Avviso: un video che fa male. In memoria di Haftom Zarhum

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22 Ottobre 2015

Haftom Zarhum gli avevano appena rinnovato il permesso di soggiorno in un ufficio pubblico di Beer Sheva, in Israele (come scrivo qui, cliccate).

Con quella carta piena di libertà poteva affrontare il mondo a viso aperto. Tornare a casa.

Non era un terrorista, un pericolo umano per la società mondiale. Non era un soldato dell’ISIS.

Si è trovato al posto giusto (per la sua libertà) ma nel momento sbagliato: in quel momento era entrato un ragazzo di 21 anni, armato di coltello. Aveva aggredito una donna, senza riuscire a ferirla; poi ha visto un soldato, gli ha sottratto un fucile M-16, lo ha ucciso (cit); quindi ha preso a sparare all’impazzata.

La gente si è allarmata, urlava e il ragazzo ventunenne è stato ucciso.

Peccato che Haftom Zarhum, il profugo eritreo, era lì in mezzo. Qualcuno ha urlato che era anche lui un arabo, un terrorista. Per il colore della pelle? Spaventato, Haftom Zarhum, cercò di fuggire: per riprendere o continuare il suo percorso di libertà

Partono altri colpi da un soldato israeliano. Colpito. Sbam.

È caduto a terra ferito, nell’orgoglio e nella speranza di una vita e un mondo migliore.

Poi la gente ha iniziato a prenderlo a calci. Come se quei calci fossero il simbolo del pulito, della difesa dalla diversità, come se ci fosse la necessità di scacciare il demone del momento.

Il resto è in questo video, nelle immagini crudeli.

Restano solo questi filmati, perchè Haftom Zarhum non c’è più. Con lui è andata via quella luce ed è rimasta una squallida macchia di sangue che bagnerà quelle sporche coscienze di chi (tutt’ora) si professa aperto e accogliente. Rimarranno quelle macchie nel volto e nella bandiera di un mondo sempre più chiuso e nazista.

Nota: di questo aveva già scritto giorni fa il mio amico Alessandro Gilioli, qui

TAG: Haftom Zarhum
CAT: diritti umani, Giustizia

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