Il potere cafone dei Casamonica? “Si ritorcerà contro di loro”

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15 Maggio 2018

“A differenza delle organizzazioni mafiose in senso classico, i Casamonica mantengono un comportamento istrionico, di grande visibilità e fanno di tutto per ostentare il loro potere arrogante, cafone, urlato in segno di disprezzo verso le istituzioni ed il contesto sociale «normale». Questo li espone, ovviamente, alla attenzione dei mezzi di informazione e di conseguenza alle forze di polizia”, a parlare è il dottor Giorgio Droetto, medico legale e criminologo.

I Casamonica sono uno dei misteri italiani viventi: un clan familiare di circa mille persone, compresi i parenti come gli Spada e i Di Silvio, che da anni vive di crimini di ogni tipo, dal traffico e spaccio di droga alla rapina, passando per le estorsioni, i furti, le occupazioni abusive di case popolari, i pestaggi eccetera eccetera, e si permette anche gesti molto eclatanti senza che il suo potere appaia essere scalfito.

L’ultimo episodio riportato dai giornali è il pestaggio di una donna disabile e di un barista romeno perché “non erano stati serviti per primi al bar”. Le due vittime, dimostrando un coraggio assente negli avventori testimoni della violenza, hanno denunciato i responsabili, che per inciso hanno anche sfasciato il locale: due giovani cugini Antonio Casamonica e Alfredo Di Silvio, già noti alle forze dell’ordine e consumatori di cocaina, i quali sono poi elegantemente fuggiti in Ferrari. Che esito ha avuto la denuncia? Le due vittime si sono dovute ricoverare in un ospedale lontano dal territorio dei Casamonica ma sono state raggiunte anche lì e intimidite per ben 38 giorni di fila, finché i giornali non hanno sollevato il caso: a quel punto i due cugini sono stati arrestati. Le forze dell’ordine affermano che è stata solo una coincidenza perché l’arresto era già stato deciso.

Sarà, ma intanto resta la percezione dell’impunità di questa famiglia mafiosa. Tutta Italia ancora ricorda il funerale del capoclan Vittorio Casamonica, con tanto di carrozza e banda che suonava la colonna sonora del “Padrino”, il celebre film di Francis Ford Coppola, che racconta le imprese di una famiglia mafiosa italo-americana e che ha segnato l’immagine mondiale del nostro Paese.

Dottor Droetto, la mafia notoriamente agisce lontano dai riflettori, per evitare di attirare l’attenzione di giornalisti e polizia: perché i Casamonica hanno compiuto un gesto così eclatante e gratuito come massacrare due persone per non essere stati serviti per primi?

“Forse, ma per ora è solo un sospetto, si è trattato di una situazione psicopatologica fatta scattare da un elemento «trigger» che potrebbe essere costituito da un lato dall’azione disinibente dell’alcool dall’altra all’ assunzione di sostanze d’abuso (cocaina o altro). Probabilmente i due cugini Casamonica soffrono di disturbo antisociale di personalità”.

Di cosa si tratta?

“È un disturbo che si contraddistingue per una sistematica violazione dei diritti delle altre persone, non riconoscendo le fondamentali regole morali e sociali del vivere civile. Esplode nell’atto in cui compulsivamente devono dimostrare, spesso accompagnati da altri soggetti con cui sinergicamente interagiscono e trovano forza, una assenza di empatia e di sensi di colpa per il dolore e i danni causati ai terzi.

Il comportamento tenuto nel locale pubblico trova il suo innesco nel momento in cui si sentono trattati da clienti normali e invitati ad attendere il loro turno, fatto che collide e fa esplodere il loro io ipertrofico e frustra il loro narcisismo patologico”.

Così picchiano una donna disabile e un barista straniero.

“Sì, perché nella scala di valori in cui sono cresciuti e in cui credono una donna e un romeno sono a loro inferiori e non devono contraddirli, ma anzi devono sempre stare zitti e proni davanti a un Casamonica. A maggior ragione se la donna anche portatrice di disabilità, e quindi nella loro visione è uno scarto umano, un nulla”.

E invece le due vittime hanno reagito denunciando.

“Hanno rovesciato con il loro gesto la costruzione mentale dei due balordi, destabilizzando la loro logica, forse perché sia la donna sia il barista vivono in una società dove può essere complesso tirare a campare. Questo ha dato a entrambi probabilmente la forza e la sana rabbia che io chiamerei dignità di ribellarsi, cosa non avuta dagli altri avventori, attori passivi e supini di quel triste teatrino”.

Dopo questo ennesimo gesto di arroganza e ferocia, secondo lei il clan pagherà le conseguenze?

“Sicuramente vi saranno conseguenze di carattere giudiziario: saranno maggiormente attenzionati nelle loro attività dai controlli degli organi di polizia e della magistratura.

Ma visto anche i precedenti, dove sicuramente non si può parlare di un basso profilo di questa famiglia, ritengo che i Casamonica affronteranno queste vicende con la stessa arroganza, ignoranza è presunzione che fino ad oggi hanno dimostrato.

Non ritengo improbabile che a personaggi gerarchicamente superiori nella organizzazione criminale risulti invece un disturbo quello che deriva da tutta questa attenzione, mediatica e non solo, e che possa intervenire secondo le leggi non scritte nel crimine organizzato per riportare la situazione fuori dalla luce dei riflettori”.

Un’ultima nota di colore: i due cugini, dopo il pestaggio di due persone e la devastazione di un bar, sono fuggiti in Ferrari. Cosa pensa di questa ostentazione materiale?

“A questa osservazione io francamente non avrei una risposta ma posso raccontare un piccolo aneddoto personale che forse può aiutare a riflettere.

Ho un caro amico, anziano imprenditore di successo, con una florida attività industriale, che coltivava fin da bambino il sogno di possedere una Ferrari. Lavorando onestamente, e con successo, un giorno questo desiderio lo ha potuto realizzare.

Frequentandolo, mi sono accorto che il bolide di Maranello non usciva praticamente mai dal suo garage privato. Alla mia richiesta di spiegazioni l’amico così mi ha risposto: «Innanzitutto se esco con la Ferrari do nell’occhio e posso divenire un bersaglio della criminalità organizzata e potrei essere anche sequestrato»”.

È chiaro.

“Ma non basta, perché il mio amico ha aggiunto: «Inoltre, ogni volta che utilizzo l’auto, devo praticamente prendere in vettura tutta la documentazione fiscale della mia azienda perché è quasi certo che la prima pattuglia della Guardia di Finanza che incrocio mi ferma e vuole capire come ho fatto ad acquistare una macchina di questo tipo e io devo dimostrare ogni volta di potermela permettere lecitamente»”.

Allora ci si domanda se i Casamonica in Ferrari hanno mai incontrato una pattuglia della Guardia di Finanza.

“Non lo so; dipende da quanto è presidiato il territorio”.

TAG: casamonica, Forze dell'ordine, mafia, Magistratura, Roma
CAT: Criminalità, Roma

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