Proposta di riforma per il testo unico dell'edilizia

Urbanistica

Il “Salva-Milano del centrodestra”: in parlamento una proposta di riforma organica del Testo Unico Edilizia

12 Settembre 2025

Dopo decenni di norme stratificate, interpretazioni sovrapposte e strumenti normativi parziali, che hanno permesso interpretazioni divergenti come quelle che hanno infine contribuito a generare il “caso Milano”, il disegno di legge n. 2332 propone una riforma organica del Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. n. 380/2001). La Commissione Ambiente della Camera ha iniziato l’esame in sede referente, aprendo la strada a una riforma che molti considerano urgente per rendere il settore edile più coerente, sostenibile e semplice da gestire. La proposta è firmata dalla parlamentare di Forza Italia Erica Mazzetti.

Principi guida della riforma del Testo Unico dell’edilizia

I principi direttivi della delega prevedono:

  • Un testo unico normativo che ricomponga e razionalizzi le leggi statali in materia edilizia, urbanistica e uso del territorio, superando sovrapposizioni e frammentarietà.

  • Definizione dei principi fondamentali dello Stato nella materia del governo del territorio, lasciando alle Regioni — in particolare quelle a statuto ordinario — spazi di dettaglio normativo, specie fino a quando le leggi regionali non si adeguino.

  • Sostenibilità, resilienza, inclusività: criteri che, nel nuovo quadro, dovrebbero orientare pianificazione e costruzione. Ciò significa guardare non solo agli aspetti tecnici, ma anche sociali ed ambientali.

  • Semplificazione dei procedimenti, digitalizzazione, riduzione degli adempimenti e degli oneri per i privati, obbligo per le amministrazioni pubbliche di acquisire d’ufficio dati già in loro possesso (catastali, tecnici, certificazioni).

Idee concrete per una riforma del Testo Unico dell’edilizia: categorie, regimi, strumenti

Alcune delle modifiche più rilevanti proposte per la riforma del testo unico dell’edilizia sono:

  • Categorie di intervento edilizio più chiare: trasformazione del territorio, trasformazione del patrimonio edilizio esistente, adeguamento funzionale, opere minori, manufatti privi di rilevanza edilizia.

  • Regimi amministrativi semplificati, con una riduzione: le attività edilizie dovrebbero essere divise essenzialmente tra permesso di costruire, SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), e edilizia libera.

  • Revisione del permesso di costruire in deroga, soprattutto per rigenerazione urbana, riuso di aree dismesse, edifici di interesse pubblico.

  • Norme più moderne riguardo varianti in corso d’opera, mutamenti di destinazione d’uso, tolleranze costruttive.

  • Introdotti strumenti della “conoscenza” come il fascicolo del fabbricato e l’anagrafe delle costruzioni, che dovrebbero migliorare trasparenza, manutenzione, controllo e stato legittimo delle costruzioni.

Tempi, metodo e rischi

Il Governo dovrà emanare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge delega per la riforma del testo unico dell’edilizia, uno o più decreti legislativi che rifacciano la disciplina edilizia secondo i criteri stabiliti. Nei successivi 24 mesi sono previsti uno o più decreti integrativi/correttivi per affinare il testo riformato. Il metodo prevede intese in Conferenza Unificata e pareri delle commissioni parlamentari. Qualora una regione non abbia adeguato la propria normativa, valgono norme transitorie.

Rischi

Il testo della riforma del testo unico dell’edilizia potrebbe rimanere troppo astratto se i criteri direttivi non vengono tradotti con chiarezza nei decreti. Ciò potrebbe lasciare spazio a interpretazioni divergenti, stagnazioni amministrative, o conflitti Regione/Stato. Il periodo transitorio sarà decisivo: quanto sarà lungo? Come si gestiranno i procedimenti già avviati? Come sarà garantita uniformità su tutto il territorio nazionale? Rischio che la semplificazione “a parole” non si traduca in pratica, specialmente per piccole amministrazioni che non hanno risorse per digitalizzazione e formazione.

Conclusione

La proposta di legge delega per la riforma del Testo Unico dell’Edilizia rappresenta probabilmente il tentativo più ambizioso in anni recenti di mettere ordine nella normativa edilizia e urbanistica. Se ben costruita, la riforma può diventare un volano per la qualità, la sostenibilità, e la trasparenza nel settore. Ma molto dipenderà dall’effettivo esercizio della delega, dal dettaglio dei decreti legislativi che verranno emanati, dalla disponibilità di risorse per il cambiamento e dal modo in cui si misurerà la coerenza tra il testo originale e l’implementazione concreta.


