Antivirus o antistraniero?

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20 Novembre 2020

“Al Covid-19 non interessa chi siamo, dove viviamo, in cosa crediamo […]. Eppure la pandemia continua a scatenare uno tsunami di odio e xenofobia, a cercare un capro espiatorio e creare allarmismi. Si è fatto strada un sentimento generale contro gli stranieri, on line e per le strade […] migranti e rifugiati sono stati denigrati e additati come causa e origine del virus[…]. Tutti noi dobbiamo agire ora per rafforzare l’immunità delle nostre società contro il virus dell’odio”. Parole del Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, pronunciate l’8 maggio 2020 per contrastare l’hate speech nell’ambito della pandemia globale.

Lo stato di emergenza e il suo generare insicurezza e paura ha provocato un’escalation di quella caccia al colpevole che da tempo occupa gli spazi della politica e dell’informazione.

Vi è chi come Trump non ha esitato a parlare di “virus cinese “.

A Torino un gruppo di italiani è passato dalle parole ai fatti e ha aggredito una coppia di commessi di origine cinese [1].

Con un effetto paradosso per i luoghi comuni della ricerca del capro espiatorio come ben ha evidenziato Luca Di Sciullo, presidente del centro studi e ricerche IDOS: «Sono ladri, terroristi islamici, sporchi, ci invadono, tutte fandonie che sono frutto di una distorsione visiva che a volte però raggiunge livelli così parossistici e tragicomici. “Sono fannulloni, ma ci rubano il lavoro” oppure “sono sani, palestrati, arrivano in crociera, ma ci portano il Covid-19”.

Il network europeo contro il razzismo Enar, qualche giorno dopo il discorso del segretario dell’ONU, ha pubblicato una mappa[2]  dell’odio post Covid-19 in Europa, costruita su più di 190 casi di violazione dei diritti fondamentali dei cosiddetti racialised groups – avvenuti tra gennaio e aprile 2020. I casi riguardano l’hate speech, ma anche le forme di razzismo istituzionalizzato – come il rifiuto delle cure sanitarie, il mancato accesso a misure abitative alternative a seguito delle misure di confinamento, come i ricoveri per richiedenti asilo, o abusi subiti da forze dell’ordine.

Il fenomeno è globale e riguarda tutti i continenti.

In Europa estremisti e nazionalisti stanno cercando dappertutto di sfruttare la paura della pandemia per fomentare l’odio contro l’altro, minacciando i valori democratici di molti paesi.

E anche qui occorre segnalare il paradosso che la pandemia ha realizzato: si è squadernata davanti agli occhi di tutti l’evidenza di come oltre il 30% degli immigrati in età lavorativa in Europa sono classificabili come keyworker: insomma di come spesso dipendano proprio dall’immigrazione i servizi essenziali (sanità, assistenza, pulizie ecc.) per difendere gli “autoctoni” dalla pandemia.

Quel che è certo è che i migranti – specialmente quelli con i lavori più sottopagati e instabili – stanno pagando il prezzo più caro per la pandemia.

Il rischio che alcuni discorsi e alcune pratiche vengano accettate e normalizzate è alto, con conseguenze drammatiche nel medio-lungo periodo.

«Ad oggi, facendo una panoramica di ciò che è accaduto, mi torna in mente quando ero tra i banchi e l’insegnante ci spiegava come nel Medioevo la colpa della diffusione della peste nera, per ignoranza ed in mancanza di motivazioni, veniva attribuita agli ebrei. Si dice spesso che la storia insegni a non rifare gli stessi errori, invece gli stessi errori non solo si stanno ripetendo, ma anzi si sviluppano ed adattano di volta in volta alla nostra realtà»  (Malek Fatoum, Occhio Ai Media- Ferrara).

[1] https://www.lastampa.it/torino/2020/02/12/news/portate-il-coronavirus-due-cinesi-aggrediti-da-una-banda-di-italiani-1.38459270

[2] https://maphub.net/ENAR/covid-19-x-fundamental-rights

 

TAG: COVID-19, immigrazione, pandemia, razzismo
CAT: diritti umani, immigrazione

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