ResQ People, la nave “partita da Milano” per salvare i migranti

31 Agosto 2021

Il 13 agosto la nave umanitaria ResQ People effettuava il suo primo salvataggio. Su quell’imbarcazione c’era anche Cecilia Strada, e proprio quel giorno suo padre Gino veniva a mancare. Molti hanno letto il messaggio sulle vite salvate in mare “come le hanno insegnato i suoi genitori”. Ma pochi, forse, sanno la storia di quella nave.

Si tratta della ex Alan Kurdi dell’organizzazione tedesca Sea-Eye ed era già servita nella sua vita precedente a salvare oltre 900 migranti: nella primavera 2020 l’imbarcazione si era trovata sotto sequestro amministrativo da parte delle autorità italiane che la ritenevano, fra l’altro, non idonea a svolgere operazioni di monitoraggio e soccorso. A Valencia, dove era ferma per lavori di manutenzione e adattamento, ha invece superato i controlli necessari e ora, rilevata dalla Onlus ResQ People Saving People, è potuta finalmente tornare in mare.

Partita il 7 agosto dalla Spagna per raggiugere le acque internazionali della Libia, la ResQ è passata da Napoli, Salerno, Palmi e Reggio Calabria per incontrare le istituzioni e fra il 13 e il 15 ha effettuato quattro salvataggi, caricando a bordo 166 persone e ottenendo dalle autorità italiane il 17 agosto il permesso di sbarcare i naufraghi al porto di Augusta in Sicilia.

Il progetto era stato presentato ufficialmente a luglio 2020 e nasce per mano e volontà di una parte di società civile milanese allo scopo di salvare bambini, donne e uomini agendo “in ottemperanza alle secolari norme del Soccorso in mare e nel rispetto del Diritto internazionale”.
Lunga 39 metri, è costata circa 400 mila euro che sono stati raccolti grazie al sostegno di 3 mila donatori.
Il team della “ResQ People” è composto da professionisti provenienti da sette nazioni diverse e la nave per ora batte bandiera tedesca (la stessa dunque di Alan Kurdi), ma spera di battere presto bandiera italiana.
L’obiettivo è quello di portare aiuto umanitario e svolgere operazioni di soccorso con personale specializzato. A questo si affianca l’urgenza di raccontare le storie dei naufraghi e la vita bordo della nave per conferire umanità e concretezza a una realtà vicinissima ma ancora troppo astratta e opaca agli occhi dell’opinione pubblica, che verrà dunque informata costantemente “attraverso i media, le scuole e incontri pubblici” nella speranza di “creare una società più consapevole, rispettosa dei Diritti Umani e accogliente”. Per questo sul sito di Resq, oltre a trovare testimonianza di ciò che man mano accade durante le missioni, si trovano anche i costi che la Onlus deve affrontare per mettere in mare la nave, comprare salvagenti, medicinali e attrezzature, con l’invito a partecipare attivamente tramite donazioni.

Gherardo Colombo, presidente onorario, ha fatto presente che “noi non dovremmo neanche esistere, perché dovrebbe essere ovvio che nessuno debba morire attraversando il Mediterraneo e dovrebbero quindi essere le Istituzioni, che sono nostra espressione, a pensarci”. In mancanza delle istituzioni, esserci è un modo non solo di salvare i naufraghi ma anche di contribuire a realizzare la Costituzione secondo cui tutti gli esseri umani hanno uguale dignità.

Negli ultimi anni il mare sta tornando a essere un luogo centrale per la politica e per il nostro immaginario e il viaggio per mare un topos denso di significato. Il Mediterraneo è oggi simbolo di morte e insieme anche di guerre di valori, basti pensare ai porti bloccati di Salvini contrapposti alla Sea watch della comandante Carola Rakete che due anni fa forzava l’ingresso al porto di Lampedusa e veniva arrestata.
Nel 2019 Greta Thumberg ha attraversato l’Atlantico con la barca a vela a zero emissioni del principe Pier Casiraghi per raggiungere il summit delle Nazioni Unite a New York e quest’estate una delegazione di zapatisti ha viaggiato in nave verso l’Europa per cercare confronto e allacciare nuovi legami.
Così oggi mettere in mare una nave è allo stesso tempo un’azione fortemente concreta e un gesto profondamente simbolico: la ResQ va ad aggiungersi non solo alla flotta umanitaria presente nel Mediterraneo, ancora decisamente troppo esigua, ma anche al pantheon di cui fanno parte la Sea Watch di Carola Rakete, la Malizia II di Greta Thumberg e il veliero zapatista Montagna.

TAG: Cecilia Strada, Mar Mediterraneo, migranti, ResQ People Saving People
CAT: diritti umani, immigrazione

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