L’identità di genere e il cancro di una comunicazione inadeguata dei media

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14 Giugno 2022

Accadde una mattina del 2 giugno 1982, dì di festa dedicato all’importante commemorazione della Repubblica Italiana, che mi trovai ad ascoltare l’intera trasmissione Rock & Talk su Virgin Radio, e non solo l’inizio come facevo da un po’ di tempo in quel periodo.

Forse vi starete chiedendo se ho sbagliato la data perché la trasmissione citata non andava in onda quarant’anni fa. Ebbene, vi confesso che non è un banale refuso perché mi sentirei molto meglio nel sapere che la mattina del 02 giugno 2022 non ho ascoltato in diretta il vergognoso intervento di un famoso giornalista italiano, Antonello Piroso, ma che ho vissuto una sorta di “ritorno al passato” ascoltando le parole di una trasmissione d’altri tempi. Dai, Sonia, non è possibile che un giornalista del calibro di Piroso possa aver trattato il tema delle donne transgender in un modo così semplicistico e offensivo! Non stiamo mica parlando di un qualunque sprovveduto che passa per strada…

Era da qualche anno che non mi capitava di ascoltare i suoi pungenti e sagaci commenti e onestamente ci sono rimasta male non solo per il contenuto delle sue parole, ma anche per la stima che riponevo in lui. Il suo intervento ha preso spunto dall’annuncio che Mattel metterà in produzione la prima Barbie transgender ispirata all’attrice attivista Laverne Cox. Non c’è dubbio che si tratta di una notizia che ha tutte le potenzialità per essere fortemente divisiva. I miei primi pensieri sono stati contrastanti: da una parte intravedevo una finalità prettamente commerciale visto che negli ultimi anni (fortunatamente) il tema della transessualità è stato sdoganato e non abita più esclusivamente nelle vie buie e periferiche delle città dove purtroppo ancora troppe donne sono costrette a prostituirsi. Leggo infatti su internet che Laverne Cox è la prima donna transgender nera ad avere un ruolo da protagonista in una serie televisiva. Anni fa questo era semplicemente impensabile. Dall’altra parte con questa bambola ci potrebbe essere la possibilità di veicolare un messaggio positivo di inclusione, pur rendendomi conto delle difficoltà da superare per guidare in modo corretto la comunicazione.

Purtroppo il commento di Piroso ha pescato il peggio dal torbido repertorio maschilista basato fondamentalmente sull’identità che transessualità = prostituzione. A partire dall’incipit del suo illuminato discorso: “… io capisco tutto, sono un uomo di mondo avendo fatto il militare a Como…” Ecco, bastano queste poche parole per descrivere tutta la pochezza delle sue argomentazioni a partire dell’ipocrisia del “io capisco tutto” che sottintende l’affermazione di una presunta apertura mentale. Perché, caro Piroso, se anche volevi alludere alla celebre battuta di Totò, in tutto il tuo discorso io non ci trovo proprio niente di spiritoso. Temo invece che tu non abbia capito proprio un bel niente se nella tua testa il tema della transessualità è collegato ai tuoi lontani trascorsi in quel di Como o alle geniali battute di Totò. Leggo che sei della classe 1960 e quindi presumo che stai parlando dei primi anni ’80. Siamo nel 2022 e sono passati ben 40 anni da allora; in questo lungo periodo abbiamo fatto tantissima strada, ma l’abbiamo fatta a caro prezzo, te lo posso garantire. Spiace doverti ricordare tutte le sofferenze, le violenze, le umiliazioni, la perdita del lavoro che tante donne transgender hanno subito in questi lunghi anni; spiace doverti ricordare che in non pochi casi questo enorme peso non era semplicemente sopportabile al punto da arrivare a togliersi la vita. Certo, forse erano persone fragili, ma indubbiamente sotto una pressione che neanche ti immagini. Spiace leggere su wikipedia che dal 2006 al 2010 hai diretto il TG di LA7, posizione apicale del giornalismo. Mi domando: è mai possibile che in questi anni non ti sei mai accorto che il mondo stava facendo dei significativi passi in avanti, che le donne transgender incominciavano a vedere rispettati i propri diritti, tra i quali quelli fondamentali di avere un lavoro dignitoso e di essere rispettate in quando esseri umani? Che alcune di esse siano costrette a prostituirsi è un dato di fatto, ma questa è una piaga sociale che dipende da motivi ben più profondi che la tua semplicistica comunicazione non fa che radicare ancora di più nella società.

