Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, al centro dell’inchiesta sull'urbanistica che ieri hanno portato all’interrogatorio di Marinoni e Tancredi

Milano

Milano horror vacui. Le forze economiche e sociali reagiscano

Milano è in emergenza. Occorre che questo vuoto di cui già si sente la vertigine sia gestito e lo possono fare solamente le forze economiche e sociali della città

19 Luglio 2025

Prima premessa. È successo quello che doveva succedere. Giusto o sbagliato, il processo attraverso cui Milano cresceva forsennatamente era sotto gli occhi di tutti e al centro del dibattito – sviluppato ampiamente su questo giornale -, si protraeva da anni, ed era stato messo in discussione dagli albori delle indagini della Procura. Proprio rispetto a quei movimenti degli inquirenti si era pensato di agire per via legislativa, in un modo che da quelle parti non poteva che apparire arrogante e provocatorio. D’altra parte, non era proprio plausibile ritenere che gli inquirenti di fronte ad un emendamento prendessero anni di indagini, intercettazioni, incartamenti, convinzioni, e abbassassero il capo inviando tutto alla ricicleria della carta. Era tutto sommato prevedibile, al contrario, che di fronte alla provocazione si facessero più agguerriti, e così è stato.

Seconda premessa. Non solo per garantismo, ma occorre empatia umana, nei confronti di chiunque stia attraversando ciò che i protagonisti di questa vicenda stanno in questi giorni attraversando. Anche nelle persone più avvezze, dure e semmai spietate – e soprattutto consapevoli della propria innocenza – le sensazioni di incertezza, di fragilità, di timore per sapere le proprie conversazioni private trascritte e sotto gli occhi di chissachi, di terrore per ogni notizia che li a poco potrebbe uscire sono angoscianti. La gogna mediatica è terribile e chiunque la subisce deve essere umanamente sostenuto.

Fatte queste premesse, occorre analizzare la situazione per ciò che è ora. Sono uscite in rapida successione le notizie delle richieste di arresto, poi dell’indagine sul Sindaco, poi la solita raffica di intercettazioni trascritte che anticipano le imminenti parole del Sindaco nella sede istituzionale che saranno però precedute, o a breve seguite, dalla lista delle altre decine di indagati e di altre intercettazioni nella giostra che ormai è ben nota.

In questo non solamente il Sindaco, cosa che è comprensibile, ma pure i protagonisti politici di questa vicenda stanno mostrando una totale assenza di realismo, se non di lucidità. Si capisce, nessuno è pronto per le elezioni anticipate, e non è per nulla detto che i confini di questa indagine  – al di là dei suoi esiti – si fermino nel centro sinistra. Paradossalmente ora Sala, per molti, dovrebbe restare dove è per evitare a qualunque costo – direi pure della sua persona, nei calcoli altrui – lo sfondamento completo della realtà nei fragili piani politici di pressochè tutto l’arco politico milanese.

D’altra parte, come più volte denunciato, lo strapotere del Sindaco era proprio causa e conseguenza della liquefazione dei partiti milanesi e della loro insufficienza organizzativa e strategica e non è certamente plausibile che chi era debole ieri diventi un Churchill oggi.

Questo scenario, d’altra parte, non tiene; si ricava dai giornali della mattina che il Sindaco “detta le condizioni per restare in sella”, e che la prima condizione sia vendere S. Siro in una settimana a due fondi speculativi, cosa che appare agli occhi di ogni persona lucida una bizzarria irrealizzabile e, molto probabilmente, agli occhi degli inquirenti come una vera e propria provocazione che certamente alzerà la tensione dell’inchiesta.

La politica a Milano è da tempo fuori gioco, la teneva in piedi il Sindaco facendone la supplenza, caduto il Sindaco resta l’assunto iniziale.

Vi è, poi, una cittadinanza passiva ed esclusa – o autoesclusa come i numeri della rielezione di Sala già certificavano -. Ammettiamolo: le vicende politico amministrative milanesi su 1,4 milioni di persone coinvolgono alcune migliaia di persone per molti versi cointeressate, tutti gli altri guardano la situazione come in un reality show con un misto di disinteresse, distanza o addirittura disgusto. È questo uno degli elementi più inquietanti che emerge dall’ultimo decennio di storia milanese. È questo il vero portato della città sradicata e senza nuova identità che ne esce: uno spaventoso distacco dai suoi cittadini e una assenza di volontà, tra le altre cose, di esercitare una qualche reazione di fronte a tali eventi.

Ma l’assenza della politica e anche della partecipazione sociale, apre un vuoto pericoloso, uno spazio che va riempito in fretta, o che almeno va gestito e non potrà farlo di certo un commissariamento, davvero la prospettiva più plausibile date le forze in campo.

Occorre che questo vuoto di cui già si sente la vertigine sia gestito e lo possono fare solamente le forze economiche e sociali della città che devono prendere la parola, esporsi, diventare protagoniste, sopperire al vuoto di potere.

C’è un silenzio che non va bene, che spaventa, che potrà essere utile ad attendere l’evoluzione dei fatti per posizionarsi ma che non è adatto all’urgenza del momento.

Milano è in emergenza, nel caso non si fosse capito. Occorre che tutte le organizzazioni che siano in grado di intermediare la società e le istituzioni – per avere l’idea di un perimetro: quelle che siedono nel Parlamentino della Camera di commercio – si alzino e stringano un patto per fissare dei punti fermi.

Occorre cambiare velocemente e radicalmente, ma senza buttare il bambino con l’acqua sporca.

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