I tre articoli della proposta di legge per la riforma del Testo Unico dell’edilizia
Art. 1. (Delega al Governo per l’aggiornamento, il riordino ed il coordinamento della disciplina statale in materia di edilizia)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, volti ad aggiornare e riordinare sotto il profilo formale e sostanziale le disposizioni legislative vigenti in materia di edilizia e pianificazione urbana, anche in recepimento e attuazione della normativa europea, apportando le modifiche volte a garantire o migliorare la coerenza, la logica sistematica e la chiarezza delle disposizioni medesime.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri per gli affari regionali e le autonomie, per la pubblica amministrazione, per le riforme istituzionali e la semplificazione normativa e dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, che è reso entro il termine di trenta giorni dalla trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo. In mancanza dell’intesa nel termine di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Consiglio dei ministri approva una relazione che è trasmessa alle Camere, in cui sono indicate le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è stata raggiunta.
    Gli schemi di ciascun decreto legislativo sono successivamente trasmessi alle Camere, per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano entro quarantacinque giorni dalla data di trasmissione. Decorso il termine per l’espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, i decreti possono essere comunque adottati.

  3. Il Governo adotta i decreti legislativi di cui al comma 1 tenendo conto dei pareri espressi; ove il parere delle Commissioni parlamentari indichi specificamente talune disposizioni come non conformi ai princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge, il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione; le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro dieci giorni dall’assegnazione; decorso tale termine il decreto legislativo può essere comunque adottato.

  4. In conformità all’articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, questi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

  5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge e con la procedura di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.

Art. 2. (Princìpi e criteri direttivi)

  1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
    a) adottare un testo unico della disciplina legislativa in materia edilizia, operando una ricognizione delle norme statali vigenti in materia di urbanistica, edilizia e uso del territorio, all’interno di un quadro giuridico coerente, sotto il profilo logico e sistematico, aggiornando e semplificando il linguaggio normativo;
    b) individuare e definire, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, i princìpi fondamentali della legislazione statale afferenti alla materia del governo del territorio;
    c) individuare le disposizioni di dettaglio afferenti alla materia del governo del territorio operanti per le regioni a statuto ordinario qualora e fino a quando queste non abbiano autonomamente disposto;
    d) valorizzare l’autonomia regolamentare e organizzativa dei comuni;
    e) definire i livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, per le fattispecie di cui all’articolo 29, comma 2-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dell’articolo 5 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222;
    f) definire i princìpi fondamentali della materia della pianificazione urbanistica, tra cui:
      1) il principio di sostenibilità e resilienza della pianificazione, garantendo il diritto delle generazioni attuali e future ad abitare il territorio e le città, preservando le risorse naturali disponibili;
      2) il principio di inclusività, garantendo che le infrastrutture e i servizi siano fruibili da tutte le categorie di cittadini, nonché sostenendo le imprese locali nel promuovere la diversità economica all’interno della città;
    g) definire i princìpi fondamentali sulla struttura e sugli effetti dei piani urbanistici, anche con riguardo alle misure di perequazione e ai diritti edificatori;
    h) definire, con riguardo alla disciplina delle attività edilizie, i princìpi fondamentali della materia relativamente a:

  1. i limiti di distanza tra i fabbricati e i contenuti dei regolamenti edilizi comunali;

  2. i limiti entro i quali le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, prescrivendo che tali disposizioni derogatorie siano principalmente finalizzate a favorire, in quanto considerati di pubblico interesse, processi di qualificazione, riuso e recupero del patrimonio edilizio esistente;

  3. il regime giuridico degli interventi realizzati dalle pubbliche amministrazioni e dai privati su aree demaniali;

  4. la disciplina dell’attività edilizia in assenza di pianificazione edilizia;

  5. la documentazione attestante lo stato legittimo degli immobili, riconoscendo e valorizzando le funzioni di certificazione e di attestazione di conformità svolte nell’interesse generale dai tecnici abilitati allo svolgimento degli incarichi di progettista, direttore dei lavori e collaudatore delle opere edilizie;

  6. le categorie di intervento urbanistico-edilizio, distinguendo tra interventi di trasformazione del territorio, interventi di trasformazione del patrimonio edilizio esistente, interventi di adeguamento funzionale del patrimonio edilizio esistente, opere e interventi minori, non incidenti sulla trasformazione del territorio, nonché opere e manufatti privi di rilevanza edilizia;

