Musica
Un valzer nella notte
il nuovo CD di Edoardo Brotto, The Night Suite, un viaggio notturno sulle ali di un valzer.
La Notte è una dimensione ben nota a Edoardo Brotto, il pianista compositore che ha inciso la sua ultima fatica dedicandola proprio alla Notte: The Night Suite, pubblicato da Velut Luna.
La Notte, nella poesia, nell’arte, nella musica è una dimensione altra, dove avvengono cose, i sogni, per esempio, che sono manifestazioni assai strane, a volte lineari altre senza capo né coda, a volte ossessive altre volte violente, a volte rasserenanti altre inquietanti.
Norma, nella notturna foresta gallica, invocava la sua Casta Diva pur sapendo di mentire, così come mentiva la Regina della Notte colle sue arie impervie; la Luna si pecchiava sulle Serres Chaudes di Maeterlinck messe in musica da Chausson, producendo ombre e fantasmi, così come la costellazione dei Dioscuri indicava la via al navigante nel Lied eines Schiffers di Schubert e di notte, sul Monte Calvo di Musorgkij, avveniva un sabba infernale. La Notte è la dimensione dove tutto può aver luogo. Ma è anche il momento dell’amore, delle serenate, del sesso.
Di certo non c’è un equilibrio, anche se il nostro inconscio prova a cercarlo, prova a identificare un filo conduttore, ma in questo gioco di specchi incontrollabile consciamente, può svilupparsi di tutto.
Ed è esattamente ciò che accade nella Notte di Edoardo Brotto che colla notte e la solitudine ha un rapporto assai stretto. Brotto spesso passa intere notti in cima alle Alpi a rimirare la volta celeste, di cui ci dà documentazioni fotografiche sorprendenti, come testimonia la foto sua della copertina del CD, a noi che, vivendo in zone dove l’inquinamento luminoso è ormai inevitabile, non possiamo più avere quella quotidianità colle stelle e colle suggestioni che l’infinito può produrre. E che tanto bene ci farebbe, oggi, dove si consumano certezze fittizie e distruttive.
Diciamo che la Notte è una dimensione che ne contiene infinite altre e che la composizione di Brotto disegna una volta celeste dove le stelle cambiano continuamente di posto, disegnando costellazioni inconsuete eppure familiari allo stesso tempo, ma in un disordine che cerca comunque un suo equilibrio.
La struttura della suite è costruita in cinque movimenti dove il ritmo più evidente è quello del valzer:
1) Waterlielies 2) Red Sprites 3) Tolls of the Northern Sky 4) Snowflake’s Last Whisper 5) Dance of the Shadows.
C’è una ragione. Nei ricordi notturni di Edoardo Brotto c’è il Waltz of the Fairies, op. 11, da lui stesso composto qualche anno fa, la reminiscenza musicale che pervade l’intera suite notturna, e questa reminiscenza vaga, si combina con altre, marcando strade e sentieri che poi svaniscono e ci si chiede se siano veramente mai esistiti, sorprendendo sé stessi, essendo la musica sempre un divenire, uno scorrere: è questa la sua caratteristica principale, va solo in avanti, come il tempo. L’unica chance è ripercorrere un tema precedente, ma che non sarà mai uguale a quello di prima, perché nel frattempo sono accadute altre cose, altri incontri di ricordi, altri incroci che, a loro volta, hanno generato altri cammini percorribili.
Il valzer è l’ossessione di questa notte, vissuta con un certo gelo ricorrente, un lago ghiacciato, un fiocco di neve che vola via senza mai posarsi, proponendo il suo ultimo bisbiglio, mentre in altri momenti il ricordo diventa più intenso e quasi violento. Rintocchi fatali delle corde gravi del pianoforte ancorano il pensiero a una profondità delineata da forze oscure che inevitabilmente ognuno di noi porta con sé, ma la Notte propone sempre delle risorse oniriche che ci aiutano a uscire dall’incubo o ci fanno svegliare. Nel caso di Brotto, non ci si sveglia che alla fine, quando, in un certo qual senso, l’equilibrio che il valzer, ora indeciso, ora più luminoso, ora intenso, ora flebile, si ricompone, svelando la sua costellazione.
