Diritti civili, bicchieri mezzi pieni e piccole ipocrisie
Piuttosto di niente, è meglio piuttosto, così dice il buonsenso e, con tutti i suoi limiti, l’ultima versione della legge Cirinnà, dopo il passaggio alla Camera, garantirà a tanti italiani alcuni diritti fino ad ora negati. Il fatto che la possibilità di stepchild adoption non sia più contemplata nel testo rappresenta uno sgradevole – anche se necessario – compromesso, ma forse non tutto il male viene per nuocere. Una riforma complessiva della legislazione sulle adozioni, già complicatissime per le coppie etero, è comunque necessaria da tempo.
Mi risultano onestamente poco chiari i motivi per cui tanti considerino offensivo anche lo stralcio dell’obbligo di fedeltà reciproca. Il luogo comune sulla promiscuità dei gay è stato ricordato paradossalmente quasi soltanto dagli attivisti LGBT, in una sorta di inconsapevole introiezione dello stereotipo. Ne consegue che passeranno da fedifraghi e puttanieri anche gli etero come il sottoscritto, che vedono in quest’obbligo soltanto un residuo da Stato etico e lo vorrebbero eliminato dalle clausole matrimoniali.
A mio avviso, non ha senso nemmeno curarsi troppo delle dichiarazioni del Ministro dell’Interno sulla scongiurata “rivoluzione contro natura”. Alfano ha dimostrato soltanto la debolezza di chi tenti di nascondere la propria sostanziale sconfitta dietro alla cortina fumogena della retorica. Ovviamente sul tema adozioni non mancheranno scontri anche molto duri, ma una breccia importante è stata aperta. I tweet di Renzi potranno anche farvi venire l’orticaria, ma quella di ieri è stata davvero un «fatto storico» per i diritti civili in questo Paese, se è vero che l’ultima riforma del diritto di famiglia risale a quarant’anni fa.
Lo sanno bene, in cuor loro, tutti gli ipocriti che, sia all’esterno del PD che nella minoranza del partito hanno fatto di tutto per sabotare il ddl Cirinnà, all’insegna del più miserabile politicismo. Costoro ritenevano l’eventuale fallimento di Renzi più importante di un miglioramento sostanziale delle vite di tanti italiani. Non a caso, i commenti al voto in Senato da parte degli scissionisti di SI o di Possibile si concentrano non sulla legge in sé, ma sulla “mutazione” del Partito Democratico, sull’appoggio (contro natura?) dei verdiniani e sulle concessioni fatte all’NCD e ai cosiddetti cattodem.
Certo, non sono affatto risolti i problemi di una maggioranza di governo nata da una manovra di palazzo e, prima ancora, di un partito che non ha mai risolto la propria identità perché non ha mai attraversato una vera fase costituente, preferendo giustapporre alla meno peggio le culture politiche di PCI e DC per unire i rispettivi portafogli elettorali. Periodicamente, di fronte a questioni come quelle dei diritti civili, queste contraddizioni tornano in vista, ma è falso che esse siano una prerogativa del PD. Ecco cosa scriveva ad esempio Marina Terragni ad ottobre 2015:
«Sull’utero in affitto mi sono già espressa più volte: che i committenti siano etero o omosessuali, salvo rarissime eccezioni si tratta di una pratica di sfruttamento di donne povere che conducono una gravidanza –e vendono i propri ovociti -unicamente per ragioni di bisogno economico. Soprattutto si tratta di una violazione del diritto del bambino a mantenere un legame con chi l’ha partorito, diritto che la prima generazione di nati da fecondazione assistita ha rivendicato a gran voce.
E’ vero, come sostengono gli oppositori della Stepchild Adoption, che ammetterla significherebbe “sdoganare” ovodonazione e utero in affitto, e quindi normalizzare sfruttamento delle donne e taglio del legame tra il bambino e la/le madre/i?
Probabilmente sì, trattandosi della rimozione di un ostacolo. Non è vero però il contrario: cioè che bocciare la Stepchild Adoption arginerebbe queste pratiche, il ricorso alle quali è sempre più ampio, che la legge consenta o non consenta.»
Quella della Terragni è del resto una posizione comune a tutto il femminismo differenzialista (e non andrebbe liquidata troppo sbrigativamente). Il punto è che nemmeno in Possibile, quindi, esiste unanimità su temi così delicati. Forse a mancare è piuttosto il dibattito, anche aspro, che interessa un grande partito di massa come il PD. Di tutto questo, in ogni caso, Pippo Civati non parla granché, forse troppo impegnato ad ideare calembour a tema Renzi sulle pagine del suo divertentissimo blog.
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