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Media

OpenVatican, altro che processi inutili

di Roberto Arditti
27 Novembre 2015

Diciamo la verità, senza voler apparire irriguardosi (non sia mai).
Papa Francesco nella vicenda della trasparenza sui conti vaticani ha sbagliato tutto fin dall’inizio.
Forse per inesperienza o più probabilmente per scarsa lucidità dei suoi consiglieri: resta il fatto che peggio di così non si poteva fare.
Ma andiamo con ordine.
Il punto di partenza è sacrosanto: rendere trasparente ciò che è opaco, capire per migliorare e ripulire, guardare al futuro con metodi nuovi.
Però si è sbagliato da subito, facendo un primo passo illogico e dannoso: chiedere trasparenza attraverso una commissione che poi teneva tutto segreto.
Quindi si è sostituito un segreto (magari buono) a un altro segreto (certamente cattivo).
Ma le cose sono peggiorate con il tempo, perché si è preteso di lavorare dietro le quinte, provando a smussare spigoli e convincere persone a cambiare atteggiamento: il tutto mentre le carte si accumulavano, succose più che mai.
Già fin qui si capisce che è tutto sbagliato (e tutto da rifare, direbbe Bartali).
Ma di là dal Tevere sono riusciti a fare di peggio, armando un processo che non sta né in cielo né in terra, costruito su basi giuridiche che ci riportano ad anni bui del passato, di un passato che non deve tornare.
Parliamoci chiaro: Nuzzi e Fittipaldi hanno fatto il loro mestiere.
E lo hanno fatto bene, punto e basta.
Chi ha dei dubbi si legga i libri, che sono due signori libri.
Metterli alla gogna, con i loro presunti complici, riporta indietro l’orologio e non fa onore alla Chiesa del XXIesimo secolo, quella Chiesa che giustamente Francesco vuole povera e trasparente.
Qualcuno però potrebbe dire: bravi a criticare, voi che scrivete sui giornali, mai un proposta però.
Invece stavolta la proposta c’è, nota peraltro in tutto il mondo e applicata con successo.
La trasparenza dei conti, degli affidamenti, di costi e ricavi è facile da organizzare in forma visibile a tutti grazie alla rete.
Questo avrebbe dovuto fare Papa Francesco, nella sua versione di Capo di Stato.
Emettere una legge di poche righe più o meno scritta così: “a partire dal primo gennaio 2016 (serve un minimo di tempo per organizzarsi, per carità) tutte le spese dei dicasteri, i ricavi da attività commerciali o immobiliari, le spese delle missioni ed i loro finanziamenti, i costi e i ricavi delle diocesi di tutto il mondo e degli ordini religiosi, i bilanci delle società finanziarie, gli elenchi dei fornitori retribuiti debbono essere pubblicati in formato OpenData, secondo le ben note regole internazionali”.
Con una legge di poche righe Papa Francesco avrebbe portato la Chiesa nel futuro, sbaragliando i nemici della trasparenza e della correttezza, a cominciare da quelli (tanti) dentro la Chiesa stessa.
Facile, molto più di quanto si possa pensare.
Ed efficace, in modo devastante, poiché impone a tutti di cambiare mentalità e comportamenti.
Ci pensi, Santità.
Non è troppo tardi.

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