Trasformare il Tribunale in un luogo di cura per chi soffre di dipendenze

29 Maggio 2024

Tribunale di Milano – aula I, sezione direttissime, un mercoledì mattina

Mario, 62 anni, impiegato. Contratto regolare, stipendio di 1400 euro al mese. Compagna insegnante, casa in affitto, figlio sedicenne alle superiori. Incensurato. Arrestato perché la polizia postale ha trovato in casa sua tre piantine di marijuana. “Sostituisce i medicinali che prendevo tempo fa, la coltivo per quello. È che ho avuto dei problemi di salute; ora però sto meglio”. Mario ha sofferto di disturbi psicologici, è cardiopatico e ha quattro bypass. E ogni tanto, per farsi passare l’ansia, fuma marijuana. “Dipendente? Mah, forse. Ma non si preoccupi giudice, ho già parlato con quelli del SerT”.

Amine, 19 anni, operaio. Lavoro nero, licenza media e una moglie con un figlio di pochi mesi. Arrestato in zona piazzale Corvetto, è stato sorpreso con in tasca qualche spinello, metanfetamine e una bustina di cocaina. “Ogni tanto spaccio per mantenere me, mia moglie e mio figlio. La cocaina, però. Le pasticche invece sono per me.” Il PM chiede l’espulsione, il giudice valuta se c’è un modo per evitarla: l’ideale sarebbe l’accesso a una comunità. “Per cortesia, mi fate dare un’occhiata al programma del SerD?”

Quando a Milano si parla di droga e giustizia, sono diversi gli scenari a cui corre l’immaginario collettivo: la piazza di spaccio del boschetto di Rogoredo, le nuove droghe sintetiche, il rapporto tra stupefacenti e giovanissimi nel fenomeno delle baby gang.

Il tutto, mescolato in una narrativa piuttosto confusa. La cui coincidenza con la realtà, come ci è già sembrato di riscontrare, è a volte difficile da dimostrare.

Ma noi ci abbiamo provato e, forse, a questo scopo abbiamo trovato la persona giusta.

Forse non tutti sanno infatti che, nel mare magnum di autorità, istituzioni, e servizi alla persona attivi nel milanese su questi temi, esiste un osservatorio privilegiato dal quale osservare e analizzare il fenomeno delle dipendenze nell’area di Milano e dintorni: lo sportello del SerD del Tribunale.

Nato dall’idea dell’allora Direttore del servizio dipendenze di Asl Milano Dario Foa’ in collaborazione con l’avvocato Vito Malcangi, la giudice Nicoletta Gandus e l’ex magistrato Francesco Maisto, lo sportello SerD (nota: il SerD, “Servizi per le Dipendenze” è il servizio che ha sostituito il SerT, “Servizi per le Tossicodipendenze”, ed è dedicato al trattamento dei disturbi correlati a sostanze e comportamenti e in particolare di tossicodipendenze, alcoldipendenze e gioco d’azzardo patologico) è un servizio che opera in pianta stabile al Tribunale di Milano dal 1995, garantendo assistenza quotidiana ai circa 600/700 tossicodipendenti che, ogni anno, per un motivo o per l’altro vengono arrestati e portati davanti al giudice del procedimento per direttissima.

Tutto ciò, in applicazione del DPR 309/90, “Testo unico per gli stupefacenti”: è ai sensi questa norma, infatti, che le persone appena arrestate o condannate, qualora affette dipendenza, possano scontare, in alternativa al carcere, “un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti ovvero nell’ambito di una struttura autorizzata.”

“Sostanzialmente, noi ci siamo ispirati a quanto previsto dalla legge 309/90 e ci siamo chiesti: come possiamo riuscire a riconoscere alla dipendenza il suo stato patologico sin dalle prime fasi del procedimento? Da questa domanda, l’idea di creare uno sportello specifico attraverso il quale i nostri operatori possano intercettare accusati e imputati ancora prima che si presentino in udienza” ci spiega Francesco Scopelliti, direttore generale del Ser.D. Area Penale e Penitenziaria (il servizio è struttura complessa che consta di 5 strutture operative tra carceri e territorio e che copre tutta l’area del milanese) e da 38 anni al lavoro per l’assistenza e la cura dei soggetti in cura per le dipendenze “Permettendo così loro di certificare, da subito, la loro situazione di dipendenza e di fare in modo che il giudice, così come stabilisce la legge, ne possa tener conto nella sua decisione”

Permettendo così al soggetto di scontare, in caso di convalida dell’arresto, la custodia cautelare in un luogo diverso dal carcere ossia, a seconda del caso specifico, in un centro di cura, una comunità o un’abitazione per gli arresti domiciliari e programma Terapeutico al Serd Teritoriale.

