Il popolo Saharawi abbandonato nel deserto, sempre più solo

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31 Agosto 2022

Di fronte alla diminuzione dei contributi finanziari e al deterioramento della situazione nutrizionale nei campi profughi saharawi, i rifugiati corrono il rischio di una maggiore insicurezza alimentare e malnutrizione.

“La solidarietà internazionale è fondamentale per invertire il rapido deterioramento della situazione nutrizionale nei campi profughi, con effetti duraturi per la popolazione, in particolare per i bambini”, ha detto in una nota, Alejandro Álvarez, Coordinatore Residente delle Nazioni Unite in Algeria.

Per la situazione dei rifugiati saharawi, bloccati nel deserto del Sahara da oltre 40 anni, sembra che alla fine del tunnel non ci sia luce.

Il team delle Nazioni Unite e altri operatori umanitari si trovano ad affrontare gravi deficit di finanziamento iniziati con la pandemia di Covid-19. La speculazione sull’aumento globale dei prezzi dei generi alimentari e del carburante, effetti della guerra in Ucraina, non hanno aiutato a migliorare le cose.

È in questo contesto che l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, il Programma alimentare mondiale (PAM) e il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) lanciano un appello : attualmente la riduzione del 75% delle razioni alimentari mensili fa sì che i saharawi non abbiano più nulla per sopravvivere.

“Questa situazione ha colpito profondamente tutti i settori dell’assistenza umanitaria, causando preoccupanti ostacoli all’accesso dei rifugiati a cibo, acqua, salute, nutrizione, istruzione e altri servizi essenziali per il sostentamento”, ha aggiunto Alvarez.

Nel frattempo, “la riduzione forzata del 75% delle razioni vitali mensili del PAM è motivo di particolare preoccupazione, poiché rappresenta meno della metà dell’apporto calorico giornaliero raccomandato per persona”.

Ogni beneficiario riceve ormai meno di 5 kg di razione, rispetto ai 17 kg previsti per persona al mese.

I risultati preliminari della missione congiunta di valutazione nutrizionale di sei mesi fa rivelano anche un deterioramento della situazione nutrizionale.

Secondo le Nazioni Unite, metà dei bambini dai 6 ai 59 mesi sono anemici, uno su tre soffre di ritardo della crescita e solo un bambino su tre riceve la dieta varia minima di cui ha bisogno per crescere e svilupparsi in modo sano.

Il governo algerino e i donatori internazionali hanno dimostrato una solidarietà costante con i rifugiati saharawi attraverso il sostegno umanitario per oltre quarant’anni. Anche se i fondi per gli aiuti alimentari sono raddoppiati a 39 milioni di dollari quest’anno, da quasi 20 milioni di dollari prima della pandemia, la situazione non cessa di peggiorare.

I campi profughi hanno accolto donne, bambini e uomini per 47 anni vicino alla città di Tindouf, nell’Algeria occidentale, che dipendono principalmente dall’aiuto umanitario per l’alimentazione e il sostentamento.

“Non tanto il covid in sé che ha colpito il popolo saharawi, ma le chiusure e i tagli di progetti di cooperazione hanno colpito duramente la sopravvivenza dei saharawi nei campi: sia nella mancanza di medicinali che di cibo”, ci aveva spiegato durante la nostra visita ai campi Mohamed Fadel Henia, direttore dell’ospedale di Rabouni, nei campi di Tindouf.

 

Una situazione di stallo

Il Sahara occidentale continua ad essere considerato dalle Nazioni Unite come un territorio non autonomo che deve essere decolonizzato attraverso l’esercizio del diritto all’autodeterminazione. La missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale (MINURSO) è stata creata a questo scopo nel 1991.

Purtroppo, tutti i tentativi delle Nazioni Unite di giungere a una soluzione del conflitto non sono stati conclusivi fino ad oggi. La disperazione dell’abbandono ha sicuramente avuto il suo peso quando, alla fine dello scorso anno, all’inizio di novembre 2020, La cessazione del cessate il fuoco tra il Marocco e il Fronte Polisario ha sollevato dalla polvere del deserto una guerra che era riuscita a fermare per molti anni e che, anche se taciuta, è di nuovo di attualità.

Attualmente, è stato nominato un Inviato Speciale, Staffan de Mistura. Tuttavia, ogni legittimità proclamata dal diritto internazionale sembra invisibile a tutti quei paesi che continuano a sfruttare le risorse saharawi e nessuno sostiene realmente un processo di risoluzione per questo popolo.

