Nuova vita ai beni confiscati alla mafia

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5 Ottobre 2021

Sesto San Giovanni (MI) sabato 25 settembre viene inaugurata la nuova sede AVIS, la casa dei donatori di sangue che al suo interno ospita la sedefi AIDO Gruppo Comunale di Sesto San Giovanni e un info point di ADMO. Il luogo viene dedicato a Gino Strada, sestese doc, fondatore di Emergency, scomparso di recente. I locali che ospitano l’iniziativa fanno parte di un immobile sequestrato anni fa alla mafia e affidato al comune di Sesto San Giovanni che, dopo un primo utilizzo come “informa giovani”, viene concesso in uso ad AVIS.

Un esempio virtuoso di come i beni confiscati alla criminalità organizzata, possono essere utilizzati per fini sociali. Operazione complessa, non priva di criticità che ha richiesto tanto tempo di gestazione. La legge in tema di confisca nasce molti anni fa, con un nobile, ma complicato, obbiettivo.

Cerchiamo di capirne qualcosa di più:

Quest’anno sono 25 anni dalla nascita della legge (n. 109/96) che dava la possibilità di riutilizzare, per scopi sociali, i beni confiscati. Legislazione nata dalla mobilitazione di circa 300 tra Gruppi e Associazioni, capitanate da Don Ciotti, che hanno dato il via a LIBERA, cartello di associazioni contro le mafie.  In questi 25 anni sono oltre 35mila i beni immobili confiscati, dei quali oltre 14mila destinati agli enti territoriali. Circa 10.000 sono stati destinati a fini sociali.

Un’iniziativa che fece discutere e attirò l’attenzione del mondo politico e sociale. Colpendo le ricchezze accumulate con metodi illeciti si colpisce direttamente la criminalità organizzata. Si evita che i giovani, senza nulla da perdere, vengano reclutati e si impedisce il riciclaggio di denaro sporco.

A seguito di questa legge, nel 2010 nasce l’Agenzia Nazionale di Stato con il compito di amministrare e coordinare la destinazione dei beni sequestrati e confiscati. Una iniziativa nobile ma che presenta alcune criticità, vediamo quali. Innanzitutto il largo lasso di tempo che intercorre tra i provvedimenti di sequestro e l’assegnazione definitiva all’Agenzia da parte dei Tribunali, a cui si aggiungono i tempi della burocrazia. Il pericolo è rappresentato dal fatto che, in questo lungo periodo, i beni possano ritornare nelle mani della criminalità o diventare improduttivi. I beni che non possono essere destinati a scopi sociali o istituzionali, vengono messi in vendita e il direttore Bruno Frattasi ha firmato recentemente un Protocollo, con il Procuratore Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, per rafforzare le verifiche antimafia sulla vendita, con l’obiettivo di impedire ogni tentativo di infiltrazione mafiosa nelle procedure di dismissione.  L’agenzia compie un lavoro encomiabile sotto due punti di vista: l’alto valore etico di dare nuova vita a beni che in passato hanno generato denaro sporco e la funziona sociale di mettere a disposizione terreni e immobili per i giovani, per le persone che stanno affrontando un disagio sociale, per le donne maltrattate…

Un’ulteriore difficoltà però è rappresentata dalla mancanza di un contributo finanziario al momento dell’assegnazione, che risulta indispensabile per le opere di ristrutturazione e per l’avvio delle attività, rischiando così che i beni assegnati, rimangano in gran parte inutilizzati.

L’attuale versione del PNRR recita: «Si interviene sulla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, potenziando il lavoro congiunto dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati e dell’Agenzia per la coesione territoriale, con investimenti finalizzati alla restituzione alla collettività dei beni confiscati e al loro utilizzo a fini di sviluppo economico e sociale (inclusa la creazione di posti di lavoro), nonché come presidi di legalità a sostegno di un’economia più trasparente e del contrasto al fenomeno della criminalità».

Mancano però scelte politiche adeguate, esistono beni immobili, aziende confiscate, somme di danaro confiscate che hanno raggiunto dimensioni enormi, impensabili 25 anni fa.  A questo fa eco lo scarso numero di beni immobili valorizzati, risibile il numero di aziende rimesse in moto, non sempre chiara la destinazione delle somme confiscate.  Per uscire da questo immobilizzo la proposta è quella di trasformare l’attuale agenzia in Ente pubblico economico con personale qualificato in campo finanziario, immobiliare, industriale, agroalimentare. Tutte le risorse confiscate dovrebbero venire destinate al medesimo ente per gli investimenti necessari alla valorizzazione dei beni.

In merito ai beni immobili destinati per iniziative sociali gestite da Enti del Terzo settore, torniamo a Sesto San Giovanni con la testimonianza di Giusy Fortunato, mente operativa dell’associazione, insieme all’attuale VicePresidente Dante Piero Belotti, che con la sua caparbietà ha contribuito al buon esito dell’operazione.

