Baratti spiaggia tramonto sole

Letteratura

L’Uomo e il Mare di Stefano Tamburini

Il 2 febbraio 1989, l’esperto sub Luciano Costanzo si immerse nelle acque tra Piombino e San Vincenzo. Qui, fu divorato da uno squalo bianco. L’ex direttore del Tirreno Stefano Tamburini descrive questa vicenda nel suo libro “L’Uomo e il Mare”.

19 Settembre 2025

Recensione a L’Uomo e il Mare di Stefano Tamburini, Edizioni Il Foglio Letterario, Piombino, 2024, pp. 234, euro 4,99 edizione e-book, euro 13,30 edizione cartacea.

 

Il 2 febbraio 1989, l’esperto sub Luciano Costanzo si immerse nelle acque di fronte allo scoglio dello Stellino, tra Piombino e San Vincenzo. A un certo punto, le bolle delle bombole accelerarono, come a testimoniare una risalita troppo veloce. Quando riemerse, i testimoni capirono il motivo di quella fretta. Infatti, con lui emerse uno squalo bianco, che lo attaccò tre volte prima di portarselo sott’acqua.

 

Il fatto

Il libro di Stefano Tamburini, giornalista ed ex direttore del quotidiano “Il Tirreno” ripercorre questa vicenda che ha risvegliato le paure ancestrali della popolazione di una terra legata al mare come la Val di Cornia. Ma ha anche dato vita a teorie cospirazioniste che hanno avuto credito sia nelle chiacchere da bar, che tra la grande stampa. Quasi un anticipo di quel che sarebbe successo tanti anni dopo, con il declino della carta stampata, l’avvento dei social network e il diffondersi di teorie negazioniste e complottiste.

Avevo appena tre anni quando avvenne il fattaccio. Il mio primo ricordo deve essere di pochi anni dopo, quando amavo gli animali e mi affascinavano gli squali. Mia nonna allora mi raccontò che un uomo era stato mangiato da uno squalo nelle vicinanze di Baratti, in un luogo dove oggi vado a camminare con i miei genitori. Compresi la rilevanza dell’accaduto quando da adolescente entrai nella redazione locale de “Il Tirreno”, le cui pareti erano ancora tappezzate dalle prime pagine di quei giorni. Solo in anni recenti, un amico mi ha accennato alle teorie del complotto.

 

Piombino

Una notizia di tale rilevanza ebbe un impatto devastante su una cittadina industriale come Piombino. Paese che amava il mare, ma viveva ancora della fabbrica siderurgica, malgrado iniziassero le prime difficoltà che portarono prima alla privatizzazione e poi al veloce declino dello stabilimento. Se l’isola d’Elba era già un luogo turistico rinomato, dalla nostra parte del canale, il mare non era ancora visto come una risorsa economica.

Le spiagge erano libere, intervallate solo dai “baracchini” che in genere si limitavano a vendere qualcosa da mangiare e bere, un juke-box e un paio di videogiochi, come “Street fighter”. All’inizio degli anni ’90, nacque il villaggio Orizzonte, che spesso avvicinavo con mio nonno perché sembrava un posto esotico con i suoi lettini e ombrelloni tutti uguali. In pochi anni, i “baracchini” si trasformarono in stabilimenti balneari.

Tamburini descrive quindi la preoccupazione dei piombinesi terrorizzati dallo squalo. Racconta un’assemblea pubblica in cui il sindaco Paolo Benesperi e il comandante del porto Antonino Munafò lasciarono sfogare i cittadini che chiedevano di installare torrette e boe contro gli squali. Il direttore dell’istituto di biologia marina Roberto Bedini provò a tranquillizzare il pubblico, dicendo che gli squali ci sono sempre stati, ma le autorità hanno accertato solo due attacchi in duecento anni.

 

Tra paura e bufale

Nella stessa assemblea intervennero gli albergatori elbani che non volevano più sentire parlare di squali, perché temevano che il clamore mediatico avrebbe compromesso la stagione turistica. Probabilmente, tra questi timori si è incuneata la campagna mediatica che ha messo in dubbio la versione ufficiale della storia.

Emersero voci che lo squalo sarebbe stato solo un pretesto. La stampa nazionale cavalcò tali voci, comprese trasmissioni RAI, la rivista specializzata “Aqua” e il “Corriere della Sera” con gli articoli di un giovane Vittorio Feltri.

Tamburini precisa che Feltri non venne mai a Piombino, ma scrisse articoli sulla base delle voci che circolavano a Livorno. Al tempo stesso, la famiglia Costanzo denunciò per diffamazione la rivista “Aqua”, che un tribunale finì per condannare. Le teorie del complotto seguirono due filoni. Da una parte, chi affermava che Costanzo avrebbe simulato la sua morte per riscuotere un’importante polizza assicurativa sulla vita. Dall’altra, chi affermava che lo squalo sarebbe stata una copertura per un decesso provocato da un’esplosione durante una battuta di pesca da frodo.

Peccato che non ci sono elementi che facciano pensare a queste ipotesi. Non si trovò esplosivo in acqua, come non si trovarono polizze milionarie. Come ben riassunse il comandante del porto, le ipotesi alternative risultarono meno credibili rispetto allo squalo.

 

Il libro

Il libro di Tamburini ha quindi il pregio di portarci nel mondo di 35 anni fa che appare molto simile al nostro, con le sue fantasie, le sue debolezze e piccolezze. Rispetto a oggi, cambia soprattutto la capacità di comunicare e viaggiare. Nel libro, i giornalisti sono costretti a guidare di fretta alla redazione centrale di Livorno per portare immagini urgenti che il fax non poteva ancora scannerizzare. Il viaggio era complicato dall’assenza della variante Aurelia che pochi anni dopo semplificò la comunicazione tra Venturina, il mio paese, e Livorno (mentre Piombino aspetta ancora una strada d’accesso degna di questo nome).

Tamburini descrive inoltre una stampa che appare in tutto il suo spettro. C’è chi è diffonde bufale, ma anche chi difende i fatti. E poi c’è Ivio Barlettani, all’epoca direttore de “Il Tirreno” piombinese, che coniuga la strenua difesa della verità con escamotage divertenti per realizzare gli scoop. Come quando convince un barcaiolo ad aiutarlo, facendogli credere di essere stati compagni di classe.

“L’Uomo e il mare” è quindi un libro che consiglio vivamente, perché godibile tuffo nel passato della mia terra, ma che sa indagare anche la storia del giornalismo. In questa veste può interessare tutti, come ben dimostrato dall’attenzione dedicata dal direttore de “Il Post” Francesco Costa, che ha intervistato Tamburini nel suo podcast.

 

Nella foto, la spiaggia di Baratti (LI).

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