  7. i regimi amministrativi delle diverse categorie di intervento urbanistico-edilizio, che consistono solo nel permesso di costruire, nella segnalazione certificata di inizio attività e nell’attività edilizia libera, secondo canoni di proporzionalità e gradualità;

  8. la disciplina del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici per edifici e impianti pubblici o di interesse pubblico ovvero per aree o immobili di proprietà privata al fine di favorire il recupero di aree industriali dismesse, per promuovere la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana volti alla riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee, o alla riorganizzazione funzionale di tessuti edilizi disorganici o incompiuti;

  9. le varianti in corso d’opera;

  10. i mutamenti della destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti, prevedendo che questi siano eseguiti in assenza di opere edilizie;

  11. l’utilizzazione temporanea di edifici e aree per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico, per finalità di riqualificazione di aree urbane degradate o dismesse;

  12. il contributo per gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione;

  13. la certificazione di agibilità degli edifici;

  14. la vigilanza sulle costruzioni, ivi comprese quelle sottoposte a tutela dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

  15. l’accertamento di conformità, distinguendo tra: accertamento di conformità per violazioni formali della disciplina urbanistica ed edilizia; accertamento di conformità per violazioni della sopravvenuta disciplina urbanistica ed edilizia, che non si applica agli interventi di nuova costruzione; interventi edilizi eseguiti ed ultimati prima della data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765;

  16. i provvedimenti sanzionatori;

  17. le tolleranze di costruzione;

  18. il regime civilistico degli atti giuridici relativi a edifici abusivi;

  19. le disposizioni fiscali dell’attività edilizia;
    i) garantire la semplificazione dei procedimenti amministrativi, attraverso la loro digitalizzazione e informatizzazione, riducendo a quanto necessario gli oneri documentali a carico dei privati e prevedendo uno sportello unico deputato alla ricezione delle istanze e al rilascio dei titoli abilitativi;
    l) prevedere che, ai fini della formazione dei titoli abilitativi previsti dalla presente legge, le amministrazioni siano tenute ad acquisire d’ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali già in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull’autenticità di tali documenti, informazioni e dati;
    m) prevedere, attraverso previ accordi e intese in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e tenendo conto delle specifiche normative regionali, la definizione e l’aggiornamento di modelli procedimentali uniformi per la presentazione delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni in materia edilizia, nonché per la gestione della medesima attività;
    n) prevedere, per tutte le costruzioni esistenti, una mappa conoscitiva di dettaglio delle stesse, sotto forma di fascicolo del fabbricato;
    o) promuovere prioritariamente gli interventi di adeguamento funzionale del patrimonio esistente, perseguendo l’obiettivo di azzeramento del consumo di suolo e prevedendo la possibilità di edificare nuove costruzioni anche in forza di demolizioni del patrimonio edilizio esistente;
    p) riordinare e aggiornare le disposizioni sulla resistenza e stabilità delle costruzioni, con particolare riguardo:

  20. alle norme tecniche;

  21. alla zonazione sismica;

  22. alle classi di rischio;

  23. ai soggetti del processo costruttivo, distinguendone ruoli, competenze e responsabilità anche con riferimento alle forme di polizza indennitaria;

  24. agli adempimenti tecnico-amministrativi e alle competenze;

  25. ai controlli amministrativi e alle sanzioni;

  26. all’anagrafe delle costruzioni;
    q) prevedere disposizioni in materia di sostenibilità ambientale delle costruzioni, con particolare riguardo:

  27. all’efficientamento energetico, sismico e idrico;

  28. al benessere acustico;

  29. all’inquinamento elettromagnetico;

  30. all’esposizione alle radiazioni ionizzanti;

  31. alla gestione dei rifiuti derivanti dall’attività edilizia;

  32. alla valutazione e alla certificazione della sostenibilità ambientale delle costruzioni;
    r) prevedere disposizioni volte a garantire la qualità e la centralità della progettazione edilizia;
    s) prevedere disposizioni sull’eliminazione o sul superamento delle barriere architettoniche nelle costruzioni;
    t) indicare esplicitamente le norme da abrogare;
    u) prevedere una disciplina transitoria volta a salvaguardare i procedimenti avviati prima della data di entrata in vigore della nuova disciplina.

Art. 3. (Disposizioni finali)

  1. Le disposizioni della presente legge e quelle dei decreti legislativi emanati in attuazione della stessa sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti di autonomia e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

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