 

La continuazione del tuo illuminato intervento è a dir poco sconsolante perché, tra tutto quello che potevi pensare all’idea di una Barbie transgender, il tuo cruccio è stato: ”… siccome il trans (pausa) sessuale diventa tale alla fine di un percorso e di una transizione, talvolta anche dolorosa, la bambola com’è fatta? La bambina che prenderà in mano la bambola trans capirà che non è una signora, una donna, una femmina, chiamatela come vi pare, ma un trans

Caro Piroso, questo discorso fa inorridire a partire dalla pausa iniziale nella pronuncia della parola transessuale, pausa con cui hai rimarcato la forma maschile “il trans” e che hai ripetuto alla fine della frase. Caro Piroso, sappi che io non sono “un trans”, ma una donna transgender. Punto. E ti ricordo anche che la giurisprudenza italiana ha finalmente accolto la possibilità di rettificare i dati anagrafici e il proprio codice fiscale indipendentemente da un eventuale percorso chirurgico. In sostanza ha accolto l’evidenza che il percorso di transizione nasce dalla necessità di allineare la propria identità interiore con quella sociale e relazionale, e che tale bisogno è indipendente da quello di intervenire eventualmente sulla propria conformazione genitale. Tecnicamente la prima si chiama incongruenza di genere, mentre la seconda è la disforia genitale. Capisco che qui si va sul difficile, ma da un giornalista del tuo calibro mi sarei aspettata almeno il minimo sindacale, ossia l’uso della forma femminile al posto del maschile “il trans” e la consapevolezza che l’operazione chirurgica non è più una necessità. E poi… cosa vogliamo dire di questa misera pruderie di bassa lega che ti porta a domandarti come sarà fatta la bambola nelle sue parti intime? Tralasciando il fatto (tutt’altro che secondario) che neanche la Barbie e il Ken hanno i dettagli genitali tipici delle donne e degli uomini, ma è mai possibile che l’unica domanda che ti sei posto quando hai letto della Barbie transgender è stata se avesse le “tettine e il pistolino”? Che poi, come potrà mai essere una Barbie transgender? Al di là del colore della pelle, io la immagino un po’ più alta delle altre bambole, magari con le spalle un po’ più pronunciate e non con “il vitino da vespa”. Sai che problemone da non dormire di notte! Posso sottolineare inoltre che la gravità delle tue parole non sta neanche nell’amletica domanda esistenziale che ti poni sull’anatomia di una bambola transgender (avrà le tettine o il pistolino?), quanto nella tua successiva affermazione che “non sto scherzando, sono serio”. Ma santi numi, ma questo ti sembra un discorso serio? Secondo te il focus della comunicazione sul tema dell’identità di genere è il dettaglio anatomico? Pensi che questa sia la preoccupazione principale dei giovani che incominciano ad avvertire dentro di sé una tempesta di sentimenti, spesso contrastanti, che richiede uno spazio di dialogo profondo con i genitori e gli insegnanti? Devo ricordarti che i ragazzi hanno libero accesso in rete a qualunque immagine e video che mostra i dettagli anatomici con tutti i loro possibili utilizzi senza la necessità di scoprirli nelle vie buie e appartate delle nostre città, come si intuisce che tu abbia fatto tanti anni fa se diamo credito al brillante inizio del tuo intervento?

La conclusione della prima parte del tuo intervento evidenzia che tu del problema della incongruenza di genere non hai capito proprio niente: dici infatti che, continuando a dare visibilità alle minoranze (“ossessione di dover dare copertura a tutto lo scibile umano nel rispetto di tutte le minoranze”), “si arriverà, con la retromarcia, a non poter far dire all’ostetrico (…) di che sesso è perché (…) bisognerà aspettare che la creatura cresca e decida lei se si sente più uomo o più donna”. Queste sono le tipiche argomentazioni faziose, esposte mediante esempi iperbolici, che servono solo a confondere i termini del problema con lo scopo di ottenere il consenso delle persone saltando il confronto e il dialogo che, evidentemente, non si può sostenere per impreparazione. Non vedo infatti per quale motivo adesso e in futuro il personale sanitario che assiste al parto non possa dire ai genitori “è un maschio” o “è una femmina”, essendo questa semplicemente la constatazione di fatto della morfologia biologica del neonato. Se si escludono i rari casi di intersessualità, ti ricordo che l’evoluzione della specie umana e animale si basa su un’evidente condizione binaria: o sei uomo o sei donna.