Come in tutti gli altri casi di composizioni di Edoardo Brotto non esiste nessuna nota stampata e nemmeno manoscritta dei suoi pezzi. Brotto è uno di quei rarissimi compositori che ha tutto in testa, una mente superiore che ordina e disordina la musica secondo il suo estro, in una perenne danza di tonalità e di stili che, pur rimanendo totalmente personale, attraversano l’alveo dove scorrono Debussy, Ravel, Rachmaninoff, alcuni tra i suoi spiriti guida, e i suoi fiocchi di neve sono destinati a rimanere nella Storia della Musica, accanto al valzer dei fiocchi di neve dello Schiaccianoci e a quelli di Debussy nei Children’s Corner. Non c’è una nota fuori posto, le mani di Brotto corrono sulla tastiera anche su tasti che non esistono ma che si sentono, è il miracolo della sua musica.
Il suo rapporto quasi feticistico collo strumento su cui compone, un Bechstein grancoda D282 da concerto, è indubbiamente una delle chiavi di lettura delle sue opere che bisogna usare per aprire la porta della sua composizione e comprenderne il profondo significato. Le sonorità che riesce a trarre dal suo strumento, la concezione delle sue opere fin dalla prima nota, la registrazione nel suo studio di casa, meticolosissima, e l’inarrivabile virtuosismo, che nelle sue mani (ma quante ne ha, forse tre o quattro? In alcuni punti ci si chiede come faccia) diventa uno strumento di espressività che lascia attoniti nel desolante panorama compositivo attuale, almeno in Italia.
La spettacolarità del pianismo di Edoardo Brotto lascia stupefatti, ogni volta è un livello superiore. Meno male che è giovane e che quindi ci farà raggiungere livelli sempre più alti, speriamo ardentemente.
Il ricco booklet bilingue che accompagna il CD è un’estensione letteraria della composizione, dove Edoardo spiega la genesi e lo sviluppo dei brani, e può essere utile per l’ascoltatore essere orientato da questi pensieri dell’autore: anche le sue parole sono musica.
Riportiamo l’incipit del booklet perché è lì che sta concentrato il concetto della suite:
“Questo ciclo di romanzi musicali racconta una sola storia, o forse mille, o forse non racconta alcunché, se non la storia di chi ascolta. Il vero protagonista non ha volto né nome: è un impulso, un moto segreto che afferra e trascina, che scuote l’anima come vento su tende leggere, conducendola per sentieri mai tracciati, laddove la musica si fa visione, laddove il sogno, liberato dal peso greve del reale, si solleva leggero, galleggiando nell’insondabile blu notturno, laddove ogni cosa e possibile e nulla è ancora scritto. Qui la narrazione non procede per tappe ma per traiettorie, e ciò che accade non si svolge nel tempo ma nello spazio rarefatto del possibile”.
Capito?
Edoardo Brotto ingegnere-compositore-pianista è la dimostrazione di come la Bellezza potrebbe salvare tutti, dalle sue escursioni notturne sulle dentate e scintillanti vette quasi domestiche a quelle sulle vette della sua musica, per lui pienamente domestica.
Eppure Brotto è defilato, non si sente nelle stagioni musicali più importanti, che strano. Forse, nel campo della musica, succede la stessa cosa che nel campo dell’editoria, i libri e i dischi migliori sono quelli con meno pubblicità, perché fuori dalle classificazioni, perché troppo pieni di creatività, che può far capire a troppe persone quanto il mondo possa essere variegato e non interpretabile solo secondo una visione mediocre mainstream. Pericolosissimo.
Qui di seguito il Waltz of the Fairies op. 11, da cui è tratto il tema ispiratore della suite

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