Beni culturali

Federico II e le tombe reali palermitane

Un libro riscrive la storia di una delle attrattive più importanti dal punto di visto storico-artistico della città di Palermo

19 Ottobre 2025

 

Molto celebrate, a tal punto da essere considerate meta immancabile per quanti visitano Palermo, le Tombe Reali palermitane, sono state oggetto, nel tempo di attenzione di studiosi che ne hanno lasciato memorie e saggi che, di per sé, sembravano non lasciare “ancora margini di approfondimento e di rilettura” come scrivono gli autori del volume “Federico II e le tombe reali palermitane” di Giovanni Tessitore e Adalberto Magnelli, ed. Antipodes, opera della quale ci occupiamo.

Un volume frutto di passione e di ricerche approfondite, il cui valore scientifico non lascia ombra al dubbio, che mette in discussione verità tradizionalmente accettate, prima fra tutte quella che i sarcofagi di porfido – pietra rara e preziosa utilizzata dagli imperatori romani per le proprie sepolture – siano stati realizzati ex novo, in ipotetiche officine siciliane, da presunte maestranze palermitane particolarmente esperte nella lavorazione di un materiale non facile da modellare.

Un volume che non si fa scrupolo, documenti alla mano – utilizzando peraltro anche fonti poco conosciute o, forse, anche sottovalutate – di segnalare errori e lacune interpretative in cui sono incorsi, in qualche caso volutamente, quanti studiosi o cronisti si sono occupati del tema

L’interesse che, nel tempo, è stato rivolto alle Tombe Reali della cattedrale di Palermo, ma sarebbe più corretto estendere il discorso anche al Duomo di Monreale – considerato che, come scrivono gli stessi autori, il sarcofago di porfido dove riposa il suo sonno eterno re Guglielmo, detto il malo, per la fattura e la manifattura non può che essere ascrivibile allo stesso periodo di realizzazione dei sarcofagi di Federico e di Enrico suo padre – sarebbe stato motivato, non solo dalla preziosità dei manufatti, ma dall’alto valore simbolico che alle stesse è stato attribuito. le tombe reali sono state infatti utilizzate per rivendicare regali dirette ascendenze strumentali alla conferma della legittimazione del potere, basta infatti soffermarsi sulle vicende che le hanno interessate per averne conferma.

Dal loro spostamento da Cefalù, dove sarebbero stati originariamente collocati, a Palermo – secondo la tradizione frutto di un inganno ordito da Federico II in danno di Giovanni, vescovo di Cefalù – operazione che, invece, gli autori più verosimilmente attribuiscono, alla luciferina decisione di Manfredi re di Sicilia e – sotto sotto – aspirante alla corona imperiale, al desiderio dei sovrani spagnoli di trasferirli all’Escorial, fino ad arrivare al maldestro, e tutt’altro che leggendario, ordine arrivato da Berlino, forse attribuibile a Goering, di trasferirli in Germania poco prima che gli Alleati, vittoriosi, entrassero a Palermo.

Entrando, brevemente, nel merito, gli autori ci informano, ma si tratta di fatti abbastanza noti, i sarcofagi dove sono deposti i resti dei più importanti sovrani di Sicilia – da Ruggero II, il fondatore del Regno, a Federico II, lo stupor mundi, per arrivare alla Gran Costanza, come la definì Dante nella Commedia, imperatrice e regina di Sicilia, per citare i più importanti – sono stati oggetto di curiosità, perfino morbose, e proprio per queste ragioni, financo profanati.

Non è un caso che si sono registrate nel corso dei secoli e talora in coincidenza di eventi epocali, numerose aperture ufficiali a cui sarebbero da aggiungere quelle che, possiamo definire, clandestine.

Di queste aperture gli autori, con dovizia di particolari, ne enumerano le sequenze e, ove le fonti lo consentono, i risultati, rendendoci anche edotti di interventi pressoché ignoti anche a studiosi molto rigorosi.

E soffermandosi su queste aperture ne evidenziano le traversie degli stessi manufatti, sottolineandone i danni che hanno subito, i veri e propri saccheggi che gli stessi hanno subito ad opera di mani sacrileghe, ma anche talune falsificazioni dei resoconti redatti da chi si era occupato delle operazioni.

Ed infine. Come sappiamo, la narrazione storica non è mai definita una volta e per tutte, la storia si riscrive in continuazione alla luce delle

nuove scoperte e dei nuovi documenti acquisiti dagli studiosi che ne fanno sapiente strumento di conoscenza. È il caso di questo  importante volume, le cui circa 40 pagine di bibliografia dimostrano la serietà e la profondità dell’impegno elaborativo che offre. un non indifferente contributo alla rivisitazione di qualche pagina importante della storia siciliana. Una storia fascinosa che, come ben sappiamo è, purtroppo, poco conosciuta perché estremamente complessa e densa di lati oscuri e controversi che inducono in errori o consentono perfino, facili, manipolazioni e poco oneste rielaborazioni ad usum delphini.

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