotto assedio mediatico, politico e culturale da parte di una destra che sta cercando di farne il suo scacco nazionale, che prova a rompere l’egemonia culturale che il centrosinistra ha costruito in questi anni. Perché sa che la conquista di Milano da parte dei sovranisti aprirebbe una lunga stagione egemonica per la destra nazionalista.

Lo fa sia con attacchi mediatici quotidiani (pensate alla sicurezza), ma anche con l’assenza istituzionale e i tagli: Giorgia Meloni non è mai venuta a Milano in visita ufficiale. E nel frattempo, lo Stato taglia risorse alla città. Negli ultimi due anni sono circa 151 i milioni sottratti o spostati dal bilancio comunale per effetto della legge di bilancio nazionale. Soldi che avrebbero garantito diritti e opportunità ai cittadini milanesi.

 

Milano ha bisogno di grande riscossa collettiva: la politica è necessaria, ma a Milano non deve esistere autosufficienza della politica.

Per questo, accanto alla responsabilità del PD nel tenere la coalizione unita, oggi serve costruire una coalizione sociale larga, plurale, popolare. Serve ripartire da un’alleanza tra politica, mondo civico e reti sociali, capace di leggere i nuovi bisogni e di trasformarli in visione. Questa è la sfida vera del prossimo anno e mezzo. Una nuova alleanza per Milano, che rimetta al centro le persone, la vita nei quartieri, la città pubblica.

 

La sfida del Partito Democratico è la via del cambiamento progressivo, mai apocalittici e neanche integrati. Non possiamo pensare che il futuro delle città sia la decrescita e l’autoesclusione dalla competizione globale e non possiamo neanche illuderci che Milano abbia già raggiunto il massimo della sua traiettoria positiva. Non è questa l’essenza profonda della città. Milano è sempre stata una città capace di accogliere e di cambiare, e deve continuare a investire su questa vocazione. È la radice comune sia delle sinistre ambrosiane, che del civismo e associazionismo milanese e anche del cattolicesimo sociale ambrosiano.

 

Il compito del Partito Democratico, oggi, è questo. Avere la forza di insistere sul cambiamento e realizzare una prospettiva politica che tenga insieme giustizia sociale e transizione ecologica, diritti e qualità urbana, partecipazione e responsabilità. Perché Milano cambia, e anche noi dobbiamo cambiare. Lo faremo, anche rilanciando il confronto alla prossima Festa dell’Unità di settembre, dove discuteremo di sviluppo, innovazione, diritti e giustizia sociale. Perché sappiamo di avere una responsabilità: non solo quella di analizzare questa fase, ma di costruire proposte concrete per affrontarla, dentro una cornice che permetta di essere ancora innamorati della città.

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