“Tu, quando ti portano via la casa, combatterai con le unghie e con i piedi, perché non puoi lasciare che qualcuno ti porti via la casa, e ancor meno la tua terra, è una condizione di esistenza. Perché se non esisti non sei nessuno”, ci condivideva a febbraio Mohamed Fadel Henia, direttore dell’Ospedale Centrale di Rabouni, nei campi profughi nel sud di Tindouf dove i saharawi sono parcheggiati dalla comunità internazionale da più di 45 anni. “Cosa vuole il popolo saharawi? Un referendum, qualsiasi soluzione pacifica che rispetti il nostro popolo e gli accordi conclusi in passato dalle Nazioni Unite troppi anni fa. Perché, al contrario, non resteremo a braccia incrociate”.

 

Sfruttare risorse che non ci appartengono: il vecchio gioco del capitalismo

Attualmente 70 imprese straniere sfruttano le risorse dei territori del Sahara occidentale occupati, nonostante la risoluzione 1803 (XVII) delle Nazioni Unite, che afferma che “la violazione dei diritti sovrani dei popoli e delle nazioni sulla loro ricchezza e sulle loro risorse naturali è contraria allo spirito e ai principi delle Nazioni Unite e ostacola lo sviluppo della cooperazione internazionale per la conservazione della pace”.

 

Ecco i loro nomi:

1.    Sinofert ( Cina )

2.    Coromandel International ( India )

3.    Nutrien Ltd  ( Canadà )

4.    Alstom ( Francia )

5.    Engie ( Francia )

6.    San Leon Energy (  Irlanda )

7.    Gamesa ( Spagna )

8.    Kosmos Energy ( USA )

9.    Total ( Francia )

10. ONHYM  ( Marocco )

11. Longreach Oil & Gas Ventures ( Australia )

12. Azura ( Francia )

13. Idyl ( Francia )

14. Siemens ( Germania )

15. Deutsche Bank ( Germania )

16. Acciona ( Spagna )

17. Abengoa ( Spagna )

18. Alstom Wind ( Francia )

19. Kerr – Mc Gee ( USA )

20. OCP Maroc ( Marocco )

21. AtWood Oceanics ( USA )

22. FMC Foret ( Spagna )

23. Jealsa ( Spagna )

24. Euro Pacific ( Spagna )

25. Granintra ( Spagna )

26. Isofoton ( Spagna )

27. ISUSA ( Uruguay )

28. Metalex ( Mexico )

29. Deval Shipping and Trading ( Turchia )

30. Ership ( Spagna )

31. Pequiven ( Venezuela )

32. Gildo ( Spagna )

33. Netmar ( Spagna )

34. Tamoil Sakia ( Libia )

35. Meripul ( Spagna )

36. Potash Corp. ( Canada )

37. Derhem Seafood ( Marocco )

38. King Pesca ( Spagna )

39. Trulo ( Spagna )

40. Lifosa ( Lituania )

41. TGS – Nopec ( Norvegia )

42. EDF Energy ( Francia )

43. Vestas ( Danimarca )

44. Theolia ( Francia )

45. ACWA Power ( Arabia Saudita )

46. FuGro ( Olanda )

47. Thor Marino ( Danimarca )

48. Wessex Exploration ( Gran Bretagna )

49. Cairn Energy ( Scozia )

50. Island Oil ( Cipro )

51. Terra Sole Group AG ( Barhein )

52. Innophos ( USA )

53. Tripoliven ( Venezuela )

54. Agrium Incorporated ( Canada )

55. Incitec Pivot ( Australia )

56. Ballance Agri-Nutrients (  Nuova Zelanda )

57. Nareva Holding ( Marocco )

58. GDF Suez ( Francia )

59. Pura Vida Energy ( Australia )

60. Freeport – Mac Moran ( USA )

61. TAQA ( EAU )

62. KFW Bank ( Germania )

63. BEI ( Europa )

64. DLM Maroc ( Marocco )

65. Mitsui ( Giappone )

66. Enel Green Power ( Italia )

67. General Electric ( USA )

68. Al Ajial Fund ( Marocco )

69. International Power Ltd ( Gran Bretagna )

70. Cognis ( Germania )

 

A volte… mi chiedo se gli interessi economici rimarranno sempre più importanti dei diritti umani…

 

Foto: Elena Rusca, Campi profughi di Tindouf, Algeria, 2019.

TAG: #onu #saharaoccidental #wfp #fao #cicr #ddhh #unicef
CAT: diritti umani, Geopolitica

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