Si trattava in origine di un negozio di  calzature e abbigliamento, posto sotto sequestro dalla magistratura, durante un indagine sullo sviluppo della criminalità organizzata nel nord italia, un immobile oggetto del riciclo del denaro “sporco”, utilizzato dal Comune per diversi anni come punto informa giovani. Le onerose spese condominiali spingono l’amministrazione a trasferire il punto di assistenza in altre sedi comunali. La legislazione prevede, che i beni confiscati alla criminalità organizzata, in dotazione alla struttura pubblica, vengano utilizzati per fini sociali  direttamente o concessi in uso ad associazioni con finalità sociali.  Per avere gli spazi in concessione è necessario presentare uno specifico progetto al comune, che rispecchi i requisiti di carattere sociale, il nostro prevedeva la promozione del dono del sangue come strumento di Tutela della salute pubblica, la prevenzione delle malattie vascolari e i corretti stili di vita. La concessione è regolata da un contratto di comodato d’uso gratuito, restano a nostro carico le spese condominiali oltre a quelle ordinarie.”

Chiedo a Giusy Fortunato di spiegare meglio in concreto le attività che fanno parte del progetto.

In sede dobbiamo fornire informazioni ai cittadini, in merito non solo all’attività di donazione del sangue, ma anche di organi e midollo grazie alla presenza al nostro fianco di AIDO Sesto S. Giovanni e ADMO Provinciale di Milano. Deve essere poi attivo un canale con l’ospedale cittadino per prevenire eventuali carenze di sangue. Facciamo poi un’intensa attività nelle scuole superiori del territorio, mirata non solo alla raccolta del sangue, ma, soprattutto, a fornire uno screening agli studenti maggiorenni ai quali forniamo risposte ai quesiti più delicati con medici dedicati.

Che ruolo ha avuto l’amministrazione comunale in tutto questo?

Come tutti sanno Sesto s. Giovanni e stata governata da coalizioni di centro sinistra dal dopoguerra fino al 2017 con le quali i nostri vertici hanno sempre avuto ottimi rapporti. Gli stessi sono proseguiti con la nuova amministrazione di centro destra che ha segnato per la città un cambio epocale.

L’amministrazione comunale, tiene molto allo scambio tra comune e associazioni di volontariato, la concessione deve essere ripagata da un’attività sociale, e AVIS non ha certo bisogno di presentazioni per le attività che svolge. La vicinanza delle altre due associazioni Aido nata nel 1968 da una costola di AVIS a Sesto e ADMO con noi da poco ha facilitato la realizzazione del progetto. Con il progetto scuole è stata pensata, e realizzata l’auto emoteca che ha lo scopo di recarsi nelle scuole, per monitorare attraverso l’accesso alla donazione di sangue, sia la salute dei ragazzi, che la presentazione di una possibilità di volontariato e di uno stile di vita, che non sia quello stereotipato che i giovani di oggi percepiscono da altre fonti tipo i social o altro. In un’ora di lezione non si può fare molto, la formazione non si può definire esaustiva, ma insomma un seme viene gettato per dare ai ragazzi delle informazioni, degli input, e questo all’amministrazione è piaciuto molto.

Quali difficoltà avete incontrato?

Il passaggio alla nuova sede è stato piuttosto lungo. La normativa prevede che la concessione dei beni confiscati sia per un tempo limitato, non è possibile avere un contratto per la durata di dodici anni, la giunta ci propose inizialmente un contratto della durata di tre anni, una durata troppo breve per le nostre attività che vivono di lavoro del volontariato. Per richiedere un tempo più lungo la pratica doveva passare in consiglio comunale e ciò ha richiesto tempi più lunghi, alla fine siamo riusciti ad ottenere un contratto di sei anni che tutto sommato comincia ad essere un tempo ragionevole per la realizzazione dei nostri progetti. L’immobile viene concesso per un progetto e per il tempo necessario a realizzarlo questo recita la norma. Tra sei anni ci porremo il problema, tutto dipenderà da eventuali nuovi progetti oltre che dal cambio di giunta, va da se che certe decisioni hanno anche un carattere politico. Non è facile valorizzare in forma economica un’attività di volontariato. Dobbiamo quindi ringraziare l’attuale amministrazione che ha reso possibile l’iniziativa e siamo contenti di rendere un servizio utile ai cittadini. E’ bello che la società civile si appropri di ciò che la mafia e la criminalità avevano usurpato. E’ un segnale importante.

Il sindaco di Sesto San Giovanni, Roberto Di Stefano, e l’assessore ai Servizi Sociali, Roberta Pizzochera, che si sono spesi molto per il progetto, durante l’inaugurazione hanno affermato “oggi questo immobile confiscato alla mafia prende nuova vita con un progetto sociale molto importante che vedrà l’impegno e la professionalità della sezione sestese di Avis.” Un esempio concreto e virtuoso, peccato per le criticità legate a tempi lunghi causati da un eccessiva burocratizzazione. Resta la fiducia nell’Agenzia Nazionale di Stato a braccetto con la semplificazione della pubblica amministrazione da tempo agognata.

TAG: beni confiscati, beni sociali, criminalità organizzata, mafia
CAT: Criminalità, terzo settore

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