Regali sbagliati a Natale: la busta coi soldi dei nonni era più efficiente

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22 Dicembre 2014

Lo so che, magari, state pensando agli ultimi regali improvvisi di queste frenetiche ore, perché il vostro collega, quello che vi sta davvero sulle balle, vi ha inaspettatamente fatto una sorpresa e non potete esimervi dal ricambiare, per il benessere vostro e per l’equilibrio aziendale.  So anche che, magari, riflettete su quale sarà, quest’anno, il supplizio cui vi sottoporrà vostra zia, capacissima di indovinare con regolarità statistica la peggiore cravatta dell’anno o qualche prodotto di gastronomia raffinatissimo del quale, naturalmente, non ve ne farete alcunché (una cassettina di sali pregiatissimi dell’Himalaya, che tanto bene fanno al colesterolo, non si nega a nessuna credenza).

Molti di voi, poi, saranno in crisi persino con la dolce metà, assolutamente insicuri su quale sia il regalo giusto per il vostro perfect match, con la non trascurabile eventualità di generare sconforto e crisi matrimoniale perché voi desideravate il drone e lei, invece, vi regala un abbonamento anti-divano alla palestra.

Diciamocelo senza troppi fronzoli: il Natale, per chi il regalo lo riceve, può trasformarsi in una colossale perdita di efficienza economica. Al di là della retorica sul ‘siamo tutti più buoni’, ‘recuperiamo i valori della tradizione’, ‘L’Italia nel 2015 sarà in grado di farsi i selfie’, ciascuno di noi, per almeno 5 minuti della sua vita, deve avere pensato, di fronte a un’orrida agendina con la copertina a quadrettoni, regalataci da qualche incauto amico:

“Ma dammi 30 euro che compro uova e pasta al supermercato”.

Il Natale, insomma, può tradursi in una clamorosa inefficienza recessiva.

In economia, la chiamano perdita secca, nel senso che proprio il valore monetario di quanto perso si smarrisce nel destino del segno meno del PIL.

Voi chiederete: sì, caro seccatore, ma quanto vale questa perdita secca?

Beh, qualcuno, ormai diversi anni fa, la domanda se l’è posta e ha pure provato a rispondere, con un articolo che nel 1993 fu pubblicato addirittura dalla prestigiosissima American Economic Review.

Mica pizza e fichi (secchi, per rimanere in stagione).

L’autore si chiama Joel Waldfogel (Yale University) e ha utilizzato due piccoli campioni di studenti della sua università per fare dei test. La metodologia è lontana dall’essere robusta e lo stesso autore non pretende che i risultati dell’inchiesta siano rappresentativi. Inoltre, con molta onestà, il nostro sottolinea anche che il valore intrinseco del dare non sia per nulla in discussione.

È l’inesorabile delusione del ricevere che chiede la sua vendetta.

Secondo un banalissimo principio base della microeconomia, infatti, ogni consumatore razionale conosce meglio di chiunque altro i suoi gusti e le sue preferenze, per cui dovrebbe da sè badare alla soddisfazione degli stessi, una volta entrato in possesso, naturalmente, delle risorse monetarie necessarie agli acquisti.

Se il consumatore suddetto riceve un regalo, quindi, al più il risultato migliore che possa realizzarsi è che il fortunato donatore indovini perfettamente i gusti del ricevente, pareggiando, in ogni caso, ciò che avverrebbe se fosse quest’ultimo a comperarsi da sè il prodotto.

Ma nella stragrande maggioranza dei casi così non avviene!

Il Natale è un gigantesco incontro di regali sbagliati che, piaccia o non piaccia, genera inefficienza.

La stima della medesima fatta da Waldfogel si traduce in un 10-15% della spesa totale (ed è il valore più prudenziale, perché nel peggiore dei casi si arriva a una perdita di efficienza del 30%).

Negli anni ’90, negli Stati Uniti, si spendevano 40 miliardi di dollari, il che ci porta a concludere che si bruciavano, così senza colpo ferire, 4 miliardi di dollari (più del fatturato di Facebook, per intenderci).

L’articolo mostra che questa inefficienza, naturalmente, non è distribuita uniformemente tra i gruppi: più aumenta la distanza sociale, infatti, tra chi dona e chi riceve e più si corre il rischio di sbagliare regalo. Anche la differenza di età, inoltre, come è lecito aspettarsi, non aiuta l’intonarsi dei gusti natalizi.

Cara vecchia busta coi soldi di nonni e parenti:  contribuisci al Pil come nemmeno tu stessa arrivi ad immaginare!

E voi, puristi del Natale che storcete il naso a questo calcolo che toglie romanticismo alla vostra festa decorata, non vi preoccupate: con il 2015 potrete mettere all’asta su eBay la collezione dei francobolli del Papa buono che avete ricevuto in regalo da vostro cognato.

Ai tempi di Waldfogel, l’immensa industria del riciclo online non aveva ancora visto, infatti, i suoi Natali.

 

TAG: consumi, crisi, Economia, Natale
CAT: consumi, macroeconomia

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