Monarchia inglese e libertà religiosa, storia della nascita di un’idea

10 Settembre 2022

«Dichiariamo liberamente che il re non possiede alcun potere sulle coscienze…Il nostro re è soltanto un re terreno e come tale ha autorità solo sulle questioni terrene…la religione riguarda il rapporto tra Dio e gli uomini. Il re non può neppure ergersi a giudice tra Dio e l’uomo. Che si tratti di eretici, turchi o ebrei o altri non spetta al potere temporale comminare anche solo minime pene» (Thomas Helwys)

Una storia poco evidenziata dalle cronache reali che si sono occupate della morte di Elisabetta II è il suo ruolo religioso.

Alla sua ascesa al trono aveva acquisito i titoli di Difensore della Fede e Governatore Supremo della Chiesa d’Inghilterra.

Il primo titolo fu attribuito per la prima volta a Enrico VIII da papa Leone X riconoscente per il contrasto del monarca al dilagare della Riforma protestante di Martin Lutero. Enrico conservò il titolo come una sorta di sfida al papato anche dopo aver rotto con Roma, per dichiararsi capo della nuova Chiesa d’Inghilterra, scismatica dal cattolicesimo.

Sua figlia, la prima Elisabetta, si autoproclamò Governatore Supremo della Chiesa d’Inghilterra, affermando che Gesù Cristo ne era il capo.

Ancora oggi, il monarca britannico mantiene l’autorità costituzionale nella Chiesa istituita, ma non la governa. Elisabetta II lasciava questo compito ai vescovi, anche se si rivolgeva ai sinodi generali e manteneva un ruolo di ascolto e guida del suo primate, l’arcivescovo di Canterbury.

E’ una storia che merita di essere raccontata perché si deve proprio al sorgere della chiesa anglicana se in Europa vi furono i primi vagiti di una rivendicazione molto importante: quella del diritto alla libertà religiosa e di coscienza.

I primi riformatori, Lutero, Calvino e Melantone fecero propria la concezione convenzionale del loro tempo in modo del tutto simile a quanto pensava la stessa chiesa cattolica, secondo quella dottrina che è nota come la teoria delle due spade. La spada impugnata dall’autorità civile e quella impugnata dall’autorità religiosa dovevano agire insieme per imporre l’uniformità religiosa e reprimere l’eresia, cioè le opinioni non conformi all’insegnamento della chiesa ufficiale.

L’opposizione all’alleanza trono/altare della chiesa anglicana riprese alcuni argomenti in favore della tolleranza religiosa dagli anabattisti in tema di libertà di religione e di coscienza.

Nacque un gruppo di cosiddetti “separatisti” che non vollero conformarsi alle dottrine ufficiali d’Inghilterra e rifiutavano l’uso del libro della Preghiera comune nelle pratiche religiose.

L’affermarsi però della tolleranza fu ostacolato e represso duramente prima da Edoardo VI e poi da Elisabetta I.

Molti separatisti furono imprigionati, destinati all’esilio e condannati a morte.

Molto prima di Locke, e con motivazioni esclusivamente teologiche, uomini come John Smyth, John Murton, Leonard Busher e Thomas Helwys difesero la tolleranza religiosa.

Proprio quest’ultimo, dal suo esilio in Olanda rivolse un appello urgente a Giacomo I, successore di Elisabetta I che stava continuando la sua politica di repressione di tutti coloro che non accettavano le dottrine anglicane. Chiese la cessazione della persecuzione delle minoranze cristiane e non cristiane. Helwys pensava che il magistrato civile dovesse esercitare il suo potere solo nel suo ambito secolare e che anche il potere del re dovesse limitarsi a quell’ambito. Ogni tentativo di legiferare o esercitare il potere oltre questi limiti era da lui ritenuto un illegittimo sconfinamento nel campo dell’azione di Dio.

Per avere sostenuto quest’idea fu rinchiuso nella prigione londinese di Newgate dove morì.

Helwys non si limitò a difendere i diritti delle minoranze cristiane come fecero altri sostenitori contemporanei della libertà cristiana. Scelse un concetto più ampio di tolleranza che non ammetteva deroghe al rifiuto di qualsiasi coercizione violenta della coscienza.

Furono questi testimoni a dar vita a nuove chiese che oggi si riconoscono nella denominazione battista, che ancora oggi promuovono la libertà religiosa come uno dei propri punti cardine.

Non era ancora una libertà religiosa fondata sulla libertà umana individuale.

La coscienza per loro era un mezzo per riconoscere la volontà di Dio sull’umanità, non aveva una propria autonomia, ma era soggetta all’autorità di Dio come rivelata dalle Scritture.

La libertà religiosa era un dovere religioso.

Sarebbe diventato poi un diritto naturale con l’affermarsi dell’illuminismo.

Fu John Locke con la sua Lettera sulla tolleranza (1689) a fondare la libertà religiosa sulla libertà individuale.

Riprendendo la concezione dei primi battisti: la non competenza  del governo civile in materia spirituale.

 

TAG: chiesa anglicana, chiese battiste, Elisabetta II, libertà religiosa
CAT: diritti umani, Religione

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