Tutt’altro problema è la complessità della psiche umana, che si manifesta però nel corso degli anni e non certo alla nascita, e che di fatto permette di passare senza soluzione di continuità da un estremo all’altro, estremi che però potrebbero essere considerati archetipi (o meglio degenerazioni) culturali: da un lato l’iper-uomo e dall’altro l’iper-donna. Nella complessità del nostro sviluppo psichico, che tra l’altro è inscindibile dalla complessità della nostra società, esistono infatti solo persone con le loro infinite mutazioni attitudinali e caratteriali. Nella maggioranza dei casi c’è una consonanza tra il proprio genere biologico e la sensazione di sentirsi uomo o donna, al punto che non ci si pone neanche il problema del genere di appartenenza, ma a volte nelle retrovie dei propri pensieri incomincia a germinare il dubbio esistenziale di chi siamo veramente: in questi casi di solito si inizia un difficile cammino che ci fa muovere, passo dopo passo, verso un punto di equilibrio in cui si spera di trovare l’agognata serenità. Spesso non è un cammino a tappe perché tante persone transgender già in età adolescenziale hanno una profonda e radicata consapevolezza di posizionarsi in prossimità dell’altro estremo del cursore identitario, mentre tante altre, spesso tra i giovani, hanno dentro di sé solo la forte consapevolezza di essere altro. Non è importante dove troveranno il loro punto di equilibrio e alcuni di loro forse lo troveranno a metà strada non sentendosi né uomo né donna: queste sono le cosiddette identità non binarie o agender (per inciso ci sono anche le più complesse identità gender-fluid tipiche di chi non riesce a trovare un punto di stazionamento stabile del proprio cursore identitario, e che periodicamente oscillano spostandosi un po’ più verso un estremo e un po’ più verso l’altro).

Questo lungo discorso per evidenziare che il tema dell’identità di genere è estremamente complesso e non ha veramente nulla a che fare con il personale sanitario che assiste alla nascita. Potrebbe riguardare i futuri adolescenti, che però meritano un supporto e delle argomentazioni da parte degli adulti e degli psicoterapeuti specializzati sul tema, di ben altra natura e profondità rispetto alle tue semplicistiche parole.

Stendo un velo pietoso sulla seconda parte del tuo intervento dove ritorni sul tema della prostituzione, “degli uomini che vanno a trans” e sull’ossessione del dettaglio anatomico.

 

Nota del 14/06/2022: purtroppo ho visto che sul sito di Virgin Radio si possono riascoltare solo le puntate dell’ultima settimana. Di conseguenza non è più possibile ascoltare quella del 02/06/2022 in cui il luminare Antonello Piroso ha fatto una lectio magistralis sui bassifondi della prostituzione camuffandola per seria disquisizione sulla transessualità. Fortunatamente sono una donna previdente e la prima cosa che ho fatto al termine della puntata incriminata è stata registrarla per poterla conservare…

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È tale la gravità che un’emittente radiofonica di così vasto share a livello nazionale abbia dato spazio mediatico a queste volgari, semplicistiche e misere argomentazioni che le seguenti persone hanno deciso di sottoscrivere questo articolo:

