Letteratura

Grandezza di Borges

La grandezza di Borges sta nella sua capacità di raccontare anche storie drammatiche e sconvolgenti in uno spazio narrativo ristretto, senza dare spazio alla retorica o a descrizioni superflue.

21 Novembre 2025

Trovo su una bancarella di libri usati una raccolta di racconti di Borges, intitolata “Il Manoscritto di Brodie”.
Nella prefazione Borges scrive queste parole:
“Ho cercato di redigere racconti lineari.
Non mi azzarderò a dire che sono semplici; sulla terra non c’è una sola pagina, una sola parola che lo sia, giacchè tutte postulano l’universo, il cui attributo più noto è la complessità.
Voglio solo chiarire che non sono, nè sono mai stato, quel che un tempo si chiamava un inventore di favole o un predicatore di parabole e oggi uno scrittore impegnato.
Non aspiro ad essere Esopo.
I miei racconti, come quelli della Mille e una notte, intendono distrarre o commuovere, non persuadere”
Questa piccolo paragrafo è quasi un manifesto della poetica borgesiana che si sostanzia in due punti: linearità e “asetticità” del racconto.
C’è un racconto assolutamente truce in questa raccolta.
Si intitola “L’intrusa”.
E’ la storia di due fratelli che vivono in una fattoria.
Un giorno uno dei due, Cristiàn, si porta a casa una donna.
“Juliana aveva la carnagione scura e gli occhi a mandorla. Bastava che qualcuno la guardasse perché sorridesse. In un queartiere modesto, dove il lavoro e la trascuratezza rovinano le donne faceva la sua figura”
L’altro fratello, Eduardo, si innamora di Juliana. Cristiàn se ne accorge e, una sera, andando ad una festa, dice al fratello:
“Ti lascio Juliana; se la vuoi, usala”.
Il tono è – scrive Borges-” autoritario e cordiale”.
Da quella notte i due si dividono la ragazza .
Ma il menage a trois non è facile. I due cominciano a non andare più d’accordo. Non parlano mai di Juliana, ma prendono a litigare per delle piccole cose. Cercano e trovano continuamente ragioni di contrasto.
Non lo sanno, ma sono gelosi l’uno dell’altro.
Anche perché la donna, che si prende cura di entrambi “con una sottomissione bestiale”, non riesce a nascondere la sua simpatia per il minore dei due fratelli, Eduardo.
Ad un certo punto i due fratelli si mettono a discutere nell’aia della fattoria .
Vogliono trovare una soluzione per porre fine alla vicenda e recuperare l’armonia perduta.
“Lei si aspettava una lunga discussione e se ne andò a letto, ma poco dopo la svegliarono. Le fecero riempire una borsa con tutto quello che possedeva, senza dimenticare il rosario e la piccola croce che le aveva lasciato sua madre.
Senza darle spiegazioni, la fecero salire sul e intrapresero un lungo e noioso viaggio. Aveva piovuto, le strade erano molto fangose e dovevano essere le cinque del mattino quando arrivarono a Moròn. Lì la vendettero . Cristiàn incassò la somma e la divise con l’altro”
Poco tempo dopo Cristiàn va al bordello e scopre Eduardo che sta aspettando il suo turno.
Dice allora la fratello :
“Se continuiamo così, li stancheremo, i cavalli. Sarà meglio che la teniamo a portata di mano”
Parlano con la tenutaria, le danno dei soldi e riportano a casa Juliana.
Tutto ricomincia come prima.
Poi un giorno Cristian confessa al fratello di avere ucciso Juliana e di averne portato il cadavere in un canneto.
“L’ho uccisa– dice –ora non farà più danni”
“Si abbracciarono, quasi piangendo. Adesso li univa un altro vincolo: la donna tristemente sacrificata e l’obbligo di dimenticarla”
Quanti scrittori saprebbero raccontare una storia come questa in sole tra pagine?
Quanti rinuncerebbero a dettagliarla e appesantirla per sfruttare a dovere uno spunto narrativo così potente?

Borges è lineare, diretto.
Racchiusa in quelle tre pagine, la sua storia ti stende, è secca come una frustata, potente come un pugno che ti arriva alla bocca dello stomaco.
Ma sfido chiunque a giudicare l’autore indifferente rispetto al contenuto della storia. Sa benissimo che sta scrivendo una storia raccapricciante e che i suoi protagonisti sono spregevoli.
Ma si trattiene, mette a nudo quella spregevolezza senza commentarla, se non con quell’aggettivo e quell’avverbio che si collocano alla fine del racconto, quando definisce Juliana una donna “tristemente sacrificata”.

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