Il discorso di Draghi: senza coraggio

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22 Agosto 2020

Vi sono molteplici differenze fra quanto scritto da Draghi sul “Financial Times” il 25 marzo scorso ed il discorso tenuto al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione martedì 18 agosto.

La stampa autorevole ha cercato di trovarvi spunti di novità, considerazioni significative di argomentazioni originali che, di converso, non ci sono state.

Ha detto cose troppe scontate e lo slancio che lo avrebbe portato a scardinare l’ortodossia di regime non si è riscontrato.

Siamo al discorso del sinedrio, avrebbe detto Indro Montanelli, troppo abbottonato, molto andreottiano, felpato, ovattato, buonista, come se non avesse voluto scontentare nessuno.

Sappiamo tutti che Draghi è una riserva della democrazia e della Repubblica: ma gli uomini di Stato che passano alla Storia sono quelli che destano stupore, meraviglia, che vanno al di là dello scontato e del rituale di regime, stracciano lo spartito e cantano un’altra musica.

1- La differenza fra il debito buono ed il debito cattivo la leggiamo in qualsiasi manuale di economia, non ci vuole Draghi a ricordarcela.

2-L’esortazione di badare alle esigenze giovanili è di un’ovvietà disarmante.Lo avrebbe detto anche Massimo Catalano a “Quelli della Notte”, indimenticabile trasmissione di Renzo Arbore. Max diceva:“è meglio vivere con due pensioni anziché con una”. Il discorso è stato cardinalizio (direbbe ancora Montanelli) e quasi da maggiordomo dell’establishment.

3- Non possiamo  pensare che l’allievo prediletto di Federico Caffè si sia acconciato a sciorinare asserzioni di portata dozzinale.

Qualche maligno ha insinuato che questa prolusione  dia la stura ad  una possibile candidatura per le prossime elezioni da Presidente della Repubblica. Ma non vorremo crederci.

Sarebbe stato un discorso originale, di ius novum se Draghi, in continuità con quanto affermato nell’intervento ospitato sulle colonne del Financial Times, avesse detto una verità sacrosanta e fondamentale: bisogna cancellare i debiti, perché

a) l’economia non dà segni di ripresa;

b) il prodotto interno lordo non tira;

c) il sistema bancario è irresponsabile ed ha concesso soldi e mutui ai soliti noti e le linee di credito non hanno finanziato la ripresa, ma sono state necessarie per ripianare esposizioni debitorie precedenti.

d) Le imprese sono stremate e non hanno soldi per rientrare con il Fisco e con le Banche: le aule fallimentari si preparano. alla ripresa, a scuoiare vivi gli imprenditori: sarà il massacro di macellerie giudiziarie.

Nessuno ha rimproverato le banche che fanno il loro comodo indisturbate. Draghi lo avrebbe potuto fare- dall’alto della sua autorevolezza europea-e non lo ha fatto esotericamente,misteriosamente.

Ecco, se Draghi avesse ricordato, Luigi Einaudi, Marshall, Keynes (Le conseguenze economiche della Pace) avrebbe potuto segnare uno spartiacque, determinare una rivoluzione copernicana.

Nelle pandemie, dove non vi è la colpa dell’uomo, si cancellano i debiti.

E l’economia riparte.

Legga la Rivoluzione della plebe nell’antica Roma e ripassi la lezione di Federico Caffè, la solitudine del riformista.

Ma così non è stato e Draghi è nella solita pastoia.

TAG: economia, mario draghi, parlamento
CAT: economia circolare

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