Storia

Gorla, la strage dimenticata e i dimenticati di Stato: un dovere di memoria e di verità

Una legge per ricordare i piccoli martiri e rendere giustizia agli italiani senza voce

21 Ottobre 2025

 

Nel cuore di Milano, nel quartiere di Gorla, il 20 ottobre 1944 si consumò una delle più grandi tragedie civili della seconda guerra mondiale. Una strage che, per decenni, è rimasta ai margini della memoria nazionale, quasi cancellata dai libri di storia e dalla coscienza collettiva del Paese. Quel giorno, i bombardieri americani B-24 decollati dall’aeroporto pugliese di Castelluccio, nei pressi di Foggia, avevano come obiettivo alcune installazioni industriali a nord di Milano. Ma un errore di calcolo, aggravato dal maltempo e dalla confusione delle manovre aeree, mutò un’operazione militare in un massacro di innocenti.

Le bombe – 342 ordigni da 500 libbre, circa 80 tonnellate di esplosivo – si abbatterono sul centro abitato dei quartieri di Gorla e Precotto. Oltre 600 civili persero la vita. Una delle bombe colpì in pieno la scuola elementare “Francesco Crispi”, penetrando dal vano scale e raggiungendo il rifugio antiaereo sottostante, dove si erano riparati alunni, insegnanti e personale. Morirono 184 bambini e 19 maestri: l’intero corpo docente e quasi tutti i piccoli scolari.

Fu il giorno in cui il cielo di Milano si fece cenere e silenzio. I giornali dell’epoca parlarono di “fuoco dal cielo” e di “strage dell’innocenza”. Lo sconcerto fu tale che, nonostante la guerra fosse ormai giunta a un punto in cui la popolazione aveva conosciuto l’orrore in ogni sua forma, l’opinione pubblica espresse una condanna unanime e profonda. Persino tra le file alleate si riconobbe l’enormità dell’errore. Ma la tragedia, col passare degli anni, venne progressivamente rimossa, confinata nella memoria locale, dimenticata a livello nazionale.

Oggi, una proposta di legge presentata da un gruppo di deputati di Fratelli d’Italia mira a colmare questo vuoto di memoria, istituendo ufficialmente il “Giorno del ricordo della strage dei piccoli martiri di Gorla”, da celebrarsi ogni 20 ottobre.

L’obiettivo – si legge nella relazione – è “preservare, rinnovare e diffondere una memoria storica condivisa su quanto accaduto presso la scuola elementare ‘Francesco Crispi’, affinché simili tragedie non siano più inghiottite dall’oblio”.

La legge prevede che, in occasione della ricorrenza, le scuole di ogni ordine e grado possano organizzare momenti di riflessione, cerimonie, studi e convegni per ricordare i bambini e gli insegnanti vittime del bombardamento. Un modo per unire memoria e formazione, radicando nei giovani la consapevolezza degli orrori della guerra e dell’importanza della pace.

 

La proposta di istituire questa giornata rappresenta non solo un gesto di pietà civile, ma anche un atto di giustizia morale. Come afferma la relazione introduttiva, “la memoria dei bombardamenti, e in particolare quella delle vittime civili, è rimasta per troppo tempo in secondo piano”.
Eppure, sotto le bombe, morivano soprattutto bambini, donne, anziani — coloro che la guerra non l’avevano scelta, ma la subivano.

Il monumento ossario eretto a Gorla, dove ancora oggi riposano le vittime, è una testimonianza silenziosa e struggente di quella tragedia. Sulle lapidi di marmo, scolpite accanto ai nomi dei piccoli martiri, vi è un’unica parola che riassume tutto: “Perché?”.

Ecco perché questa proposta di legge non è soltanto commemorativa: è anche educativa. Intende riportare al centro dell’identità nazionale la memoria delle vittime civili italiane della guerra, spesso dimenticate da una narrazione che, per decenni, ha trascurato il dolore delle popolazioni bombardate.

 

Accanto alla commemorazione dei piccoli martiri di Gorla, vi è un altro capitolo della nostra storia che merita di essere riaperto e ricordato: quello dei “dimenticati di Stato”, i prigionieri italiani trattenuti nei campi di concentramento anche dopo la fine del conflitto, nonostante fossero stati assolti dalle autorità alleate.

Dopo  la fine della guerra, migliaia di militari italiani ritenuti assolti dalle autorità alleate non vennero liberati immediatamente . È il caso emblematico del campo di concentramento di Taranto, dove centinaia di prigionieri continuarono a essere trattenuti contro il volere del Comando alleato di Caserta, per ordine del nuovo governo italiano.

Una vicenda che la storiografia ufficiale ha quasi ignorato, ma che rappresenta una ferita profonda nella nostra coscienza nazionale. Solo la Chiesa di Taranto ebbe il coraggio di denunciare apertamente l’ingiustizia, alzando la voce in difesa di quegli uomini dimenticati da tutti, privati della libertà e della dignità anche dopo la fine della guerra.

Essi non furono eroi, né traditori. Furono semplicemente italiani senza patria, prigionieri di uno Stato che non seppe, o non volle, difenderli.

Per questo, accanto al “Giorno del ricordo della strage di Gorla”, si propone di riconoscere simbolicamente anche la memoria dei “dimenticati di Stato”, affinché il loro sacrificio civile e umano non resti sepolto nell’indifferenza.

 

Il valore di questa iniziativa legislativa va oltre la commemorazione. Essa si inserisce in un percorso di riconciliazione storica e di memoria condivisa che l’Italia deve a sé stessa. Ricordare i piccoli martiri di Gorla e i prigionieri dimenticati non significa riaprire ferite, ma sanarle. Significa riconoscere il dolore di un popolo, senza ideologie né revisionismi, ma con il rispetto dovuto alla verità storica.

Le nuove generazioni devono sapere che la guerra, qualunque guerra, non ha vincitori tra i civili: ha solo vittime. E che la libertà e la pace che oggi viviamo sono anche il frutto del sacrificio di chi, come quei bambini e quei prigionieri, pagò il prezzo più alto.

La Repubblica – afferma l’articolo 1 della proposta di legge – “riconosce il 20 ottobre quale Giorno del ricordo della strage dei piccoli martiri di Gorla, al fine di conservare, rinnovare e diffondere una memoria storica condivisa su quanto accaduto presso la scuola elementare Francesco Crispi di Milano”.

È un impegno solenne, un atto di civiltà. Perché non può esserci futuro senza memoria, né giustizia senza verità.

Che il 20 ottobre diventi dunque non solo un giorno di lutto e di memoria , ma anche di riflessione, di insegnamento e di responsabilità collettiva.

Un giorno in cui il Paese intero si fermi, per ascoltare le voci che ancora vengono da quella scuola di Gorla, da quelle campo di Taranto, da tutte le ombre dimenticate della nostra storia.

Un giorno per dire, insieme: “Mai più silenzio, mai più oblio.”

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