Non per morale, ma per umanità

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12 Dicembre 2015

La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrarti o incoerenti), e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile. Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci.

Pier Paolo Pasolini

 

Civitavecchia, 28 novembre 2015. Luigino D’Angelo, un settantenne pensionato dell’Enel, si toglie la vita. Non ha retto lo shock, il povero Luigino. Tutti i risparmi di una vita andati in fumo in un giorno soltanto. Ha preso una corda e si è lasciando andare. Luigino aveva affidato i suoi risparmi alla filiale di Civitavecchia della Banca Etruria. Si tratta di oltre 100mila euro andati in fumo in un giorno solo. E questo è quanto.

Sono giorni ormai che la grancassa mediatica, attraverso giornali, televisioni, profili e pagine di social network, riverbera questa triste vicenda, suscitando una certa indignazione generale per l’accaduto. C’è da aspettarselo in certi casi, sono reazioni prevedibili che non dovrebbero destare stupore. Piuttosto, come spesso si sente dire in certi momenti, è opportuno rinchiudersi in una profonda riflessione ed analizzare con serietà minimi e massimi sistemi. In certi momenti dell’esistenza, quando si apprende la morte di un uomo che volutamente si toglie la vita, anche solo per un istante, ci viene da pensare: perché un povero cristo decide di andarsene così? Consideriamo il denaro perduto e la risposta viene da sé. Adesso tutto ci appare chiaro. Così ce ne torniamo tranquilli, un po’ tristi, ma tutto sommato sereni nell’aver individuato la soluzione, tanto nulla si poteva fare per evitare il peggio. Certo, ci sta che qualcuno dia la colpa alle banche, al Governo e al suo decreto o al Capitalismo, ma in fondo, dopo qualche fisiologico moto d’indignazione sparso qua e là, tutto torna alla normalità. Di Luigino, come di tanti altri che si sono tolti la vita prima di lui, ci si dimentica in fretta. Nella migliore delle ipotesi verrà ricordato come un incidente di percorso in un sistema che tanto non ha la minima idea di cambiare. In un mondo dove il denaro è tutto e appare l’unico bene in grado di assicurare un avvenire al futuro. Anche quando dopo la morte. Che cos’è un’eredità dopo tutto?

«Questa cosa di chi si suicida perché “ha perso tutti i risparmi” mi lascia raggelato. Da parte mia non ho mai “messo da parte” nulla e preso atto di questo credo che non mi suiciderò perché oggi devo vedere una bella ragazza, un ottimo musicista e imparare nuove forme di meditazione sul respiro. Che cazzo sono sti “risparmi”? Se la religione è l’oppio dei popoli, il culto dei soldi ne è il cianuro». Queste sono le parole di Aldo Nove su Facebook, frasi per le quali ha attirato verso sé un largo fronte di oppositori, alcuni dei quali molto aggressivi nonché offensivi. Quella dello scrittore vuole essere probabilmente una denuncia contro il Dio Denaro, così potente da farci dimenticare le cose autentiche, vere e belle della vita. Una persona speciale da incontrare, un evento a cui partecipare, un libro da leggere, un film da vedere con i cari, un’esperienza incredibile da vivere, e tante altre cose. Tuttavia chi si toglie la vita, evidentemente, non ha un interesse di questo genere oppure non ha mai riconosciuto la propria esistenza esplorando l’arte, facendo vita sociale o intellettuale. Ognuno di noi vive la propria vita e la interpreta a modo suo. C’è solo da essere contenti nel constatare che Aldo Nove, a differenza di Luigino D’Angelo, sebbene durissime siano state le prove riservategli la vita (e ben raccontate nel suo bellissimo La vita oscena), abbia trovato le giuste motivazioni per andare avanti e vivere il proprio tempo, facendolo anche in modo intelligente. Socializzare attraverso i libri può essere un vero privilegio certe volte; esorcizzare i propri demoni con la scrittura (o con qualunque altra arte) è quanto di più bello si possa offrire. Eppure nulla sappiamo di Luigino e delle sue abitudini, aspirazioni, aspettative, salute fisica e mentale, tensioni, pulsioni e sentimenti. Solo chi lo conosceva bene potrà possedere un ricordo umano del Signor D’Angelo. Già, perché noi dell’umanità di Luigino non sappiamo nulla e forse è meglio così: che resti nel riserbo di chi lo ha amato e lo porterà dentro di sé fino alla fine dei propri giorni.

I risparmi rappresentano la superficie, un mezzo attraverso il quale il povero Luigino avrebbe voluto e potuto fare tante cose. Chissà, magari desiderava darli in beneficenza oppure fare qualcosa di importante per qualcuno. Con quel denaro avrebbe potuto fare migliaia di cose, cose di cui non sapremo mai e di cui non siamo tenuti a sapere. È profondamente ingiusto andarsene per dei “risparmi”. Sì, forse potrebbe anche essere un torto nei confronti di se stessi, dei propri cari e degli amici ai quali verrà lasciato in dote un misto di rabbia, odio e sensi di colpa. Tutto sommato accettiamo l’assurda brutalità di vivere in un sistema politico-economico basato sul denaro e che tutta la nostra vita si svolga in funzione di questo. Non solo, la stragrande maggioranza delle persone, seppure indignata, continuerà ad andare dietro al mito dei soldi facili e, quando non ne disporrà, farà di tutto per salvare le apparenze. C’è gente che guadagna 400 euro al mese e non rinuncia all’acquisto di uno smartphone alla modica cifra di 700. E con le rate è ben disposta anche a pagarlo ad un prezzo maggiorato. Si continuerà su questa linea: a speculare, a bruciare soldi, a cercare di investirli per averne di più, a farsi abbindolare da chi prometterà di fare scintille con i risparmi degli altri. Tutto vero, anzi verissimo. Ma davanti alla morte ci si ferma. Nessuno è in grado di capire e spiegare nella propria interezza un essere umano: al cospetto degli epitaffi la morale si arresta perché la morte può assumere significati troppo grandi per essere moralizzati. Meglio la solidarietà anche quando non si condividono certe scelte, meglio immedesimarsi nel dolore piuttosto che dissacrarlo. Il Signor D’Angelo ha scelto di socializzare il proprio disagio dandosi la morte; Aldo Nove, invece, preferisce farlo attraverso la scrittura. Sullo sfondo giace una aberrante umanità tradita. Quella di Luigino, che si è tolto la vita; quella di Aldo Nove che viene offeso; quella delle persone in buona fede che si sentono toccati da una storia terribile.

TAG: Aldo Nove, banche, Luigino D'Angelo, morte, Suicidio
CAT: discriminazioni

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