Prima regola d’ingaggio: procurarsi un buon avvocato

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21 Gennaio 2016

Iraq, momento non meglio specificato, ma comunque di venerdì, dopo la preghiera in una moschea. Un uomo armato di lanciarazzi si appresta a far fuoco contro una base militare britannica, quando nell’aria risuona un colpo di fucile e l’attentatore non riesce a portare a termine il compito. Il cecchino rientra dal fronte, dedicandosi alla sua vita da civile finché non viene citato in giudizio da un’associazione per i diritti civili, l’Iraq Historic Allegations Team (IHAT), perché prima di premere il grilletto non avrebbe intimato l’alt all’uomo armato di RPG.

E’ quanto viene raccontato dal sito UK Veterans One Voice, che accusa l’IHAT di condurre una caccia alle streghe tra i soldati che hanno servito in Iraq. L’IHAT si occupa di investigare sui casi di abusi da parte dei militari nei confronti di prigionieri iracheni e fu predisposta dal ministero della Difesa di Londra nel 2010, con un budget di 57 milioni di sterline.

Del cecchino incriminato non si conosce ancora l’identità, mentre invece sono noti i nomi di altri tre soldati inglesi: Carle Selman, Joseph McCleary e Martin McGing. Quest’ultimo era da poco maggiorenne quando giunse in Iraq e nel maggio 2003 partecipò ad un’operazione nella città di Basra per identificare e imprigionare rivoltosi e terroristi. Dopo l’azione un ragazzo di 17 anni morì annegato mentre attraversava scortato un canale e i tre vennero portati di fronte alla corte marziale per accertarne eventuali responsabilità, che però non furono riscontrate. Ma nel 2010 l’IHAT ha ripreso in mano il caso, tenendo i tre sulla graticola per altri cinque anni, finché gli avvocati dell’associazione dei diritti umani hanno dovuto ammettere che non c’erano prove che potessero ribaltare la sentenza di non colpevolezza della corte marziale.

Due volte innocenti, ma a quanto pare non basta perché Selman, McCleary e McGing dovranno comparire di fronte al giudice una terza volta, nell’ambito dell’inchiesta IFI (Iraq Fatality Investigations): “Il pensiero di dover fornire resoconti per l’ennesima volta, mi fa star male. Ho dovuto affrontare cose che non dimenticherò mai e non voglio rinvangarle”, ha commentato McCleary al Daily Telegraph.

“Ho dato la mia vita all’esercito. Ho combattuto e servito il mio paese in Iraq e perso un paio di amici. Ogni giorno dovevo affrontare il pericolo. Tutto questo sembra vendicativo”.

Motivo per cui, prima di partire per il fronte, è diventato indispensabile procurarsi un buon avvocato.

TAG: British Army, IFI, IHAT, iraq, UK Veterans One Voice
CAT: diritti umani, Terrorismo

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