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Arte

Venere ed il mare

di Biagio Riccio
18 Luglio 2020

L’ho rivisto: il suo colore azzurro è vivido, abbagliante, nitido. Ora vorrei prendere addosso tutta la sua acqua fresca, il suo profumo di sale e sentirlo respirare, quando con le sue onde tocca la battigia. E la risacca dà vita a quell’andirivieni  e nel frangente del flutto sono travolto e bagnato da quest’acqua tersa, che pulisce anche i miei pensieri.
Vedo il promontorio, un caimano scamosciato ed addormentato che dirupa nell’acqua; proprio lì, secondo la leggenda, cadde Palinuro, il timoniere di Enea, perché c’è l’incrocio dei venti. Ma forse Palinuro era affascinato ed ammaliato da quest’acqua e sapendo che il mare avrebbe dovuto inghiottirlo, perché il suo destino era quello di morire in mare, lo preferì pieno di grotte e di spiagge, ove gli innamorati intrecciano i loro corpi e donne bellissime si espongono a sguardi voluttuosi.
Tu, mare, devi accompagnare il mio riposo, rinfrescare le mie stanche membra, addolcire i miei lunghi sonni ed ispirare i miei biglietti d’amore, povera poesia.
Perché rappresenti l’infinito, sei la quintessenza degli sterminati spazi, mi fai cogliere una felicità inaspettata, quando il mio madido volto affonda e prende voglioso le tue acque: con gli occhi chiusi vedo una luce ispirata dal sole, come se un arcobaleno mi attraversasse e penetrasse dentro, colorando la mia anima e reinventando il mio cuore.
E nuoto e bevo anche un po’ del tuo sale, per non dimenticarti e portarti dentro, come faceva Ulisse per l’alto mare aperto, quando voleva attraversare le colonne d’Ercole, là dove finiva il mondo.
Sì, perché tu mare sei il recinto dove l’uomo si dispera e combatte il fato, si misura con il suo destino, si crede un Dio che vuole affrontare la natura, vuole travolgere i confini, l’anoressia dei limiti, ritrovarsi nell’altrove per toccare il cielo e sfidare le moire che tagliano il filo della vita.
Con te si fissa e si staglia l’orizzonte dove arriva lo sguardo, come se si delimitasse con un davanzale, al di là del quale non sappiamo cosa ci sia: forse la fuga delle anime che si apprestano a salire in cielo per incontrare l’architetto di questo mondo, che spesso dimentica le sue creature, sempre a combattere contro mali misteriosi ed esoterici.
Il blu è il più bel colore ed è quello del mare che d’inverno porta la dolce malinconia, e vederlo e sentirne l’odore nelle giornate di freddo, intenerisce il core e fa piangere gli innamorati che si abbracciano e cingono i loro corpi in un unisono avvolto nel suo vento impetuoso e carezzevole: forse è lo Spirito di Dio che ci ricorda le letizie dell’universo.
Tutto diventa vecchio tranne il mare, che è sempre giovane allegro ed indomito, come i tuoi occhi color azzurro, che mi riportano al sapore dell’eterna estate.
E la luna ti cerca di notte e, quando si cala nelle tue acque increspandole, suggella l’amore delle cose di Dio.
Anche quando parli, con le tue tempeste agitate da Poseidone, sei come una procace fanciulla che chiede di essere amata tutta e spegne ogni suo timido pudore per regalare la gioia incandescente al suo uomo.
Resta del mare soltanto la melanconia, le sue carezze, la sua amara dolcezza.
Il mare sei tu, amor mio, e mi puoi accogliere nelle supreme armonie del tuo corpo levigato da un’acqua azzurra, che sconvolge il mio sguardo abbacinato dalla tua florida bellezza, fianchi opimi di curve sinuose, come quelle delle sirene melodiose.
Vorrei inabissarmi e scomparire con te sul fondo di sassi muschiosi o tra le alghe ondeggianti in compagnia dei pesci che guizzano accanto.
E vorrei rivederti, mentre esci da un’onda con il corpo tuo perlato e mi osservi, sapendo che, ostinato, vorrei lambirlo per godere delle dolci cose.
Ti adagi accanto a me, fai cadere la tua discinta vesticciola, sciogliendo il nodo che la rapprende sul fianco arcuato, come quello di una statua di Fidia: le tue gambe sono lunghe e robuste e sulla tolda del veliero mi sdraio dappresso per baciarti con la bocca piena di sale, mentre chiudi gli occhi e dolcemente sorridi, accarezzando il mio volto tremolante.
Mi irrora l’aspra nostalgia di non averti amato prima, mia Musa; sogno di abbracciarti su quel magico ponte d’oro prolungato sul mare di luce e di silenzio.
Voglio il mare per tutta la vita, perché incontro Dio e bacio davanti a lui con te tutti gli amori che un uomo possa ambire.
Su quella tolda Venere è accanto a me.

estate grecia letteratura mare
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