  1. Sonia Zuin, ingegnere meccanico libera professionista, donna transgender docente del Politecnico di Milano
  2. Laura Caruso, donna transgender, consulente e componente del gruppo di ricerca interuniversitario NuSA
  3. Silke Klemm, residente a Tesero (TN), donna transgender docente universitaria di fisica teorica
  4. Monica J. Romano, HR manager, formatrice e docente seminariale sulla diversity, prima consigliera transgender eletta a Milano
  5. Sergio Prato, Presidente di Le Rose di Gertrude (associazione culturale di Magenta – MI)
  6. Augusta Mia Battaglia, donna transgender, imprenditrice
  7. Cinzia Maini, compagna di Mia Battaglia (moglie prima del cambio legale di genere), designer di moda
  8. Maria Mirarchi, giornalista e architetta
  9. Claudio Ardigò, critico letterario
  10. Catia Zambelli, impiegata
  11. Alessandra Montesanto, giornalista e vicepresidente dell’associazione Per i Diritti Umani
  12. Gianmarco Negri, avvocato
  13. Gianfranco Carpine, pensionato, poeta, scrittore
  14. Rita Angelelli, direttore editoriale di Le Mezzelane casa editrice
  15. Maria Grazia Beltrami, editor di Le Mezzelane casa editrice
  16. Ermelina Stanga, pensionata ottantanovenne
  17. Zeno Bertagna, attivista
  18. Patrizia Crisalide Mantegazza, poetessa e scrittrice sostenitrice dei diritti delle PERSONE
  19. Claudio Madia, attore
  20. Simona Piccolo – socia fondatrice associazione Ilaria Alpi comitato DonnediAssago
  21. Giuseppe Bancone, imprenditore
  22. Daniela Gilardoni, vetroartista e curatore mostre
  23. Lao De Rosa, pediatra
  24. Gabriele Catania, psicoterapeuta
  25. Roberto Agosti, Risk Management
  26. Marco Giacomasso, copywriter
  27. Gaetano Montalbano, manager sportivo
  28. Teresa Petrolo, insegnante
  29. Erika Muscarella, content strategist
  30. Monica Moka Zanon, libera professionista, presidente dell’associazione Licenza Poetica
  31. Chiara Maranzana, giornalista
  32. Sara Virzì, Coordinatrice Servizi di Assistenza Domiciliare
  33. Giuseppe Albeggiani, pensionato
  34. Paola Barbaglia, pensionata
  35. Annarita Amadio, libera professionista
  36. Claudia Milani, educatrice
  37. Gianmarco Cerutti, responsabile amministrativo
  38. Lina Ranalli, impiegata
  39. Carmela Lina Matranga, avvocato
  40. Gianmaria Di Silvestro, maestra
  41. Alessia Brugugnone, tutor scolastica
  42. Raffaele Maffioli, Energy Manager
  43. Laura Ciaffi, dottoressa HIV
  44. Valentina Frova, avvocato
  45. Laura Magna, impiegata
  46. Sabrina Oldani, responsabile segreteria Ente no profit
  47. Paola Reggiani, insegnante, musicista, musicoterapista
  48. Leo Blu Nardi, collaboratore scolastico e studente
  49. Jessica Caldesi, dipendente
  50. Daniele Apicella, ingegnere
  51. Elena Moggia, infermiera
  52. Giusy Belloni, docente di lingue straniere
  53. Giovanna Bonomo, impiegata Ufficio di Piano di Rozzano
  54. Monica Piacentini, coordinatrice progetto Antitratta – Associazione Lule ODV
  55. Stefano Abbruzzese, conducente di autobus di linea
  56. Viviana Maltagliati, professoressa di liceo
  57. Renato Ghezzi, scrittore
  58. Daniele Vecchio, impiegato
  59. Mario Mariani, ingegnere
  60. Barbara dall’Oglio, geriatra
  61. Cinzia Ficco
  62. Chiara e Sara
  63. Renato Donà
  64. Luca Bertolotti
  65. Christian Furlini
  66. Enrico Ellena
  67. Benjamin Villen Look
  68. Tania Bidese
  69. Franco De Leonardo
  70. Franco Colosimo
  71. Jacopo Bertolotti
  72. Davide Bovio
  73. Roberto Marchi
  74. Elisa Cavallo
  75. Giancarlo Nārāyaṇa Fattori, operatore socio sanitario e poeta
  76. Cinzia Cerioli
  77. Matteo Volontieri
  78. Beatrice Barbaglia
  79. Elisa Barbaglia
  80. Stefano Gelati, ex assiduo ascoltatore della trasmissione radiofonica in questione e di Virgin Radio, d’ora in poi non più, perché il Rock è libertà
  81. Antonio Lera
  82. Andrea Miccoli
  83. Chiara Trovatello
  84. Olimpia Michelle Beretta, imprenditrice nel settore turistico
  85. Barbara Bonazzi
  86. Anna Mognaschi

 

TAG: giornalismo, pari dignità, transgender
CAT: discriminazioni, Questioni di genere

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