“Ad oggi siamo gli unici, in Italia, ad aver attivato questo servizio, e il nostro modello è stato preso come esempio in Italia, Unione Europea e non solo” continua Scopelliti, mentre ci racconta di come lo sportello SerD Milano sia stato oggetto di attenzioni da parte dei giudici di alcune Drug court statunitensi e di come a Varsavia, Polonia, dalla collaborazione con gli operatori sanitari milanesi, sia nato uno sportello simile a quello operativo al Palazzo di Giustizia “Il motivo del nostro successo? L’ormai consolidata collaborazione tra i servizi di sanità e giustizia che, da più di trent’anni, ci permette di intervenire nei procedimenti penali milanesi garantendo alle persone un effettivo accesso alle cure – cure che, come purtroppo sappiamo, spesso è difficile effettuare in un contesto penitenziario”.

Veniamo al dunque: come funziona lo sportello SerD del Tribunale?

Il soggetto viene arrestato, è fissata l’udienza, l’individuo è portato in Tribunale per il giudizio in direttissima (ricordiamolo: si tratta di un procedimento speciale, che si applica nei casi di flagranza, confessione e piccoli reati. Diversi sono i tempi e i modi del rito ordinario, più lungo e complesso). A questo punto, entra in gioco il SerD: prima di comparire davanti al giudice, infatti, l’arrestato può dichiarare la sua dipendenza e scegliere di sottoporsi alla valutazione degli operatori sanitari, che verificano se il soggetto sia effettivamente affetto da dipendenza e dispongono un piano di cura – che prevede l’identificazione di una sede SerD dove seguire un percorso riabilitativo e un luogo alternativo al carcere (un centro, una comunità, una casa privata) dove scontare la pena – da presentare al giudice e al PM per la loro valutazione. Il tutto, in trenta minuti circa.

“Come facciamo a certificare le dipendenze in così poco tempo? Diciamo che, negli anni, abbiamo maturato una certa esperienza” sorride Scopelliti “E poi va detto che, nell’80% dei casi, si tratta di recidive – ossia persone che, negli anni precedenti, hanno già avuto contatti con il SerD. Guardi, le riporto un dato. Dei circa 24, 25 mila soggetti dichiarati dipendenti che abbiamo valutato, in questi trent’anni, sa quanti non lo erano davvero? Tre.”

“Oltre a certificare la dipendenza, ci proponiamo di accompagnare il paziente in tutto il suo percorso terapeutico – percorso che, in alcuni casi, scopriamo essere già in corso, ma evidentemente interrotto” continua il direttore “Lavoriamo per fare in modo che la dipendenza non sia più considerata, come qualche anno fa, una circostanza cronica e recidivante, ma una condizione da assistere e curare tramite la partecipazione a un programma che, per i soggetti interessati, costituisce un’alternativa al carcere.”

La cui riuscita, è importante sottolinearlo, non ha alcuna influenza sul giudizio in corso: “Il fatto che un soggetto riesca o meno a portare a termine il suo processo di guarigione prescinde nella maniera più assoluta dall’esito del procedimento – e questo è importante ricordarlo, per combattere ogni forma di possibile stigma. Stiamo parlando di condizioni di patologia, che poco hanno a che vedere con le valutazioni che riguardano le condotte della persona. Noi vogliamo dare a tutti, italiani e stranieri, un luogo di cura dove affrontare il proprio percorso in sicurezza – luogo che, evidentemente, non può essere il carcere. E questo, me lo lasci dire, è paradossale, dal momento che a Milano la percentuale di detenuti tossicodipendenti ha raggiunto ormai il 40%”.

E questi numeri devono fare ancor più riflettere quando si considera la popolazione carceraria del Beccaria e, in generale, la questione del disagio giovanile.

“Circa il 15% dei soggetti che assistiamo ha tra i 18 e i 25 anni, e per molti è la prima volta che entrano a contatto con un luogo di cura delle dipendenze. Su di loro, cerchiamo di intervenire in maniera tempestiva in modo da esercitare una forma di prevenzione – e questo con riguardo a qualsiasi tipo di sostanza che crea assuefazione, dalla cocaina, alle droghe sintetiche all’alcol. L’alcol è un vero problema, tra i ragazzi più giovani.”

“La nostra scommessa? Trasformare il Tribunale in un luogo di cura. Un luogo dove c’è spazio per leggi e giudizi, certo, ma anche per la cura dell’individuo. Un luogo fatto di persone, dalle persone per le persone. A prescindere dalle tue origini, dalle tue dipendenze o dai tuoi comportamenti. Tutti abbiamo diritto ad essere curati, è scritto nella nostra Costituzione.”

Costituzione italiana, articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge […]”.

TAG: #dirittiumani, #giustizia, #milano
CAT: diritti umani, Milano

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